L’Italia ha il suo nuovo
governo clerico-fascista. Non c’è nulla di cui spaventarsi, innanzitutto: che il Paese stesse degenerando e fosse privo di strumenti antropologici per giudicare in maniera equilibrata la propria classe politica, divenuta palesemente
scadente, era un dato ormai evidente da tempo. Persone perbene come
Romano Prodi, tanto per fare un esempio, continuavano a essere criticate per le loro scarse capacità comunicative, perché un
marketing abituato da sempre a
ricattare i ceti popolari aveva da tempo perduto ogni riferimento con la
classe media. Anzi, non sapeva neanche cosa fosse sin dagli
anni ’80 del secolo scorso. Illuminanti, in tal senso, i vari giudizi che circolano intorno alla figura e alla persona di
Giorgia Meloni, da molti definita:
“Una borgatara”. Una grave
esagerazione dispregiativa: le
borgate sono quei quartieri che si sono uniti alla città di
Roma dopo le
speculazioni edilizie degli
anni ’50 e
’60 del secolo scorso. E far passare il concetto che la tanto rimpianta
Democrazia cristiana abbia governato il Paese in
totale continuità con il fascismo, rimane un
‘boccone’ assai difficile da digerire. Invece, le cose stanno
esattamente così. Una
borgata, per esempio, era
Acilia: classico esempio di ceti popolari
scaraventati in una sacca malarica durante gli anni delle
bonifiche pontine, storicamente divisa dalla capitale da circa una dozzina di chilometri di
verde brado. Una
borgata sorta nel
1924 per opera del
fascismo, che obbligò alcune migliaia di cittadini a stabilirsi in quella che, allora, non era neanche una borgata, bensì una vera e propria
palude. Dopo la caduta del
fascismo non cambiò, praticamente,
nulla: i terreni immediatamente a ridosso della capitale vennero inglobati e venduti a peso d’oro tramite il sistema delle
plusvalenze, allargando la cerchia urbana a
‘macchia d’olio’ senza alcun tipo di
piano regolatore e senza alcun criterio di
destinazione d’uso. Concezioni urbanistiche introdotte solamente nel
1962 dalla prima
Giunta comunale di centrosinistra, che finalmente riuscì a porre fine ai lunghi anni di
‘grigiore’ centrista. Se
‘Dio, Patria e Famiglia’ tornano di moda non è colpa di
Giorgia Meloni. Se abbiamo persone che saltano una
banchina ferroviaria per andare a
picchiare due ragazzini che si stanno baciando, ciò è colpa
dell’ipocrisia cattolica, che non ha fatto nulla per
sostituire ‘Dio, Patria e Famiglia’ con altri valori quali la
solidarietà, la
ragionevolezza razionalista, l’altruismo umanistico. Nemmeno in una
‘chiave’ missionaria, se vogliamo. Insomma,
Giorgia Meloni è di
origini popolari, non
“una borgatara”. La
Garbatella è un
quartiere storico di
Roma, situato sulle colline che sovrastano la
basilica di San Paolo. Siamo fuori dalla cerchia della
‘città vecchia’, indubbiamente, ma ancora in un quartiere immediatamente
a ridosso del centro, collocato all’inizio di quel
viale Cristoforo Colombo che lo congiunge sino
all’Eur. Sull’altro lato del viale c’è
Tor Marancia, il rione originario di
Agostino Di Bartolomei che già si potrebbe considerare una
borgata, ma che ha sempre avuto la fortuna di essere il primo
quartiere ‘in uscita’ verso la
‘direttrice sud’ della città, come
Talenti per la parte nord-orientale della metropoli capitolina. La
Garbatella è una zona pienamente
all’interno dell’area comunale romana. Ed è
assai meno periferica dell’Eur, che invece mantiene, per questioni di razionalismo architettonico, una propria
dignità borghese. Ma in realtà, proprio
l’Eur è un quartiere geograficamente assai più
periferico rispetto alla
Garbatella, la quale confina a nord con il centralissimo
Testaccio, a est con
l’Ostiense e, a sud-ovest, con
Tor Marancia. Ed è anche, tra l’altro, il quartiere che ospita la sede della
Giunta regionale del Lazio. Il vero
giudizio antropologico da far comprendere agli italiani
‘non romani’ sarebbe un altro:
Giorgia Meloni proviene da un ambiente politico che, ancora oggi,
la caratterizza moltissimo. Si tratta di un nucleo di persone che hanno la
passione politica nel sangue - cosa che li ha sempre accomunati ai
comunisti – il cui presupposto filosofico di principio è tipicamente
idealista, dunque
‘hegeliano’. Si tratta di una tipologia culturale ben distinta sia dal
socialismo assembleare ‘rousseauiano’, sia da quello
materialista ‘gramsciano’. Quel che c’è di buono in
Giorgia Meloni è il fatto che sì, ella proviene
dal ‘basso’, cioè dai ceti popolari, ma proprio queste sue origini le hanno offerto
motivazioni psicologiche e una
grinta operativa molto particolare, finalizzata a far riemergere lo
spiritualismo ‘hegeliano’ alla luce del sole. Un percorso complesso e tortuoso, carico di insidie.
Giorgia Meloni ce l’ha fatta perché appartiene a un ceto sociale che porta sempre frutti e risultati
‘grandiosi’. Soprattutto, quando dimostra di saper
‘porgere l’orecchio’ ai
consigli disinteressati; soprattutto, quando si riconoscono i
valori e le
ragioni più profonde
dell’avversario politico. Noi
romani progressisti lo sappiamo perfettamente che una
post fascista non ci darebbe mai ragione su nulla, in apparenza.
Per non darci soddisfazione. Ma proprio per questo, sappiamo anche
tenere a mente che si tratta di una ragazza in grado di
riflettere con la propria testa, soprattutto quando si trova in fase di
‘ricezione’, tanto per usare un termine da vecchio
telescriventista dell’Esercito italiano. Perché
Giorgia Meloni sa benissimo che i rapporti di
amicizia possono travalicare gli
steccati ideologici. Anche quando
l’amicizia è una semplice
simpatia ‘a distanza’. Giorgia Meloni non solo non è affatto
“una borgatara”, ma è una
ragazza molto intelligente, che sa distinguere e valutare le persone a prescindere dalla loro
provenienza ideologica. Dunque, pur
dall’opposizione, siamo tenuti tutti quanti a comportarci
meglio che possiamo. Tutti quanti. Non si tratta di un
nemico di classe: si tratta di una ragazza proveniente
‘da destra’ che
ce l’ha fatta. Un fatto che, un giorno, poteva accadere. E infatti,
quel giorno è arrivato. Non trattatela a
‘pesci in faccia’, anche se non è
“de core” come
Anna Magnani, né possiede la
simpatia di
Monica Vitti: è un'altra tipologia di ragazza, che dobbiamo saper giudicare con parametri diversi dal solito, senza
‘classismi’, né
arroccamenti ideologici moralmente sleali. Le
destre italiane stanno anch’esse cercando di emergere dal loro
passato. E proprio noi
laici e
progressisti siamo tenuti a
legittimare, anche con un po’ di
commozione, questo fenomeno. Anche per dimostrare alle
destre medesime – e non solo a esse – che la
solidarietà e la
razionalità sono i
veri valori etici su cui rifondare la nostra
società. Perché i
concetti e le
idee valgono più delle
passioni e delle
sensazioni spesso e volentieri
errate, poiché
frettolose e
superficiali. Perché la
passione è un ingrediente che va
dosato e controllato. Come nelle ricette di cucina. Una
passione quanto basta.
(articolo tratto dalla rubrica settimanale Giustappunto! pubblicata su www.gaiaitalia.com)