Dispiace
aprire l’anno con notizie del genere. Soprattutto, perché
Joseph Ratzinger è stato un pontefice
intellettualmente onesto, che quando si è reso conto di non poter reggere la
Chiesa di Roma e la sua comunità di fedeli non ha esitato a compiere un
gesto rivoluzionario. Non è stato un
Papa che ha preteso di governare per il
gusto del potere. E che ha compreso come il
capo della Chiesa debba essere al meglio delle sue condizioni, in una fase di turbolenze e di crisi nei rapporti esterni. La lotta contro la piaga della
pedofilia, la
"tolleranza zero" da lui ordinata, da un punto di vista mediatico fu quasi
un'arma a doppio taglio, con lo scandalo degli abusi propagatosi a livelli tali, fin quasi a travolgere
l'immagine della Chiesa nel mondo. E la pericolosa
'gaffe' durante la
lectio magistralis tenuta
all'Università di Ratisbona, con la citazione di una frase
dell'imperatore bizantino Manuele II a proposito della
guerra santa, provocò nel
mondo islamico reazioni
violente, perché ritenuta offensiva. Successivamente, il
Papa, durante un
'Angelus' trasmesso anche da
Al Jazeera, disse di essere
"vivamente rammaricato per le reazioni", specificando di non condividere il pensiero espresso nel testo citato a
Ratisbona e invitando
l'Islam al dialogo. Quella crisi, però, durò a lungo. Altre
frasi di Ratzinger, come per esempio quella sulla necessità di una protezione internazionale dei
copti in Egitto, determinarono la rottura del dialogo con
l'Università di Al-Azhar del Cairo, massimo istituto
dell'Islam sunnita. Un dialogo riallacciato solo sotto il pontificato del successore,
Papa Francesco. Poi, giunse la richiesta del
rettore dell'Università di Roma ‘La Sapienza’ a intervenire all'inaugurazione dell'anno accademico. Tale scelta fu fortemente criticata dai docenti dell'ateneo. La qual cosa indusse la
Santa Sede a declinare quell’invito, suscitando
forti polemiche nel mondo politico, giornalistico e universitario. Un altro
'incidente' avvenne anche col
mondo ebraico, a causa del tentativo di riavvicinamento con gli
ultra-tradizionalisti scismatici, seguaci del
vescovo Marcel Lefebvre. Nel
gennaio 2009, il
Papa concesse la
remissione della scomunica a
quattro vescovi lefebvriani. E, nello stesso giorno, una
televisione svedese rese pubblica un'intervista in cui uno dei quattro, il britannico
monsignor Richard Williamson, professava una posizione
negazionista della Shoah. Il
Gran Rabbinato di Israele rimandò subito alcuni incontri col
Vaticano. E sentendosi sollecitato da più parti, il
pontefice, in una successiva dichiarazione espressa durante un'udienza generale, pronunciò parole chiare per contestare
ogni forma di negazionismo ed esprimere
solidarietà agli Ebrei. Critiche sulla vicenda giunsero anche da
Angela Merkel. In seguito, vi fu lo scandalo della
fuga di documenti riservati del pontefice, molti dei quali rivelavano trame e casi di corruzione in
Vaticano, trafugati direttamente dal
maggiordomo 'infedele', Padre Paolo Gabriele e finiti nel libro
‘Sua Santità’ di
Gianluigi Nuzzi, edito da
Chiarelettere. Pochi giorni dopo l'uscita del libro,
il servitore fu arrestato dalla
Gendarmeria e rinchiuso in cella in
Vaticano. "Gli eventi degli ultimi giorni riguardo alla Curia e ai miei collaboratori hanno portato tristezza nel mio cuore", disse
Ratzinger nella successiva udienza generale. Al processo,
Padre Gabriele fu condannato a un anno e sei mesi di reclusione. E fu condannato a due mesi, in un processo separato e distinto, anche il
tecnico informatico della Segreteria di Stato,
Claudio Sciarpelletti. Alcuni mesi dopo,
Benedetto XVI andò a trovare in cella l'ex
aiutante di camera e gli concesse
la grazia. Questo, a grandi linee, l’accidentato percorso di
Papa Ratzinger durante il suo pontificato. Un regno caratterizzato da
incertezze ed
errori, tentativi di
irrigidimento dottrinario a cui hanno fatto seguito
precipitosi ripensamenti. E abbiamo tralasciato le assurdità sulla
dignità dell'embrione, le condanne verso il
mondo omosessuale - che attraversa in pieno persino la Chiesa - ed
Lgbtq e le chiusure al mondo scientifico per la
Ru486, la pillola cosiddetta
'abortiva', che in realtà interviene prima
dell’annidamento del feto. Tutte questioni derivanti dal
tentativo restauratorio di un
cattolicesimo che non c’è più e che
fatica, anche con
Papa Francesco, a stare
al passo coi tempi, ma che stentiamo a considerare, umanamente, un
pericolo. Il suo fu un
tentativo ideologico tanto
immotivato, quanto
spaventato da un mondo che cambia. Un
tentativo ostinato di mantenere unita una comunità giunta sull’orlo di uno
scisma clamoroso, evitato con un atto altrettanto clamoroso. Una presa d’atto
dell’esistenza del tempo, che stava incidendo
persino sulla sua mente. Un atto che
resta alla Storia come la sua
più lucida decisione politica: quella di una
resa onorevole, assolutamente degna di essere ricordata. Da vero
Papa intellettuale.
Direttore responsabile di www.laici.it