Vittorio LussanaL'operazione culturale di Edoardo Sylos Labini e della fondazione di un ceto intellettuale di destra merita rispetto. E la sinistra non deve sentirsi né minacciata, né invasa su un terreno che ritiene, da tempo, una propria esclusiva. Innanzitutto, per motivazioni puramente quantitative, in un Paese che ha sempre avuto una sorta di pregiudizio nei confronti della cultura. La quale, infatti, ancora oggi non riesce a incidere. In secondo luogo, perché destra e sinistra sono le due correnti politiche che si sono dimostrate meno indifferenti alle sorti del Paese, pur nella forte concorrenza reciproca. Si potrebbero addirittura scoprire delle sorprendenti ‘complementarietà’, soprattutto riguardo al tema di una politica che sappia essere di cuore e di maggior ascolto nei confronti delle tematiche sociali, poiché è vero che c'è in gioco anche l'anima degli italiani e non soltanto le questioni economiche o contrattualiste. Il problema, a destra, è quello relativo agli interpreti, che onestamente mi pare che manchino, tolti i soliti Buttafuoco, Veneziani e Giordano Bruno Guerri. E le varie contraddizioni, che ci sono a destra, come a sinistra. Tuttavia, che vi sia un interlocutore con il quale 'fare gruppo' su una serie di valori d'interesse nazionale, in un Paese che d’interesse nazionale ne dimostra sempre meno, non è affatto un'idea peregrina. In fondo, il marxismo stesso rappresenta una variante dell'hegelismo. E la definizione di 'sinistra hegeliana' non è mai stata rifiutata, poiché la scala d'astrazione utilizzata da ambedue le fazioni come strumento d'analisi, lo dimostra ampiamente. Resta pur vero, che ambedue queste tendenze devono, a loro volta, liberarsi da molte contaminazioni e zattere ideologiche, al fine di cominciare a nuotare in mare aperto, sapendo in quale direzione si sta andando. E in ciò, le cose si complicano di molto, poiché la sinistra, che reclama di esser diventata riformista, non sente riconosciuto, nel dibattito attuale, il proprio rifiuto del 'trontismo' in favore di un metodo che, ormai, ha appreso da tempo e che la fa apparire "globalista", mentre invece è solo un tentativo di condizionare la direzione di marcia del globalismo medesimo, mantenendo una critica aperta nei confronti dell'oligopolio differenziato. Questo è un equivoco su cui le destre continuano a puntare, al fine di mettere i bastoni tra le ruote a ogni sforzo evolutivo dell'italo-marxismo. A destra, invece, ci si dovrebbe guardare dalla tentazione propagandista e strumentale, che il conservatorismo più moderato utilizza a proprio favore. Sintetizzando molto: noi crediamo che la destra debba 'mangiarsi', politicamente e culturalmente, il 'berlusconismo', che ha introdotto degli elementi che non erano affatto liberali, bensì un ‘incrocio’ aziendalista e gerarchico speculare al burocratismo delle sinistre. Il futuro, pertanto, è quello di una nuova forza socialdemocratica e riformista che si confronta con una destra rinnovata e aperta, meno succube di quelle forze allergiche all'analisi sociale, da sempre diffidenti nei confronti dell'impegno civile. Insomma, più intellettuali ci sono e meglio è. Anche per abbandonare certi populismi opportunistici e meramente demagogici. E' anche corretto, in una chiave eminentemente storica, di effettiva pacificazione nazionale, che le forze che più si sono interessate ai destini del Paese, senza ripiegarsi sul privato più egoistico e menefreghista, siano destinate a ereditare i frutti del proprio impegno politico in favore del popolo e del suo affrancamento dalle gabbie e dai recinti cattolico-borghesi.




Direttore responsabile di www.laici.it

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