Notizie contraddittorie arrivano dall’estero sul fronte della situazione in
Venezuela. Sono questi quei momenti in cui una giornalista rischia di diventare di parte o
faziosa. E si corre il pericolo di inondare gli organi di stampa, tradizionali e online, di
fake news. Tra
settembre e la fine di
ottobre 2022 si sono rincorse varie
news sulla nazione sudamericana, che la vede ora protagonista di una
ripresa economica insperata, ora
inginocchiata in una crisi infinita che si trascina dal
2014. Qual è la verità circa la vera situazione del
Venezuela oggi? La verità sta sicuramente
nel mezzo di queste affermazioni, propagandistiche da entrambi i fronti di provenienza. Sicuramente, la
Repubblica 'bolivariana' di
Maduro è presente nelle liste dei Paesi più a
rischio ‘default’, costantemente monitorata per la tutela dei
diritti umani. Ma vediamo i fatti che hanno portato a questo marasma di notizie.
I dati diffusi dalle Ong operanti sul territorio
Mentre il presidente del Venezuela,
Nicolás Maduro, nell’ultimo mercoledì di ottobre ha annunciato
progressi economici in fatto di produzione e sovranità alimentare, riferendo i dati che prevedono, per il prossimo anno, una crescita del
10% del
Pil (Prodotto interno lordo, ndr), ecco che alcune
Ong come
International Rescue Commitee, Foreign Policy e
Freedom House hanno diffuso notizie allarmanti sulle condizioni della popolazione. Nelle stesse ore in cui si diffondeva la notizia sulla previsione della
ripresa venezuelana, il
web è stato invaso dalla notizia della
“crisi infinita del Venezuela: su sette milioni di profughi costretti a rubare, mendicare o prostituirsi per vivere”. Perché? Forse qualcuno ha paura di un Paese che ha vissuto un disastroso passato recente e che, fuori dalle logiche capitalistiche, riesce in qualche modo a
rialzarsi da solo? Quanto fa paura la
recessione ai Paesi ricchi? Sicuramente
parecchio. Basta guardare a tutto
l’allarmismo che deriva dalla
situazione russo-ucraina, con i vari rincari avvenuti in pochi giorni,
dall’energia elettrica al costo di
beni di prima necessità.Strategie politichePer capire bene la
situazione venezuelana, bisogna ricordare che vige un
embargo totale applicato nel
2019 dagli
States e firmato
Donald Trump. Tale isolamento, negli ultimi anni, ha aggravato le condizioni economiche del
Venezuela. Le restrizioni riguardano molto da vicino il
mondo petrolifero e la
Banca centrale venezuelana. Questo fatto, cruciale durante il periodo della
pandemia, ha portato il Paese guidato di
Maduro in una recessione terribile. Ma
Jo Biden, nella primavera scorsa, ha
riaperto al Venezuela, riformulando le costrizioni in essere. Lo scopo era quello di trovare soluzioni sulla posizione che impediva alle
compagnie petrolifere statunitensi di lavorare nel Paese latino. Le
mosse strategiche della diplomazia americana servono soprattutto per
portarsi avanti e prevedere qualsiasi scenario si possa dispiegare come conseguenza della guerra tra
Russia e
Ucraina. Pertanto, gli
Usa stanno cercando di trovare un
terreno ‘neutrale’ sul quale poter annullare le tensioni con il governo di
Caracas e fissare una
tregua interna tra governo e opposizione, sempre ai
ferri corti. L’operazione messa in atto da
Washington è il primo passo per una nuova stagione di
dialogo tra le due nazioni, finalizzata all’estrazione e allo sfruttamento del
petrolio. Perché alla fine, è quasi sempre di questo che si tratta: il
petrolio, in nome del quale si sono fatte e sempre si faranno
guerre. Il
Venezuela era uno dei
Paesi latini più ricchi grazie al
petrolio, poiché detiene le
maggiori riserve di
oro nero al mondo. Ma l’eccessiva dipendenza dalle
estrazioni lo ha portato al
tracollo, poiché si è diffusa la
corruzione e
l’inefficienza burocratica in fatto di economia.
La ‘paura rossa’Le
mosse statunitensi per ricucire gli strappi economici e internazionali con
Maduro non arrivano per caso. E’ risaputo che
Russia e
Cina mantengono buoni rapporti con il
Venezuela. E gli accordi che negli anni sono stati siglati riguardano vari comparti della vita sociale, finanziaria e militare del Paese
‘bolivariano’. Oltre al petrolio, in
Venezuela sono presenti importanti
giacimenti di gas: un
‘bottino’ molto importante per la
Russia in questo momento. Perciò è proprio il caso di dirlo: i giochi sono ancora aperti su tutti i fronti nel
‘braccio di ferro’ che vede coinvolti
Stati Uniti, Europa, Russia e
Ucraina. Armamenti e risorse minerarie sono gli oggetti del contendere, che assumono, di volta in volta, nuovi significati e valori sulla
scacchiera dei potenti. Intanto, il ministro degli Esteri venezuelano,
Carlos Faría, ha offerto aiuto per la
crisi energetica a quei Paesi europei che vorranno revocare le sanzioni contro il suo Paese. Richiesta che non pare interessare
l’Unione europea, perché
“le pressioni sono necessarie”, ha affermato
Josep Borrell, Alto rappresentante
dell’Unione europea per gli
Affari esteri e la
sicurezza internazionale, “a raggiungere un accordo interno tra governo e opposizione che possa scongiurare qualsiasi forma di guerra civile”, tanto temuta negli ultimi anni.