In
Italia, i
governi possono cadere persino a causa di uno
starnuto. Anche quando sono sostenuti da
ampie maggioranze e sono dotati, tecnicamente, della
fiducia parlamentare. Ha ragione, in fondo,
Giorgia Meloni: “Cambiando l’ordine degli addendi, il risultato non cambia”. E questa volta, non possiamo
darle torto, poiché ha colto il
punto centrale della questione. Per l’ennesima volta, ci siamo ritrovati di fronte a delle
‘scaramucce’, al consueto
gioco a distruggere, anziché
a costruire. Ormai da decenni, gli italiani attendono dalla nostra classe politica
“un qualcosa di completamente diverso” per dirla con i
Monty Python, andando regolarmente incontro a
profonde delusioni. E ciò a causa di un
ceto politico antropologicamente devastato. Quel che veramente dispiace è il non riuscire minimamente a far comprendere come il clamoroso
tracollo, avvenuto in
Italia con l’avvento della cosiddetta
‘seconda Repubblica’, abbia definitivamente travolto tutte le nostre
tradizioni culturali, valoriali e
democratiche in grado di rielaborare e proporre
progetti innovativi, ispirati da una
visione precisa di società. Cosa suggerisce, oggi, la formazione politica guidata dal
professor Giuseppe Conte, con i suoi
9 punti? Quali sono i suoi
riferimenti? Un
ambientalismo rozzo, che confonde un
inceneritore con un
termovalorizzatore? Un
mondo del lavoro di
‘freelance’, in cui ogni cosa potrà esser fatta
da remoto senza più
orari, regole e
controlli? Insomma, cosa intende proporre, oggi, il
Movimento 5 stelle? L’impressione rimane quella di una
‘falange spocchiosa’ di
piccolo borghesi, sempre pronti a
scagliare giudizi e
sentenze contro tutto e contro tutti. E’ esattamente questo il modo per
distruggere le istituzioni e le
procedure parlamentari: con
l’antipolitica dei
‘giustizialisti’; con la
maldestra supponenza di chi si dimostra incapace di elaborare un nuovo
‘linguaggio dei segni’; con l’arroganza di chi si è, già da tempo, gettato alle spalle ogni
etica del lavoro e della
produttività, al fine di inseguire forme di
reddito totalmente
sganciate dalle prestazioni. E appare clamoroso come non ci si accorga che, all’interno di un simile
‘populismo’, la questione di costruire una
società più equa e
più giusta non rappresenti più il
risarcimento dell’abnegazione lavorativa o della
devoluzione di sé, bensì il regno di un
egualitarismo ‘formale’ (“Uno vale uno”, ndr), dominato dalle legge delle
aspettative crescenti e dal
dogma della
rigidità delle retribuzioni verso il basso. Un’antipolitica che mescola
ideologismi ‘pararivoluzionari’ con forme di adesione ai
feticci più clamorosi della
società globalizzata, assiomi operaisti con
prestiti culturali di tutt’altro segno, che conducono a un
‘ribellismo’ puramente edonistico, che assume come proprio caposaldo teorico una richiesta esclusiva e forzata, dunque
non meritocratica, di nuovi
redditi monetari. In buona sostanza, il
Movimento 5 stelle oggi è divenuto parte integrante di quel sistema,
formalista e
classista, che ha sempre rappresentato l’esatto opposto di una
solida ‘politica dei redditi’ saldamente agganciata
all’offerta di lavoro. Un’incultura ‘piagnona’, specularmente in linea con un
‘sovranismo all’amatriciana’, incapace di comprendere che nei sistemi economici basati sulla circolazione di una
moneta ‘forte’ è la
determinazione del prezzo delle merci il
fulcro centrale dei
mercati. Così abbiamo, da una parte, una
domanda che
genera inflazione e, dall’altra,
un’offerta che, privata della possibilità di
svalutare la moneta, non è più in grado neanche di difendere i propri
extra-profitti differenziando la
produzione, al fine di produrre
nuova occupazione. L’unico
‘escamotage’ che conoscevano era basato sulla vecchia e debole
‘liretta’, la quale ha sempre prodotto soprattutto
‘export’, fregandosene altamente della
disoccupazione interna, se non attraverso incentivi, aiuti e sovvenzioni statali. Alla fine
“paga Pantalone”: questa è la morale di fondo. Una
quantità che appiattisce totalmente la
qualità, in un Paese potenzialmente in grado di
regolamentare nuovi mercati – a cominciare da quello della
‘canapa light’: un settore a cui, semplicemente, non si vuol dare
'sbocco' – stracolmo di
eccellenze storiche, artistiche e
culturali non appena si fa un buco per la strada per costruire una
metropolitana. Vi era un tempo in cui tutti erano in lotta contro le
ideologie; oggi, il dato che emerge è semplicemente la
paura delle idee. Le quali giungono di continuo, travolgendo sia le
destre, sia le
sinistre, fino a trasformare i
secoli in
decenni. Ma a prescindere da questo, è il
dato antropologico a preoccupare, poiché il dominio delle
barriere d’entrata e l’incapacità di volgere a nostro favore le
innovazioni tecnologiche, al fine di produrre
nuova occupazione, genera un
distacco abissale tra la
politica e la
società. Ancora oggi, non risulta compreso
l’episodio ‘fantozziano’ de
‘La corazzata Potemkin’: si ride per la battuta finale e per i
92 minuti di applausi, senza comprendere il significato di una
classe dirigente che assume il
dato critico per divertirsi ad
imporlo, con
dirigismo burocratico, a
dipendenti e
sottoposti, fingendosi
illuminati e
progressisti. Poco conta che si tratti di un film sul
massacro di Odessa e la fallita
rivoluzione russa del
1905: il dato
storico-culturale non serve a nessuno.
E’ lì, davanti agli occhi di tutti, ma si fa finta di
non vederlo. Non è affatto vero che i
diritti civili abbiano sostituito quelli
sociali: i
diritti civili sono gli unici che ancora
reggono il confronto con le
destre conservatrici e
‘revanchiste’. Il vero problema, invece, è il
rifiuto dell’analisi sociale, che rallenta l’introduzione delle
innovazioni digitali e la creazione di
nuove forme di occupazione. Le
‘influencer’ alla
Chiara Ferragni non nascono da sole. E sul punto preciso, esse hanno pienamente ragione:
stare sui social è diventato un lavoro. Ma anche in queste cose, i nostri politici sono sempre gli stessi, poiché malati di
propagandismo, a
destra come a
sinistra. E in tutto questo, gli italiani non trovano più alcun
riferimento, poiché vedono solamente
ipocrisia e
invidia sociale da un lato;
cinismo e
sterilità morale dall’altro.
E in mezzo non c’è nulla.
Direttore responsabile di www.laici.it