Salutiamo con affetto e profondo rammarico la scomparsa di
Jean Louis Trintignant, il grande attore francese divenuto indimenticabile, qui da noi, per aver interpretato la parte del
‘bravo ragazzo’ ne
‘Il sorpasso’ di
Dino Risi. Una pellicola che seppe ritrarre magnificamente, attraverso un ritmo filmico tutto
‘a singulti’, la
‘giornata tipo’ di uno dei tanti
parassiti che raccoglievano le briciole delle nuove modalità di vita imposte da una modernità un po’ vacua, canagliesca e, alla fin fine,
amarissima. L’occasione ci porta ancora una volta a riflettere su un settore artistico, quello del
cinema italiano, in cui le leggi del
successo e della
commercializzazione sono riuscite a imporre la
superficialità e
l’involgarimento. La nostra produzione cinematografica, in particolare, non è più quella dei
grandi Maestri, eccezion fatta, forse, per il solo
Paolo Sorrentino: l’unico, al momento, che intrattiene con la realtà italiana un rapporto non sovrastato dalle bronzee leggi degli
schematismi ideologici. In un Paese costantemente impegnato a dividersi tra
italiani di destra e
di sinistra, confondendo in tali
'calderoni indistinti' moltissime cose tra loro
differenti e, alle volte, addirittura
opposte, la conseguenza più devastante rimane quella di un
cinema che non è più la
grande industria artistica del passato, poiché ha letteralmente abdicato al proprio ruolo di mediazione tra
cultura popolare e
scienze sociali. Ai tempi de
‘Il sorpasso’, il nostro Paese era una
potenza cinematografica mondiale, seconda solamente agli
Stati Uniti, bagnando sempre e regolarmente il
‘naso’ proprio ai
cugini francesi, che con i loro
‘tempi morti’ hanno sempre presentato una realtà sociale indubbiamente
più sincera rispetto alla nostra, ma assai
meno ‘allegra’ nel riportare
contraddizioni e
stravaganze. Ecco perché abbiamo spesso potuto ammirare ottimi attori, come per l’appunto
Jean Louis Trintignant, venire a lavorare qui da noi, in un interscambio positivo con un Paese, la
Francia, che rimane il nostro punto di riferimento culturale più prossimo. L’avvento della
televisione commerciale ha poi fatto il resto, relegando il nostro cinema in produzioni sempre più
grigie e
prive d’identità, in cui gli attori recitano
‘sottovoce’ per non far troppo comprendere al grande pubblico i profondi limiti delle
generazioni attoriali più giovani. Non si vedono
grandi talenti all’orizzonte, nel cinema italiano. Nessuno che assomigli, neanche da lontano, a quei due
‘scavezzacollo’ dei
primi anni ’60 del secolo scorso, come invece seppero fare
Vittorio Gassman e
Jean Louis Trintignant. E’ vero: alcuni nostri
grandi Maestri sono venuti a mancare. A cominciare da
Dino Risi ed
Ettore Scola, cioé proprio i due registi che seppero utilizzare al meglio il talento versatile e garbato di
Trintignant. Tuttavia, in attesa che gli
Avati e i
Nanni Moretti ritrovino la loro
vena migliore, sembra quasi che tutto sia fermo. Indubbiamente, due anni di
pandemia hanno pesato anche in questo settore, un tempo assai rigoglioso. In ogni caso, il futuro del nostro cinema e delle numerose
produzioni italo/francesi di un tempo, appaiono sempre più
‘appese a un filo’, come se si fosse in attesa di qualcuno che non si è ancora palesato all’orizzonte. Nel frattempo, non ci resta che salutare, non senza
rimpianti, personalità artistiche strutturate e artisticamente ben forgiate, come per l'appunto quella di
Jean Louis Trintignant.