Vittorio LussanaDispiace aprire l’anno con notizie del genere. Soprattutto, perché Joseph Ratzinger è stato un pontefice intellettualmente onesto, che quando si è reso conto di non poter reggere la Chiesa di Roma e la sua comunità di fedeli non ha esitato a compiere un gesto rivoluzionario. Non è stato un Papa che ha preteso di governare per il gusto del potere. E che ha compreso come il capo della Chiesa debba essere al meglio delle sue condizioni, in una fase di turbolenze e di crisi nei rapporti esterni. La lotta contro la piaga della pedofilia, la "tolleranza zero" da lui ordinata, da un punto di vista mediatico fu quasi un'arma a doppio taglio, con lo scandalo degli abusi propagatosi a livelli tali, fin quasi a travolgere l'immagine della Chiesa nel mondo. E la pericolosa 'gaffe' durante la lectio magistralis tenuta all'Università di Ratisbona, con la citazione di una frase dell'imperatore bizantino Manuele II a proposito della guerra santa, provocò nel mondo islamico reazioni violente, perché ritenuta offensiva. Successivamente, il Papa, durante un 'Angelus' trasmesso anche da Al Jazeera, disse di essere "vivamente rammaricato per le reazioni", specificando di non condividere il pensiero espresso nel testo citato a Ratisbona e invitando l'Islam al dialogo. Quella crisi, però, durò a lungo. Altre frasi di Ratzinger, come per esempio quella sulla necessità di una protezione internazionale dei copti in Egitto, determinarono la rottura del dialogo con l'Università di Al-Azhar del Cairo, massimo istituto dell'Islam sunnita. Un dialogo riallacciato solo sotto il pontificato del successore, Papa Francesco. Poi, giunse la richiesta del rettore dell'Università di Roma ‘La Sapienza’ a intervenire all'inaugurazione dell'anno accademico. Tale scelta fu fortemente criticata dai docenti dell'ateneo. La qual cosa indusse la Santa Sede a declinare quell’invito, suscitando forti polemiche nel mondo politico, giornalistico e universitario. Un altro 'incidente' avvenne anche col mondo ebraico, a causa del tentativo di riavvicinamento con gli ultra-tradizionalisti scismatici, seguaci del vescovo Marcel Lefebvre. Nel gennaio 2009, il Papa concesse la remissione della scomunica a quattro vescovi lefebvriani. E, nello stesso giorno, una televisione svedese rese pubblica un'intervista in cui uno dei quattro, il britannico monsignor Richard Williamson, professava una posizione negazionista della Shoah. Il Gran Rabbinato di Israele rimandò subito alcuni incontri col Vaticano. E sentendosi sollecitato da più parti, il pontefice, in una successiva dichiarazione espressa durante un'udienza generale, pronunciò parole chiare per contestare ogni forma di negazionismo ed esprimere solidarietà agli Ebrei. Critiche sulla vicenda giunsero anche da Angela Merkel. In seguito, vi fu lo scandalo della fuga di documenti riservati del pontefice, molti dei quali rivelavano trame e casi di corruzione in Vaticano, trafugati direttamente dal maggiordomo 'infedele', Padre Paolo Gabriele e finiti nel libro ‘Sua Santità’ di Gianluigi Nuzzi, edito da Chiarelettere. Pochi giorni dopo l'uscita del libro, il servitore fu arrestato dalla Gendarmeria e rinchiuso in cella in Vaticano. "Gli eventi degli ultimi giorni riguardo alla Curia e ai miei collaboratori hanno portato tristezza nel mio cuore", disse Ratzinger nella successiva udienza generale. Al processo, Padre Gabriele fu condannato a un anno e sei mesi di reclusione. E fu condannato a due mesi, in un processo separato e distinto, anche il tecnico informatico della Segreteria di Stato, Claudio Sciarpelletti. Alcuni mesi dopo, Benedetto XVI andò a trovare in cella l'ex aiutante di camera e gli concesse la grazia. Questo, a grandi linee, l’accidentato percorso di Papa Ratzinger durante il suo pontificato. Un regno caratterizzato da incertezze ed errori, tentativi di irrigidimento dottrinario a cui hanno fatto seguito precipitosi ripensamenti. E abbiamo tralasciato le assurdità sulla dignità dell'embrione, le condanne verso il mondo omosessuale - che attraversa in pieno persino la Chiesa - ed Lgbtq e le chiusure al mondo scientifico per la Ru486, la pillola cosiddetta 'abortiva', che in realtà interviene prima dell’annidamento del feto. Tutte questioni derivanti dal tentativo restauratorio di un cattolicesimo che non c’è più e che fatica, anche con Papa Francesco, a stare al passo coi tempi, ma che stentiamo a considerare, umanamente, un pericolo. Il suo fu un tentativo ideologico tanto immotivato, quanto spaventato da un mondo che cambia. Un tentativo ostinato di mantenere unita una comunità giunta sull’orlo di uno scisma clamoroso, evitato con un atto altrettanto clamoroso. Una presa d’atto dell’esistenza del tempo, che stava incidendo persino sulla sua mente. Un atto che resta alla Storia come la sua più lucida decisione politica: quella di una resa onorevole, assolutamente degna di essere ricordata. Da vero Papa intellettuale.




Direttore responsabile di www.laici.it
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