Valentina UghettoA Palazzo Ferrajoli, in Roma, è stato di recente celebrato il 30esimo anniversario delle relazioni diplomatiche tra la Georgia e la Santa Sede. Ha introdotto la giornata di incontri la principessa Khétévane Bagration de Moukhrani, ambasciatrice della Georgia presso lo Stato vaticano e ministro plenipotenziario, assistita dal consigliere di ambasciata, Sofia Kartsivadze e dall'assistente, Irina Sarishvili. Erano ovviamente presenti molti illustri invitati e rappresentanti delle nazioni presso la Santa Sede, al fine di favorire una “cultura dell’incontro”. Era inoltre presente, a pieno titolo, anche il figlio della principessa di Georgia: il console onorario Lelio Nicòlo Orsini D’Aragona. Infine, non poteva mancare, in una sorta di abbinamento identitario, la rappresentante dell’8 Millenium B. V., Tamar Tchitchiboshvili, sommelier e imprenditrice che esporta vino dal sud della Georgia in tutto il mondo, per i palati più sensibili. Il vino georgiano, infatti, ha una storia longeva, forse tra le più antiche della Terra, col suo prezioso sapore inconfondibile, riposato non in botti di legno bensì di terracotta: i ‘qvevri’. Si tratta di anfore originarie con più di 8 mila anni di tradizione, tanto da aver indotto una delegazione di studiosi italiani ed europei a recarsi, quest’anno, in missione sul posto, al fine di studiarne il ritrovamento. L’occasione ha dato modo alla rappresentanza georgiana di far conoscere l’artista Tamar Maglaperidze-Dadeshgeliani, pittrice sul vino, proprio in quei giorni in esposizione con la mostra ‘Wine Colors’ presso il Palazzo della Cancelleria Apostolica, in piazza della Cancelleria. La pittrice dipinge prevalentemente col vino e tiene dei corsi di Masterclass in vari Paesi del mondo, finalizzati a far conoscere le proprietà della pigmentazione su carta del vino georgiano. L'artista Tamar Maglaperidze-Dadeshqueliani insegna cioè a comunicare, tracciando sulla carta la storia del vino georgiano e delle sue anfore di coccio. Un fenomeno di grande comunicazione, che ha attratto molto pubblico. Ecco l’intervista che ci ha gentilmente rilasciato a margine della giornata di celebrazioni.

Tamar Maglaperidze-Dadeshgeliani, partiamo dagli esordi che l’hanno portata a dipingere col vino: da dove è nata l’idea di questa sua mostra, ‘Wine Colors" ?
“Qualche anno fa, a Khaketi, viaggiando nel sud della Georgia per selezionare vini e visitare le varie case vinicole, è scaturita un’idea diversa dal solito: quella di realizzare con il vino una forma di arte e cultura”.

Oltre a essere uno dei vini più antichi della Storia, quello georgiano cosa rappresenta?
“I vini georgiani hanno una struttura intensa, sia il bianco, sia il rosso, che riescono a far presa su una carta porosa. Non si sa quanto durerà il dipinto, poiché è naturale, senza fissanti. La sua compostezza appare quella di un ‘acquarello’. Grazie alla purezza del vino, senza mischiarlo e mantenendo sempre lo stesso bicchiere, si esaltano gli stessi pigmenti e si possono ottenere tantissime sfumature di colori. Gli aspetti culturali del vino sono molteplici e l’idea di utilizzarlo per raccontare la sua storia è davvero molto significativa e poetica. Alcuni quadri, infatti, descrivono degli usi tipicamente georgiani. C’è un quadro, in particolare, che rappresenta Tamanda: una figura mitologica che, negli anniversari, diventa il piacere di ritrovarsi per ricordare un evento tutti insieme. Il vino diventa, insomma, elemento di incontro e di reciproca attenzione. Si sceglie, per questo, una persona ‘Tamanda’: questa siederà a capotavola e si occuperà che la serata sia la più piacevole e unificante possibile per gli ospiti, persino dopo un funerale, organizzando i vari ‘tost’, ovvero il brindisi”.

È così che ha realizzato, presso le case vinicole, delle Masterclass? Per insegnare il dipinto col vino?
“Sì, è così. Mi piace molto fare conoscere questo prodotto, così unico in tutti i sensi, anche per l’arte: solo il vino georgiano facilita un colore con così varie declinazioni di sfumature. Molti imprenditori italiani ed europei sono rimasti felici di questa mia realizzazione e sono partiti per la Georgia, al fine di scoprire dei lavori realizzati con la maestria originaria: un bel modo di rivisitare l’uso del vino e di renderlo noto attraverso un ‘sentire’ decisamente diverso. Non è un caso che l’Unesco tuteli la produzione dei vini georgiani in ‘qvevri’, avendoli inseriti nella lista dei ‘Patrimoni culturali intangibili dell’umanità’. Un ponte culturale, quello dei ‘qvevri’, che ho recentemente presentato anche a Firenze, il 4 e 5 giugno scorso. Un vero e proprio simbolo di tradizioni secolari, che garantiscono un trattamento assolutamente naturale. In questo modo, si descrivono anche le caratteristiche ‘varietali’ del vino. Ovvero: i vari vitigni di provenienza e le sue diverse annate”.





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