L'operazione culturale di
Edoardo Sylos Labini e della fondazione di un
ceto intellettuale di destra merita
rispetto. E la
sinistra non deve sentirsi né minacciata, né invasa su un terreno che ritiene, da tempo, una
propria esclusiva. Innanzitutto, per motivazioni puramente
quantitative, in un Paese che ha sempre avuto una sorta di
pregiudizio nei confronti della
cultura. La quale, infatti, ancora oggi non riesce a incidere. In secondo luogo, perché
destra e
sinistra sono le due
correnti politiche che si sono dimostrate
meno indifferenti alle
sorti del Paese, pur nella forte concorrenza reciproca. Si potrebbero addirittura scoprire delle
sorprendenti ‘complementarietà’, soprattutto riguardo al tema di una
politica che sappia essere di
cuore e di maggior
ascolto nei confronti delle tematiche sociali, poiché è vero che c'è in gioco anche
l'anima degli italiani e non soltanto le
questioni economiche o
contrattualiste. Il problema, a
destra, è quello relativo agli
interpreti, che onestamente mi pare che
manchino, tolti i soliti
Buttafuoco, Veneziani e
Giordano Bruno Guerri. E le varie
contraddizioni, che ci sono a
destra, come a
sinistra. Tuttavia, che vi sia un interlocutore con il quale
'fare gruppo' su una serie di
valori d'interesse nazionale, in un Paese che
d’interesse nazionale ne dimostra
sempre meno, non è affatto
un'idea peregrina. In fondo, il
marxismo stesso rappresenta una variante
dell'hegelismo. E la definizione di
'sinistra hegeliana' non è mai stata rifiutata, poiché la
scala d'astrazione utilizzata da ambedue le fazioni come
strumento d'analisi, lo dimostra ampiamente. Resta pur vero, che
ambedue queste tendenze devono, a loro volta, liberarsi da molte
contaminazioni e
zattere ideologiche, al fine di cominciare a
nuotare in mare aperto, sapendo in quale
direzione si sta andando. E in ciò, le cose si complicano di molto, poiché la
sinistra, che reclama di esser diventata
riformista, non sente riconosciuto, nel dibattito attuale, il proprio
rifiuto del 'trontismo' in favore di un metodo che, ormai, ha appreso da tempo e che la fa apparire
"globalista", mentre invece è solo un tentativo di
condizionare la direzione di marcia del
globalismo medesimo, mantenendo una
critica aperta nei confronti
dell'oligopolio differenziato. Questo è un equivoco su cui le
destre continuano a
puntare, al fine di mettere i
bastoni tra le ruote a ogni
sforzo evolutivo dell'italo-marxismo. A
destra, invece, ci si dovrebbe guardare dalla
tentazione propagandista e
strumentale, che il
conservatorismo più
moderato utilizza a proprio favore. Sintetizzando molto: noi crediamo che la
destra debba
'mangiarsi', politicamente e culturalmente, il
'berlusconismo', che ha introdotto degli elementi che non erano affatto
liberali, bensì un
‘incrocio’ aziendalista e
gerarchico speculare al
burocratismo delle
sinistre. Il futuro, pertanto, è quello di una nuova forza
socialdemocratica e
riformista che si confronta con una
destra rinnovata e
aperta, meno succube di quelle forze
allergiche all'analisi sociale, da sempre
diffidenti nei confronti
dell'impegno civile. Insomma,
più intellettuali ci sono e meglio è. Anche per abbandonare certi
populismi opportunistici e meramente
demagogici. E' anche
corretto, in una chiave eminentemente storica, di effettiva
pacificazione nazionale, che le forze che più si sono interessate ai
destini del Paese, senza ripiegarsi sul
privato più
egoistico e
menefreghista, siano destinate a ereditare i frutti del proprio
impegno politico in favore del
popolo e del suo affrancamento dalle
gabbie e dai
recinti cattolico-borghesi.
Direttore responsabile di www.laici.it