La vittoria nella prima edizione della
Conference League da parte
dell’associazione sportiva Roma potrà sembrare un obiettivo di
secondo piano, rispetto
all’Europa League vera e propria. Per non parlare della
Champion’s. Ma si tratta, comunque, di una
competizione internazionale. E avere in bacheca questo nuovo trofeo continentale segnala, in realtà, l’esistenza di una
scuola di calcio europeo di
‘seconda fascia’. Non si legga quest’affermazione come un concetto
dispregiativo: il fatto che la
Roma sia la prima squadra europea ad aver vinto la
Conference League indica, in realtà, che la capitale d’Italia è ancora una
metropoli vivace, dotata di una propria
vitalità. E che almeno
due calci al pallone li sappiamo dare. La
Roma aveva già vinto, nei primi
anni ’60 del secolo scorso, la
Coppa delle Fiere, che poi divenne
Coppa Uefa, oggi a sua volta trasformatasi in una competizione a gironi denominata
‘Europa League’. Quindi, tecnicamente si può affermare che
l’associazione sportiva Roma aveva già vinto, in passato, un’edizione della
Coppa Uefa, anche se basata su una
formula diversa, cioè a
eliminazione, con competizioni di andata e ritorno. Ma questo elemento di
internazionalità o di
buona competitività continentale ribadisce una caratteristica di energia, di
‘forza specifica’ della
squadra giallorossa e della sua
tifoseria. E’ fuor di discussione che ai tempi di
Paulo Roberto Falcao, quando la
Roma sfiorò la vittoria in
Champion’s League dopo una sfortunata finale - giuocata, tra l’altro, nel proprio stadio di casa – questa predisposizione avesse segnalato una
realtà capitolina che voleva - e che vorrebbe ancora oggi - entrare a far parte dei
club di
‘prima fascia’: quella del
Real Madrid, del
Barcellona, del
Liverpool, dell’Ajax, del
Milan e
dell’Internazionale di Milano. Ma ciò significa anche un’altra cosa: la
Roma è la squadra di una
capitale dell’Europa meridionale che, ogni tanto, segnala la propria presenza nelle
competizioni continentali. E non si tratta di un
‘brutto dato’, anche alla luce dei suoi numerosi
problemi. Le vittorie della
Roma, insomma, avvengono
a ‘sprazzi’, in
annate più fortunate di altre, poiché l’altra faccia di questa
‘intermittenza’ è quella di una metropoli non del tutto
stabile sotto il profilo socioeconomico. Vincere a
Roma non è affatto facile. Ma dagli
anni ’60 del secolo scorso sino a oggi, la squadra
‘giallorossa’ ha dimostrato una lenta, ma inesorabile, crescita, pur tra alti e bassi. Insomma, la
Roma calcio non è un club blasonatissimo, ma è comunque in grado di perseguire, periodicamente, degli
obiettivi di lunga lena. Quel che scoraggia è questo suo vivere sulle
montagne russe, nell’adagiarsi su una mentalità pigramente
amministrativa, burocratica, impiegatizia. Eppure, certe caratteristiche, come per esempio il suo
ricco vivaio giovanile, che ha donato
all’Italia molti talenti sportivi, come
Bruno Conti, Agostino Di Bartolomei, Francesco Totti e
Carlo Ancelotti, dimostrano una base strutturale che non sarebbe affatto disistimabile.
Roma non è quella città di
medio-basso livello come, per lunghe fasi, essa appare agli occhi di molti. E i
romani sono persone che conoscono il
‘fatto loro’: sanno come si ottengono i
successi o come si potrebbero raggiungere. E’ la
continuità, ciò che le manca realmente: ovvero, la
costanza e la
coerenza nel perseguirli. Nel campionato italiano, la
Roma ha conseguito
3 titoli nazionali, numerosi
secondi e
terzi posti, collezionando storicamente
ottimi piazzamenti. Ed è, ancora oggi, una delle poche compagini che militano da sempre in
serie A: soltanto una volta le capitò di finire in
‘cadetteria’, ma subito si riscattò vincendo il campionato di
serie B. Solamente
l’Inter e la
Juventus hanno saputo far di meglio nel mantenersi ai più alti livelli. Insomma, sarà pur vero che
a Roma non funziona niente, nemmeno se prendi certa gente a
fucilate. Ma quando si tratta di
pallone, almeno in questo noi romani ci difendiamo. In ogni caso, sincere congratulazioni ai ragazzi
dell’associazione sportiva Roma. E un ringraziamento particolare a
José Mourinho, che è riuscito a portare un po’ di sana
razionalità in una capitale troppo spesso
‘tutta cuore’ e
niente cervello.