Mi vedo costretto a ‘spezzare una lancia’ nei confronti dell’attuale esecutivo di centro-sinistra guidato dall’On. Romano Prodi. Ciò in base soprattutto a quanto riferito di recente dallo stesso Presidente del Consiglio al quotidiano ‘la Repubblica’, dichiarazioni assolutamente oneste, tese a porre in evidenza le difficoltà che, da un anno a questa parte, il suo governo si è ritrovato a dover affrontare. Romano Prodi è stato sincero e spiegherò il perché: 1) l’esecutivo in carica ha spesso dovuto combattere contro tutto e tutti pur di imporre determinate scelte che risultavano scarsamente popolari; 2) il fatto che Romano Prodi rappresenti l’esponente che, per ben due volte, sia riuscito a sconfiggere Silvio Berlusconi lo fa risultare antipatico a molti ambienti ancora poco rassegnati alla fine di un ciclo politico che riguarda l’intero Paese; 3) Prodi ha perfettamente ragione allorquando fa riferimento alla ‘vite’ di un risanamento economico seminata per dare risultati a medio e lungo termine; 4) l’ipocrisia di un ceto medio regolarmente abituato ad evadere il fisco e a farsi beffe dello stato di diritto continua a fomentare un odio che non ha precedenti in tutta la Storia della Repubblica, ben sapendo che si avvicinano i tempi per molte rese dei conti in tutti i terreni in cui hanno continuato ad imperare retaggi da ‘topi nel formaggio’ dell’intero tessuto economico del Paese; 5) il mondo della nostra informazione continua a fare ‘grancassa’ in modo ignobile e ‘sfascista’, generando un clima da guerra civile: il giornalismo italiano è ormai diviso in tribù contrapposte e passa le proprie giornate a fomentare instabilità e a generare inimicizie, gonfiando risentimenti e rivalità che non solo non esistono a livello sociale, ma non hanno nemmeno più senso in termini ideologici; 6) il Paese continua a non avere la percezione di cosa significhi governare e di cosa voglia dire farlo bene o farlo male, a prescindere da simpatie ed antipatie. Ciò rappresenta la conseguenza di una modernizzazione quasi interamente basata su valori materiali, di cui possiede gravi responsabilità sia la cultura liberalcattolica che quella di derivazione italo-marxista, le quali hanno storicamente generato una situazione in cui l’aver ragione rappresenta, sempre e comunque, una posizione di assoluta minoranza. Inoltre, anziché cercare di modernizzare veramente un quadro politico complessivo in cui forze effettivamente moderate, per cultura e tradizione, possano ritrovarsi più facilmente sui versanti migliori di ‘compromessi’ decisionali ispirati ad un progresso graduale e costante, si è preferito istituzionalizzare un bipolarismo selvaggio che ha finito col mescolare radicalismi antipolitici di destra e di sinistra, populismi e qualunquismi di discutibile natura, faziosità e cortigianerie di ogni genere e tipo. Lo sfasamento tra una modernizzazione spiritual-culturale ed una di genere materialistico - edonista è l’esatto specchio di un fallimento che rappresenta tutti, che coinvolge tutti, che pesa sulle spalle di ognuno di noi. Eppure, ogni questione diviene buona solamente per ‘scaricare’ simili condanne collettive su un uomo solo, che sia il Craxi o il Prodi di turno. Perché la nostra ‘intellighentia progressista’ non ha mai voluto riconoscere il problema di dover affrontare veramente la questione di una nuova articolazione culturale delle nostre principali tradizioni politiche nazionali: quella socialista, quella cattolica e quella liberale? Da Bettino Craxi ad oggi, non abbiamo fatto altro che schierarci, punto e basta! Troppo comodo, troppo facile. Ma si è trattato di scelte frutto di settarismi protestatari, non di autentiche culture di governo, progressiste o conservatrici che dir si voglia. E ne è venuto fuori un ‘casino’ di cui gli italiani non comprendono più nulla, poiché qualcuno, pur di non ‘arretrare’ di un solo millimetro dalle proprie posizioni, la ‘butta in caciara’, con la piena complicità di giornalisti e di direttori di testata. Intorno a tutto ciò, dunque, Romano Prodi possiede ragioni da vendere. Tuttavia, voglio vedere se ci sarà qualcuno pronto a dargliene atto.
(articolo tratto dal quotidiano “la Discussione” del 2 giugno 2007)