Questa settimana proponiamo una breve riflessione di orientamento per le
elezioni politiche previste per il prossimo
25 settembre. Più che altro, si tratta di una
distinzione che l’elettore italiano dovrebbe tener ben presente prima di recarsi alle urne: la visione politica dei Partiti del
centrodestra italiano è innervata da
un’etica del successo; quella delle altre forze politiche, invece, è
un’etica della convinzione. Non si tratta di una
distinzione di poco conto. La prima, infatti, nasce da una
razionalità teleologica: è razionale solo e unicamente in relazione a un
fine, cioè a uno
scopo preciso da perseguire. Un
‘finalismo’ che si caratterizza per l'attenzione ai
mezzi e alla loro
efficacia nel raggiungimento di un
obiettivo. Un
pragmatismo ‘piatto’, che riadatta i mezzi ai fini.
Max Weber la definì, una volta:
“Etica dell'adattamento al possibile”. In buona sostanza,
l'etica del successo pone un'enfasi speciale su una
previsione fatalista: qualsiasi mezzo è buono pur di raggiungere il proprio
scopo. Anche e soprattutto le
menzogne, quelle tipiche della
demagogia tribunizia. Ovvero, promettendo
cose irrealizzabili e
concessioni puramente strumentali.
L'etica della convinzione, al contrario, rientra
nell’assiologia: si preoccupa di non tradire dei
valori che appartengono a tutti. Essa considera
riprovevole la menzogna e lodevole affermare cose vere per puro
amore della verità, poiché ha lo scopo di garantire che tutte le azioni compiute siano
coerenti con una
convinzione. L'attore morale non deve preoccuparsi delle conseguenze, poiché la sua intenzione è pura e i suoi valori saranno rispettati. E questo tipo di etica, in genere, è quella che appartiene al mondo della
scienza. Anche della scienza politica.
L'etica della convinzione, inoltre, risulta quasi sempre affiancata da quella della
responsabilità. Non sempre e non necessariamente, ma in genere è così, poiché
convinzione e
responsabilità non sono affatto in contraddizione, bensì risultano complementari. Esse sono, cioè, compatibili e si completano tra loro, costituendo
l'uomo autentico: un uomo che può rivendicare
un’autentica vocazione politica. Ora, tali concetti di
etica del successo, della convinzione e della responsabilità, apparentemente vedono prevalere la
prima sulle altre due. Soprattutto, in ciò che riguarda una
competizione sportiva o una
contesa specifica. Ma in realtà, riducendo ogni questione alla
finalità da raggiungere,
l’etica del successo ottiene quasi sempre risultati puramente
parziali, destinati a lasciare il tempo che trovano. Si rivolge a un
modello ‘chiuso’ di pensiero: quello che conta è
vincere, non esercitare il potere in favore dei
cittadini. Il
successo è la finalità di un’opera che può essere valida anche
esteticamente. Dunque, si tratta di un concetto che fa riferimento a un
linguaggio artistico: è importante avere successo per uno
show televisivo o in una
rappresentazione teatrale. Ma
l’arte, in quanto momento di
pura soggettività, presa di per sé è
inattuale. Serve a dare una mera
indicazione, ma non garantisce
un’azione politica conseguente. Allo stesso modo, ma per motivazioni opposte, anche la
religione, in quanto momento di
pura oggettività, non c’entra niente con la
politica: alle cose di
Dio ci penserà
Dio stesso, poiché esse non c’entrano nulla con quelle di
Cesare. Ma chi insegue solo e unicamente il
successo ricorre a tutto, utilizzando la
religione come forma di
ritualismo magico, capace di accompagnare la volontà del sacerdote, dello stregone o del capo-villaggio in quanto forma di
‘predestinazione’. Non c’è distinzione alcuna tra cose
terrene e cose dello
spirito: persino
Dio viene
arruolato dalla parte di chi insegue il
successo, perché è stato Lui stesso a
‘predefinire’ un esito positivo. In realtà, si tratta di
blasfemìa: ecco perché in molte religioni,
l’evocazione di Dio risulta
dogmaticamente vietata. Eppure, i
cattolici integristi lo utilizzano sempre, perché serve per
vincere, come ai tempi delle
crociate. La parola d’ordine
“Dio è con noi” venne utilizzata, a suo tempo, per reclutare il maggior numero di soldati possibili al fine di
liberare Gerusalemme dai
musulmani. Ma tra le varie
crociate che vi sono state nella Storia, solamente una,
la prima, riuscì nel proprio intento: le altre furono tutte
respinte o si tramutarono ben presto in un fallimento.
L’etica del successo ha sempre le
‘gambe corte’: non prevale affatto
sull’etica della convinzione, né su quella della
responsabilità, poiché
elimina i valori. Ma eliminando il concetto di
valore, si finisce col porre ogni questione sul
medesimo piano, senza
priorità, né
discernimento qualitativo delle nostre azioni. Ed è per questo motivo che invitiamo gli italiani a
non fidarsi di chi si muove secondo
un’etica del successo, poiché questa è quasi sempre destinata all’ottenimento di
vittorie effimere, quando non al
disastro. Sotto questo profilo,
Adolf Hitler fu superiore a
Benito Mussolini: il
dittatore tedesco era realmente convinto che la
Germania dovesse dominare su tutte le altre
razze e
nazioni, mentre
Mussolini credeva solo e unicamente nel
successo di per sé, sottovalutando le
motivazioni di valore. Come la mettiamo con chi, oggi, dice di essere
“un patriota” richiamandosi alla
retorica ‘mussoliniana’? Dateci retta per una volta, carissimi italiani: votate quel che volete, anche
Calenda e
Renzi se proprio non vi sentite vicini, in termini di valori, alle forze politiche di sinistra. Ma
liberate il Paese da
questo tipo di destre, mosse unicamente da un banale, banalissimo,
opportunismo. L’unico modo per convincere la propria parte politica a
rinnovarsi e ad abbracciare un
sistema di valori autentici, una
visione reale ed effettiva del Paese, è quello di
punirla facendole mancare il
vostro consenso. Puntano tutto sul
consenso, le
destre di casa nostra: sul
‘vostro’ consenso. Dunque, non affidateglielo, perché
il consenso è una cosa vostra, che
promana dal popolo. E quelle forze politiche che intendono
utilizzare il vostro consenso a proprio piacimento, o per finalità proprie, sono sempre portatrici di
autentici disastri a cui altri, in seguito, sono costretti a
rimediare. Ecco perché, in questi ultimi decenni, abbiamo dovuto ricorrere a
diversi governi tecnici: per risolvere problemi causati da chi aveva fatto
un cattivo uso del
vostro consenso.
(articolo tratto dalla rubirca settimanale 'Giustappunto!' pubblicata su www.gaiaitalia.com)