Giovanna AlbiDal confronto di Cernobbio (Co), tenutosi nei giorni scorsi, forte è apparsa in noi l’immagine una classe politica proveniente da una lunga fase di ‘personalismo’ o di ‘leaderismo’. Nessuna dottrina politica risulta chiaramente individuabile in termini di identità progettuale. Nemmeno da parte di Enrico Letta, che alterna ‘brandelli’ di cristianesimo-sociale, insieme a una forma di ‘keynesismo’ innestato quasi per caso. Non siamo più ai tempi delle ‘giravolte narcisiste’ di Matteo Renzi, con i suoi 'duelli rusticani', ma il Partito democratico non sembra riuscire a far propria quell’identità socialdemocratica rimodulata attraverso una serie di progetti ‘mirati’ e di riforme di struttura, da realizzare affrontando ogni singola questione con il ‘cacciavite riformista’, tanto per utilizzare una vecchia formula riformista ‘turatiana’. Ma anche gli altri leader di Partito presenti al cospetto del Forum Ambrosetti hanno dimostrato di non avere alcuna idea di ‘neocapitalismo’. E ciò è questione assai grave, poiché rende pienamente l’idea di una classe dirigente abituata a ragionare con strumenti ‘spuntati’ e senza un orizzonte condiviso. Giorgia Meloni, con la sua proposta di revisione del Pnrr (Piano nazionale di ripartenza e resilienza, ndr), pur nel lodevole tentativo di addentrarsi in un territorio contrattualista, ha tradito una visione ‘paternalistica’ che costringe i sudditi ad attendere che il leader operi scelte e decisioni esercitando un potere demagogico, benché ponderato e valutabile alla luce di riscontri oggi comunemente definiti ‘feedback’, secondo un orrendo forestierismo. Quella di Fratelli d’Italia rimane un’idea verticista e superata dell’agire politico, che tende a escludere, in realtà, la partecipazione popolare alle scelte. Al contrario, in democrazia essere liberi significa esercitare la libertà con le proprie forze, non secondo schematismi omologativi o di sistema. Prendendo in esame le teorie di Karl Popper, ci accorgiamo di come esse prendano le mosse da una sacrosanta umiltà di fondo nell’ammettere di non conoscere “il futuro della Storia”, per dirla con Karl Marx. Ecco perché la visione esposta dai nostri attuali leader diviene inevitabilmente falsa, poiché discendente da un’idea ‘chiusa’ di esercizio del potere. Non ci troviamo di fronte a formazioni politiche disperatamente aggrappate ad alcune ‘zattere ideologiche’ del passato. Ma ancora nessuno dei leader in campo riesce a elaborare un disegno limpido di ‘società aperta’, retta da istituzioni ‘autocorreggibili’, fondata su un esercizio responsabile della libertà, che sappia dialogare con le altre forze politiche e sociali secondo una logica di tolleranza. Insomma, anche le forze politiche che si autodefiniscono "democratiche", in realtà dimostrano di non chiarire attorno a quali princìpi la società dovrebbe regolarsi. E, a nostro parere, tali principi sono due: il ‘principio di massimizzazione della libertà’ e il ‘principio di differenza’. Intorno a tali valori, assolutamente laici, dovrebbe essere impostata una nuova dialettica in cui ciascun vantaggio o bene primario sia distribuito egualmente, a meno che una qualche ineguaglianza nella sua distribuzione non vada a vantaggio di chi è più svantaggiato. Quest’ultimo principio possiede una propria precisa categorizzazione dottrinaria nel campo del diritto. Si chiama: equità della norma. Oltre a ciò, si dovrebbe tener ben presente che nell’epoca contemporanea, la filosofia politica, oltre a occuparsi dello studio dello Stato inteso come centro del potere politico, analizza tutto ciò che riguarda la sfera pubblica. E, in tal senso, anche problemi di natura sociale secondo una laicità cosmopolita e sovranazionale, basata sul superamento di ogni struttura di potere centralizzato ed egemone, all'interno di un quadro concettuale laico e libertario. Un’etica della laicità solo apparentemente identificabile con l’idea di un'etica capitalistica. Al contrario, si tratta principalmente di un'etica del successo totalmente incentrata a vincere le elezioni politiche del prossimo 25 settembre, non a governare con ordine il Paese al fine di condurci verso una società aperta, laica e libertaria. Nulla di tutto questo s’intravede all’orizzonte, né rappresenta il fulcro di una riflessione comune, all’interno di una campagna elettorale improvvisata e, spesso, persino un po' bizzarra. Che Dio ce la mandi ‘buona’, prim’ancora che ‘bionda’.





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