Michela DiamantiElisabetta II di Windsor, la sovrana del Regno Unito di Gran Bretagna e Irlanda del Nord scomparsa in questi giorni, è stata una donna che ha saputo farsi amare dal proprio popolo: non è possibile non riconoscerle questo merito. Noi non abbiamo mai apprezzato i suoi vestiti monocolore, spesso vistosi come un ‘pugno nell’occhio’, forse perché abituati alla grande fantasia creativa della moda italiana. Inoltre, un così lungo regno senza abdicazione, mette in una posizione difficile i suoi successori, il figlio Carlo in particolare, che si vedrà paragonato ogni giorno alla madre, correndo il rischio di renderlo un sovrano incerto. Infine, la nostra fede repubblicana, o anche la semplice lontananza storica dell’Italia dall’istituto monarchico, ci induce a sentimenti tiepidi. Anche perché, in una 'chiave' di modernità, abbiamo molto amato la principessa Diana, la quale rifiutò la ragion di Stato per non passare per la cretina della situazione, dato che aveva scoperto da tempo la relazione del proprio coniuge, il principe di Galles, con Camilla Parker  Bowles. La difesa del figlio maschio in quanto erede al trono è stata, a nostro parere, un segnale di conservatorismo familista che difficilmente potremo mai perdonare a Elisabetta II. Ma quando giunge il momento di andarsene, è buona cosa limitare le polemiche o, addirittura, sospendere ogni giudizio di natura storica. Non è questo il momento e non vogliamo nemmeno emulare qualche nostalgico del grigiore comunista di Leonid Breznev. La morte è anch’essa un momento della vita. E riteniamo che un simile delicato ‘passaggio’ debba essere rispettato nei confronti di chiunque. Ma verrà presto il momento per sottolineare molte cose del lungo regno di Elisabetta II: lo smantellamento dell’Impero britannico; la perdita del ruolo inglese in quanto prima potenza mondiale in favore degli Stati Uniti d’America; il tentativo di relegare la fragile Diana Spencer unicamente nel ruolo di madre e di donna del ‘focolare’; il pregiudizio circa gli eccessi di progressismo delle generazioni più giovani. Persino i Beatles furono un ‘boccone’ difficile da digerire. Ma nella casa reale piacevano a tutti, quei 4 'capelloni' di Liverpool che portavano con sé il nome di un’Inghilterra che voleva cambiare, diversificando in forme artistiche il proprio ruolo sulla scena mondiale. Poi giunsero gli anni ’80, in cui persino l’Italia, per alcuni anni, riuscì a superare, in termini di produttività e di ricchezza procapite, quel Regno Unito che, in epoca 'vittoriana', aveva innescato la prima grande rivoluzione industriale. A suo modo e pur tra qualche giudizio esagerato, seppe riconoscere i fenomeni che si sono susseguiti nel suo regno - a cominciare dal tumultuoso processo di decolonizzazione - pur impegnandosi fortemente nel contenerli. Compiendo regolarmente l’errore di non riuscirci quando, invece, avrebbe potuto e dovuto farlo, come nel caso della Brexit. E’ vero: Elisabetta ha saputo manenere insieme il proprio regno per 70 anni senza gravi ‘scossoni’. Ma durare tanto per durare è una gran triste arte, a nostro parere. Elisabetta II non è mai riuscita a gestire, nell'ordine: il degrado industriale; il terrorismo dell’Ira; il rock e il punk; la mondanità e i vizi della famiglia reale; gli spinelli, i tradimenti, i divorzi, i litigi drammatici ‘all’italiana’. Tutto è stato sacrificato in nome dell’identificazione popolare con la corona, finendo col dare preminenza ai simboli, più che alla sostanza delle questioni, che in realtà erano molto simili a quelli che l'intera società britannica stava vivendo. Un conservatorismo che ha sempre fatto una gran fatica a immergersi nella realtà. Fino a costringerla ad andarsi a leggere di persona i biglietti di amore che tantissimi cittadini lasciarono, insieme a una moltitudine infinita di fiori, innanzi ai cancelli di Buckingham Palace, per l'improvvisa quanto tragica morte di Lady Diana. Il confronto con la realtà fu sempre molto duro, per Elisabetta II. La quale, non credeva che Diana fosse così amata dai suoi sudditi, mentre invece lo era. Tantissimo. Tutto ciò che riguardava la nuora le appariva stravagante. Persino l’amicizia con un eccellente artista come Elthon John, notoriamente omosessuale: una condizione che, per molto tempo, ha ritenuto moralmente inaccettabile. Fino a rendersi conto che il suo popolo era assai più avanti di lei. Una monarchia mantenuta ‘per trascinamento’, con molti retaggi d’imperialismo difesi quasi di forza, finendo col diventare d’intralcio. Perché il popolo, spesso e volentieri, è vittima di innamoramenti e suggestioni. Ma proprio per questo motivo esso dev’essere guidato e non inseguito, finendo col ritrovarsi sorpresi innanzi ai fatti compiuti. E’ un dubbio che sta attraversando anche noi italiani, in questi giorni: le trasformazioni debbono essere guidate, non esaltate a cose fatte. Un errore che anche noi ci ostiniamo a commettere. Per puro ritualismo simbolico e pigrizia mentale.





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