Caterina Di PerriNotizie contraddittorie arrivano dall’estero sul fronte della situazione in Venezuela. Sono questi quei momenti in cui una giornalista rischia di diventare di parte o faziosa. E si corre il pericolo di inondare gli organi di stampa, tradizionali e online, di fake news. Tra settembre e la fine di ottobre 2022 si sono rincorse varie news sulla nazione sudamericana, che la vede ora protagonista di una ripresa economica insperata, ora inginocchiata in una crisi infinita che si trascina dal 2014. Qual è la verità circa la vera situazione del Venezuela oggi? La verità sta sicuramente nel mezzo di queste affermazioni, propagandistiche da entrambi i fronti di provenienza. Sicuramente, la Repubblica 'bolivariana' di Maduro è presente nelle liste dei Paesi più a rischio ‘default’, costantemente monitorata per la tutela dei diritti umani. Ma vediamo i fatti che hanno portato a questo marasma di notizie.

I dati diffusi dalle Ong operanti sul territorio
Mentre il presidente del Venezuela, Nicolás Maduro, nell’ultimo mercoledì di ottobre ha annunciato progressi economici in fatto di produzione e sovranità alimentare, riferendo i dati che prevedono, per il prossimo anno, una crescita del 10% del Pil (Prodotto interno lordo, ndr), ecco che alcune Ong come International Rescue Commitee, Foreign Policy e Freedom House hanno diffuso notizie allarmanti sulle condizioni della popolazione. Nelle stesse ore in cui si diffondeva la notizia sulla previsione della ripresa venezuelana, il web è stato invaso dalla notizia della “crisi infinita del Venezuela: su sette milioni di profughi costretti a rubare, mendicare o prostituirsi per vivere”. Perché? Forse qualcuno ha paura di un Paese che ha vissuto un disastroso passato recente e che, fuori dalle logiche capitalistiche, riesce in qualche modo a rialzarsi da solo? Quanto fa paura la recessione ai Paesi ricchi? Sicuramente parecchio. Basta guardare a tutto l’allarmismo che deriva dalla situazione russo-ucraina, con i vari rincari avvenuti in pochi giorni, dall’energia elettrica al costo di beni di prima necessità.

Strategie politiche
Per capire bene la situazione venezuelana, bisogna ricordare che vige un embargo totale applicato nel 2019 dagli States e firmato Donald Trump. Tale isolamento, negli ultimi anni, ha aggravato le condizioni economiche del Venezuela. Le restrizioni riguardano molto da vicino il mondo petrolifero e la Banca centrale venezuelana. Questo fatto, cruciale durante il periodo della pandemia, ha portato il Paese guidato di Maduro in una recessione terribile. Ma Jo Biden, nella primavera scorsa, ha riaperto al Venezuela, riformulando le costrizioni in essere. Lo scopo era quello di trovare soluzioni sulla posizione che impediva alle compagnie petrolifere statunitensi di lavorare nel Paese latino. Le mosse strategiche della diplomazia americana servono soprattutto per portarsi avanti e prevedere qualsiasi scenario si possa dispiegare come conseguenza della guerra tra Russia e Ucraina. Pertanto, gli Usa stanno cercando di trovare un terreno ‘neutrale’ sul quale poter annullare le tensioni con il governo di Caracas e fissare una tregua interna tra governo e opposizione, sempre ai ferri corti. L’operazione messa in atto da Washington è il primo passo per una nuova stagione di dialogo tra le due nazioni, finalizzata all’estrazione e allo sfruttamento del petrolio. Perché alla fine, è quasi sempre di questo che si tratta: il petrolio, in nome del quale si sono fatte e sempre si faranno guerre. Il Venezuela era uno dei Paesi latini più ricchi grazie al petrolio, poiché detiene le maggiori riserve di oro nero al mondo. Ma l’eccessiva dipendenza dalle estrazioni lo ha portato al tracollo, poiché si è diffusa la corruzione e l’inefficienza burocratica in fatto di economia.

La ‘paura rossa’
Le mosse statunitensi per ricucire gli strappi economici e internazionali con Maduro non arrivano per caso. E’ risaputo che Russia e Cina mantengono buoni rapporti con il Venezuela. E gli accordi che negli anni sono stati siglati riguardano vari comparti della vita sociale, finanziaria e militare del Paese ‘bolivariano’. Oltre al petrolio, in Venezuela sono presenti importanti giacimenti di gas: un ‘bottino’ molto importante per la Russia in questo momento. Perciò è proprio il caso di dirlo: i giochi sono ancora aperti su tutti i fronti nel ‘braccio di ferro’ che vede coinvolti Stati Uniti, Europa, Russia e Ucraina. Armamenti e risorse minerarie sono gli oggetti del contendere, che assumono, di volta in volta, nuovi significati e valori sulla scacchiera dei potenti. Intanto, il ministro degli Esteri venezuelano, Carlos Faría, ha offerto aiuto per la crisi energetica a quei Paesi europei che vorranno revocare le sanzioni contro il suo Paese. Richiesta che non pare interessare l’Unione europea, perché “le pressioni sono necessarie”, ha affermato Josep Borrell, Alto rappresentante dell’Unione europea per gli Affari esteri e la sicurezza internazionale, “a raggiungere un accordo interno tra governo e opposizione che possa scongiurare qualsiasi forma di guerra civile”, tanto temuta negli ultimi anni.





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