Vittorio LussanaAbbiamo dato una ‘sfruculiata’ al disegno di riforma fiscale del Governo Meloni. E dobbiamo dire che, questa volta, il centrodestra ha dato il meglio di sé nel dichiarare una vera e propria “guerra alle tasse”. Abbiamo anche un nuovo stratega, in questo tentato omicidio dello Stato: tal Maurizio Leo, neo-viceministro del Tesoro. Si tratta del classico esponente politico con “la faccia di Bruto e la testa di Cassio”, lo avrebbe definito Ettore Petrolini. Soprattutto la seconda, a nostro parere. In fondo, è un grande ‘classico’ delle politiche di destra: tagliare le tasse, per tagliare il welfare. A questi i poveri stanno proprio sulle 'scatole', nonostante il tramonto della lotta di classe che essi stessi si ostinano a mantenere in vita come ipotesi conflittuale. Perché le nostre destre sono reazionarie a tal punto da riuscire a provocare anche la reazione altrui. La pandemia ha dimostrato che ci vorrebbe il ritorno a una sanità territoriale, di prossimità? Niente da fare: passata l’emergenza, questi ricominciano come prima. Tanto poi la colpa è di qualcun altro, che ci vuole? Basta scaricare la responsabilità su un capro espiatorio qualsiasi: un ragionamento da autentici geni del crimine. O per lo meno, da chi si reputa tale, perché sempre più spesso salta fuori, invece, che i veri poco furbi sono loro. Non serve tentare di truffarli: si incasinano con le loro stesse mani. Soprattutto, in sede di applicazione delle loro riforme. Insomma, più che una riforma è una controriforma: i nostri conservatori son fatti così. Il sistema sanitario è vicino al punto di collasso e loro tagliano le tasse. Il fisco, per questa gente, è un qualcosa da evadere in massa o, al massimo, una tassazione casuale per alcune tipologie di reddito. In pratica, pagano sempre gli stessi. Ora sono andati in ‘fissa’ con la formula della ‘flat tax’: la ‘tassa piatta’, che poi tanto ‘piatta’ non è, dipende dai casi. L’Irpef viene ridotta a 3 aliquote, gonfiando le fasce di reddito e finanziandola con l’abolizione delle agevolazioni attualmente esistenti. Tanto per imbrogliare le carte, naturalmente, perché attraverso la defiscalizzazione attuale, alla fine lo sconto lo si ottiene ‘di fatto’ e non puramente per principio. Questi sono dei geni della lirica, ragazzi. Ti dicono una cosa e poi ne fanno un’altra: dei veri ‘cantanti’, vincitori del premio ‘Ugola d’oro’. Altro che Sanremo di sinistra… Per le imprese sono in arrivo, nell’ordine: la Ires a due aliquote; il superamento dell’Irap; l’abolizione dell’imposta di bollo; l’abrogazione dell’imposta catastale e di quella ipotecaria con relativi tributi, che saranno sostituiti da un contributo unico, uguale per tutti. Anche per gli ultramiliardari. Ma il capolavoro assoluto lo si raggiunge con la ‘flat tax’ incrementale, da applicare ai redditi aggiuntivi rispetto agli anni precedenti. In pratica, se un’impresa produce un attivo, loro te lo tassano, obbligandoti a mentire e a continuare a evadere per riuscire a ottenere un guadagno netto, con conseguente possibilità di stabilizzare i precari. Anzi, si va nella direzione opposta, al grido di: “Flat tax per tutti”. E tanti saluti ai trentenni di oggi, che non avranno modo di vedere la pensione neanche col binocolo: imparassero a fare le ‘punture’ e facessero girare la voce nel quartiere, così otterranno qualche ‘soldino’ in ‘nero’. Infine, in un sussulto di misericordia, hanno previsto l’abolizione dell’Iva su alcuni generi di prima necessità: una ‘botta’ di socialismo, che produrrà risparmi diretti di circa 300 euro a famiglia, secondo le stime del Codacons. Un ‘contentino’ che il Governo ama definire “pace fiscale”. Come quando ti danno la pastarella a fine pranzo: solo alla domenica, però. E’ vero: nella cosiddetta ‘pace fiscale’ rientrano anche multe e sanzioni varie, rateizzabili fino a 120 mesi. Ovvero: dieci anni. Poi, se gli facciamo il favore di crepare prima, finisce ‘pari e patta’ e chi si è visto, s’è visto. Quel che più conta è riuscire a raggirare la collettività, che se ha votato per questi qui, in fondo se lo merita di morire. Magari per qualche imprevisto, come il crollo di un ponte privo di manutenzione da oltre 40 anni. Oppure, per una diagnosi ritardata, perché l’ospedale aveva il macchinario per la risonanza magnetica guasto. Chissenefrega, in fondo: mors tua, vita mea. Quel che più conta, è morire da patrioti. O da poveri fessacchiotti…




(articolo tratto dalla rubrica settimanale Giustappunto! pubblicata sul sito www.gaiaitalia.com)

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