Figuriamoci se
Alessandro Orsini, ospite nei giorni scorsi a
‘Cartabianca’ dalla
Berlinguer, non tirava una
'bordata' contro la
Farnesina. Secondo lui, il piano di pace presentato
dall’Italia andava consegnato dalla nostra diplomazia prima di tutto ai russi, anziché anticiparne i contenuti alle
Nazioni Unite. Le quali, di certo non potevano
‘cadere dal pero’ in merito all’iniziativa: ma questo qui, dove caspita le va a prendere certe idee? E’ lui a essere la prima vittima di una strana
‘sindrome di Stoccolma’ nei confronti della
Federazione russa. Ma ci sono anche le
‘goccette’, se si soffre di depressione ansiogena: provasse a prenderle, il
professor Orsini, così magari evita di teorizzare il
panico, spacciandolo per competenza geopolitica. In secondo luogo, un piano di pace si presenta anche per
rompere il ‘ghiaccio’ tra due forze belligeranti e cominciare a misurare le distanze tra le varie posizioni. Anche quando le tempistiche sono
calcolate ‘male’ o a grandi linee. Alcune guerre del passato hanno visto un primo armistizio dopo anni: siamo noi quelli che continuiamo a ragionare secondo le tempistiche della
propaganda, anziché avere l’umiltà di apprendere quelle tipicamente militari. Oltre a tutti questi errori, in questi giorni il
professor Orsini non ha mai parlato della
'botta' che i russi hanno preso sul
fiume Severskij la settimana scorsa. Oppure del fatto che, avanzando di soli
3 chilometri al giorno, non solo essi non riescono a chiudere le forze ucraine dentro a una
‘sacca’ - a causa del loro pachidermico sistema logistico - ma stanno
'sfarinando' i battaglioni meccanizzati alla ricerca di un passaggio lungo tutto il fronte. Un varco che, al momento, ancora non sono riusciti a trovare. E la
‘mini-sacca’ chiusa di recente nel
Donbass, in realtà è frutto di un riposizionamento delle
forze ucraine. In sostanza, la
Russia ha guadagnato del territorio, ma ha fatto pochissimi
prigionieri. E in una guerra di posizione, quando il nemico si ritira di solito si riorganizza su un fronte più solido, poiché compatta le forze evitando di lasciarsi intrappolare nelle
‘appendici’ territoriali. Quindi, era tutto sommato corretto presentare una prima
‘bozza’ per un
cessate il fuoco. E sarebbe anche il caso che
Vladimir Putin cominciasse a pensare di
fermarsi, perché per riuscire a ottenere qualcosa in più, da adesso in poi rischia una costosissima
guerra di logoramento. Costosissima, sia dal punto di vista economico-finanziario, sia in termini di uomini. Tornando al
professor Orsini, egli continua ad affermare che tutti gli altri siano dei
dilettanti, quando quello che commette degli evidenti errori di
ingenuità, spesso e volentieri è proprio lui. Ma è proprio impossibile chiedere alla
televisione italiana di rivedere questa ormai obsoleta
formula del ‘talk show’? Perché non si riesce a comprendere che mettere
sullo stesso piano i
fatti con le
opinioni ‘astratte’ significa continuare a replicare lo stesso errore già commesso durante la
pandemia? Noi non crediamo che il settore dell’informazione italiana sia composto da
imbecilli. Quindi, lo si sta facendo
appositamente, per creare spettacolarizzazione e ottenere più audience. Anche l’informazione relativa alla cosiddetta
‘guerra del grano’ continua a essere infarcita da previsioni funeste:
carestie, invasioni di cavallette, migranti a milioni e chi più ne ha, più ne metta. Certo: se si
‘spara’ su
Twitter che si sta cercando un modo per arrivare a un
porto croato, è chiaro che i
russi si allertino. E in tal senso, bene ha fatto il
premier Draghi a contattare, nei giorni scorsi, il
Cremlino, al fine di evitare che proprio la
Russia venisse giudicata dal resto del mondo come un
Paese di ricattatori. Al momento, il problema principale è quello di evitare di buttar via migliaia di
tonnellate di grano, lasciandole andare
‘in malora’. E le soluzioni alternative ci sono, dato che non esistono solamente i treni e che
l'Ucraina ha uno
‘scarto’ ferroviario più largo del nostro. Ci sono anche i
fiumi, per esempio: si potrebbe far risalire le derrate tramite il
Danubio, attraverso i
porti fluviali di
Romania e
Bulgaria; oppure, passando per la
Polonia, al fine di arrivare fino al porto di
Danzica; oppure ancora a quelli della
Lituania. E nel fare tutto questo c’è la cooperazione di tutto il mondo: persino la
Cina sarebbe disposta a dare una mano, dato che anche loro, benché non lo dicano espressamente, hanno compreso che
Putin ha generato un
‘casino assurdo’ per riuscire a prendersi
4 case e un forno. Infine, c'è sempre la
Turchia, che è comunque un Paese membro della
Nato. Tutta questa
‘narrativa’ pro-Putin intendeva solamente proseguire una
guerra di propaganda che ormai conosciamo. Una polemica condita da
giudizi astratti e
superati, che lasciano attoniti per
l’eccessivo tasso ideologico utilizzato. Uno scontro frutto di una
strana nostalgia nei confronti del
nazionalismo ‘novecentesco’, che rischia di far precipitare la
Russia verso il
disastro economico: non basteranno le
‘magie’ sul rublo per riuscire a mantenere alto il potere d'acquisto della moneta sui mercati interni. Non basteranno. E la
Federazione russa rischia
l’implosione. Possibile non dica niente a nessuno il fatto che persino
Giorgia Meloni si sia riposizionata su
posizioni atlantiste? Possibile si continui a non capire in quale
‘trappola’ si siano nuovamente
‘cacciati’ sovranisti, fideisti e suprematisti? Solamente alla fine ci si renderà conto di aver innescato un processo di
‘auto-evirazione’? Quando sarà ormai troppo tardi? Siamo di fronte a un
nichilismo autodistruttivo, che ha solamente evidenziato la crisi in cui si stanno dibattendo
manicheismi e
integralismi, colpevoli di diffondere una
sfiducia a dir poco plumbea nei confronti dell’intera umanità. Tutto quel che si è fatto per
vaccinare milioni di persone in questi ultimi due anni ha rappresentato un’impresa a dir poco
‘titanica’: non basta il
‘dileggio’ o un certo
‘spirito di patate’ per minimizzarne la portata. Così come non basta limitarsi a
lanciare uno slogan per fare
politica estera, poiché si rischia solamente di
rafforzare gli avversari. Il gioco lo si è ormai compreso: si è tentata
un’offensiva assolutista e
nichilista, da
teorici del complotto. Anzi, da veri e propri
‘cazzàri’ patologici. Un’offensiva che ha tentato di strumentalizzare
ogni ‘straccio’ di fatto, ogni evento, qualsiasi cosa, accelerando e trascinando verso la sconfitta un
utilizzo scellerato di mezzi e
tecnologie, attuato al solo e unico scopo di imporre quella
“rivoluzione reazionaria” che ha sempre rappresentato, sin dai tempi della
scuola di Francoforte, nulla di più che una
mera contraddizione in termini.
(articolo tratto dalla rubrica settimanale Giustappunto! pubblicata su www.gaiaitalia.com)