Alcune considerazioni sul
video 'rilanciato' dalla leader di
Fratelli d’Italia, Giorgia Meloni: la
destra italiana può legittimamente governare il nostro Paese nell'ambito di una logica di
alternanza democratica, se comprende di dover abbandonare ogni
pregiudizio razziale o
razzista. Proponiamo tale rielaborazione in
un'ottica fatalista, che in genere ai
Partiti conservatori non dispiace: chiunque abbia abbracciato la
'malapianta ideologica' del
razzismo, ne ha sempre tratto
conseguenze storicamente disastrose. Il
colonialismo imperialista occidentale del XIX secolo, il
razzismo ideologico di Hitler, le origini stesse
dell'antisemitismo di sinistra e tutta la vicenda della
Repubblica sudafricana lo hanno dimostrato ampiamente.
Il razzismo ‘porta male’ a chiunque lo utilizzi come strumento ideologico o di lotta politica: prima le
destre se ne
libereranno e meglio sarà per tutti.
"E' una roba da biondi", disse una volta
‘qualcuno’. Inoltre, un reato è tale a prescindere, sia se chi lo commette è
guineiano o
slavo, sia che si tratti semplicemente di un
italiano. Un secondo
'paletto' lo debbiamo porre, invece, al leader della
Lega, Matteo Salvini: richiamarsi a un
ideale apologetico di
famiglia è un segnale di
staticità culturale. Cominciare a riflettere su un modello di
famiglia 'allargata' sarebbe già un piccolo, ma facile, passo in avanti, per approfondire i mutamenti in corso in questa particolare
'cellulla' sociale. Rinchiudersi in una
visione statica, benché comprensibile - ci sono persone che hanno vissuto esperienze di vita e di crescita
fortunate all'interno della propria famiglia - rimane un
errore. Meno grave del
razzismo, ma comunque
politicamente sbagliato, poiché si finisce col non accettare una serie di cambiamenti che non avvengono sulla spinta di una
conflittualità ideologica, bensì per
conto proprio. Il
mondo cambia
anche da solo. E il
sistema di sviluppo che si va applicando in un determinato momento storico si limita a
registrarlo, al fine di commercializzarlo attraverso
nuovi ‘modelli standard’. Tuttavia, ciò non provoca affatto le
trasformazioni: semplicemente, le strumentalizza per
finalità 'altre'. Quest'ultima cosa è
spiacevole, ma per lo meno tende a generare
nuove forme che vanno discusse, analizzate e interpretate, non
rifiutate a prescindere. Si tratta, cioè, di
"antitesi perennemente rinnovantesi", che dunque debbono andare a
sintesi con la
tesi originaria, in una
logica 'kantiana'. Se si blocca tale processo, s’interrompe la
millenaria corrente della Storia: quella
liberale. Insomma, anche il
modello della ‘famiglia ungherese’ è un'altra
'arma a doppio taglio', che premia solo apparentemente le forze che lo invocano, ma che alla lunga inducono
all'errore della mancata rielaborazione e al
ritardo culturale. Non si può
non capire nulla finché proprio
non crolla tutto, solo perché ci si trincera dietro un
‘modello chiuso’ di famiglia: bisogna
comprenderli prima, certi
mutamenti. Anche al fine di modificare in meglio gli italiani, in un'ottica di
civismo sociale. Altrimenti, finiremmo col reiterare quel
‘gallismo maschilista’, che è la vera causa di fondo dei gravi
‘femminicidi’ che si susseguono sempre più spesso e in forme sempre più efferate.
Anche le destre debbono cominciare a porsi certe problematiche e cercare di dare un proprio
contributo originale a questo delicato dibattito. Il
ritorno all'indietro 'sic et simpliciter' è un errore in sé, che produce ulteriori danni. Soprattutto, se letti in una
'chiave meta-politica’. Uscite dal
'labirinto', care
destre italiane, altrimenti
"non ce la farete", contrariamente a quanto affermato pochi giorni or sono dal presidente
Mario Draghi, che per una volta ci permettiamo di
smentire.
Direttore responsabile di www.laici.it