Stanno arrivando alcuni dati decisamente
sorprendenti, relativi
all’export delle aziende italiane negli
Stati Uniti: incrementi di fatturato che, mediamente, superano il
30%, con ‘picchi’ del
44%. Le nostre stesse aziende sono sorprese: è come se, dopo
2 anni di
Covid, gli
americani scalpitassero per tutto ciò che produce o, in quale modo, rappresenta
l’Italia. Anche sul fronte
turistico, da oltreoceano vi è un afflusso in continuo aumento, mentre noi stiamo sempre lì a guardare i
giapponesi che fotografano la
pizza o si fanno un
‘selfone’ insieme al
centurione davanti al
Colosseo: non c’è solo
quella ‘roba’ lì. L’invasione americana è frutto di un interesse reale, anche per le zone più
interne del nostro Paese. Insomma, il sospetto che il nostro
antiamericanismo sia
‘tardo-ideologico’ è più che fondato: gli
americani saranno anche dei
‘bambinoni’, ma nutrono un amore verso
l’Italia profondissimo. Sì, è vero:
fanno le guerre. Molto spesso, quelle
sbagliate. Ma il loro amore nei nostri confronti è
sincero: siamo noi italiani a essere
‘tiepidi’. Il recente anno di guerra è stato un disastro, per la
Russia di
Putin. Un
errore grossolano, motivato da un
paradigma ideologico ancora più assurdo, di gente
‘caduta dal pero’, che si accorge solamente oggi di aver
sbattuto col
sedere per terra: mentre precipitavano nel vuoto, evidentemente credevano di
‘volare’. L’invasione
dell’Ucraina sta costringendo la
Russia a dipendere dalla
Cina popolare in tutto e per tutto.
Il re è nudo, ormai: e dire che molti ideologi e politici volevano
utilizzare proprio la
Russia in un’ottica di contenimento
dell’espansionismo di Pechino, ribaltando le antiche teorie geopolitiche di
Kissinger e
Nixon. Due
conservatori, tra l’altro. Una cosa che evidenzia
l’incoerenza di fondo delle nostre
destre. Sarà stata una
‘botta’ di nostalgia nei confronti del
marxismo-leninismo? O forse, del
totalitarismo generalmente inteso? Qualcuno voleva
recuperare il principio
‘marxista’ della
lotta di classe, al fine di utilizzarlo come strumento di
propaganda. Una sorta di
‘fascio-comunismo’ che non ha capito la stessa, identica, cosa che i
comunisti italiani, per lungo tempo, non comprendevano: anche quella era una forma di
classismo. Alla
rovescia, ma sempre
classismo era: una visione totalmente
burocratica di società. Un
egualitarismo puramente di
facciata. Chi ancora oggi crede che quel modo di fare politica sia valido,
si sbaglia: sono altre le cose che
muovono il mondo. Il
lavoro delle persone, in particolare. Chi aveva più
filo da ‘tessere’ è andato
avanti: c’entrano poco i traffici della
mafia russa o le immense
risorse del
sottosuolo siberiano. Noi abbiamo un problema di
oligopolio differenziato e di
globalismo che non abbiamo ben inteso. Ma il percorso di trasformazione dei nostri
mercati verso la
concorrenza imperfetta, pur tra mille difficoltà, prosegue: è quella la vera
‘via americana’, non le
guerre in giro per il mondo. Per non parlare della
svolta ‘green’, prevista dal sottoscritto già nei primissimi
anni ’90 del secolo scorso, mentre tutti si
‘perdevano’ in discussioni sul
‘buco nell’ozono’ per mero
atteggiamento: per far vedere che anche loro leggevano i giornali. Nella primavera del
1997, mi capitò di intervistare
Andrej Graciov, il
portavoce e
‘braccio destro’ di
Gorbaciov. E già allora, egli mi disse:
“Guarda che in Russia è un disastro: saranno costretti a tornare indietro, rispetto alle politiche di Boris Eltsin. E sarà ancora peggio, perché dimostreranno di non aver saputo oltrepassare il ‘guado’ del totalitarismo…”. Aveva ragione lui.
(articolo tratto dalla rubrica settimanale Giustappunto! pubblicata su www.gaiaitalia.com)