Abbiamo dato una
‘sfruculiata’ al disegno di
riforma fiscale del
Governo Meloni. E dobbiamo dire che, questa volta, il
centrodestra ha dato il meglio di sé nel dichiarare una vera e propria
“guerra alle tasse”. Abbiamo anche un nuovo
stratega, in questo
tentato omicidio dello
Stato: tal
Maurizio Leo, neo-viceministro del Tesoro. Si tratta del classico esponente politico con
“la faccia di Bruto e la testa di Cassio”, lo avrebbe definito
Ettore Petrolini. Soprattutto la
seconda, a nostro parere. In fondo, è un grande
‘classico’ delle politiche di destra:
tagliare le tasse, per tagliare il welfare. A questi i
poveri stanno proprio sulle
'scatole', nonostante il tramonto della
lotta di classe che essi stessi si ostinano a mantenere in vita come
ipotesi conflittuale. Perché le nostre
destre sono
reazionarie a tal punto da riuscire a provocare anche la
reazione altrui. La
pandemia ha dimostrato che ci vorrebbe il ritorno a una
sanità territoriale, di prossimità? Niente da fare:
passata l’emergenza, questi
ricominciano come prima. Tanto poi la colpa è di
qualcun altro, che ci vuole? Basta scaricare la responsabilità su un
capro espiatorio qualsiasi: un ragionamento da autentici
geni del crimine. O per lo meno, da chi si reputa tale, perché sempre più spesso salta fuori, invece, che i veri
poco furbi sono loro. Non serve tentare di
truffarli: si
incasinano con le loro stesse mani. Soprattutto, in sede di applicazione delle loro riforme. Insomma, più che una
riforma è una
controriforma: i nostri
conservatori son fatti così. Il
sistema sanitario è vicino al
punto di collasso e loro
tagliano le tasse. Il
fisco, per questa gente, è un qualcosa da
evadere in massa o, al massimo, una
tassazione casuale per alcune tipologie di reddito. In pratica,
pagano sempre gli stessi. Ora sono andati in
‘fissa’ con la formula della
‘flat tax’: la
‘tassa piatta’, che poi
tanto ‘piatta’ non è, dipende dai casi.
L’Irpef viene ridotta a
3 aliquote, gonfiando le fasce di reddito e finanziandola con l’abolizione delle
agevolazioni attualmente esistenti. Tanto per
imbrogliare le carte, naturalmente, perché attraverso la
defiscalizzazione attuale, alla fine lo sconto lo si ottiene
‘di fatto’ e non
puramente per principio. Questi sono dei
geni della lirica, ragazzi. Ti dicono una cosa e poi ne fanno un’altra: dei veri
‘cantanti’, vincitori del premio
‘Ugola d’oro’. Altro che
Sanremo di sinistra… Per le
imprese sono in arrivo, nell’ordine: la
Ires a
due aliquote; il superamento
dell’Irap; l’abolizione dell’imposta di
bollo; l’abrogazione dell’imposta catastale e di quella ipotecaria con relativi tributi, che saranno sostituiti da un
contributo unico, uguale per tutti. Anche per gli
ultramiliardari. Ma il
capolavoro assoluto lo si raggiunge con la
‘flat tax’ incrementale, da applicare ai
redditi aggiuntivi rispetto agli anni precedenti. In pratica, se un’impresa produce un
attivo, loro te lo
tassano, obbligandoti a
mentire e a continuare a
evadere per riuscire a ottenere un
guadagno netto, con conseguente possibilità di
stabilizzare i precari. Anzi, si va nella direzione opposta, al grido di:
“Flat tax per tutti”. E tanti saluti ai
trentenni di oggi, che
non avranno modo di vedere la
pensione neanche col
binocolo: imparassero a fare le
‘punture’ e facessero girare la voce nel quartiere, così otterranno qualche
‘soldino’ in
‘nero’. Infine, in un
sussulto di misericordia, hanno previsto
l’abolizione dell’Iva su alcuni generi di prima necessità: una
‘botta’ di socialismo, che produrrà risparmi diretti di circa 300 euro a famiglia, secondo le stime del
Codacons. Un
‘contentino’ che il
Governo ama definire
“pace fiscale”. Come quando ti danno la
pastarella a
fine pranzo: solo
alla domenica, però. E’ vero: nella cosiddetta
‘pace fiscale’ rientrano anche
multe e
sanzioni varie, rateizzabili fino a
120 mesi. Ovvero:
dieci anni. Poi, se gli facciamo il favore di
crepare prima, finisce
‘pari e patta’ e
chi si è visto, s’è visto. Quel che più conta è riuscire a raggirare la
collettività, che se ha
votato per questi qui, in fondo
se lo merita di morire. Magari per qualche
imprevisto, come il
crollo di un ponte privo di
manutenzione da oltre
40 anni. Oppure, per una
diagnosi ritardata, perché l’ospedale aveva il macchinario per la risonanza magnetica
guasto. Chissenefrega, in fondo:
mors tua, vita mea. Quel che più conta, è
morire da patrioti. O da poveri
fessacchiotti…
(articolo tratto dalla rubrica settimanale Giustappunto! pubblicata sul sito www.gaiaitalia.com)