Giuseppe LorinLa vittoria nella prima edizione della Conference League da parte dell’associazione sportiva Roma potrà sembrare un obiettivo di secondo piano, rispetto all’Europa League vera e propria. Per non parlare della Champion’s. Ma si tratta, comunque, di una competizione internazionale. E avere in bacheca questo nuovo trofeo continentale segnala, in realtà, l’esistenza di una scuola di calcio europeo di ‘seconda fascia’. Non si legga quest’affermazione come un concetto dispregiativo: il fatto che la Roma sia la prima squadra europea ad aver vinto la Conference League indica, in realtà, che la capitale d’Italia è ancora una metropoli vivace, dotata di una propria vitalità. E che almeno due calci al pallone li sappiamo dare. La Roma aveva già vinto, nei primi anni ’60 del secolo scorso, la Coppa delle Fiere, che poi divenne Coppa Uefa, oggi a sua volta trasformatasi in una competizione a gironi denominata ‘Europa League’. Quindi, tecnicamente si può affermare che l’associazione sportiva Roma aveva già vinto, in passato, un’edizione della Coppa Uefa, anche se basata su una formula diversa, cioè a eliminazione, con competizioni di andata e ritorno. Ma questo elemento di internazionalità o di buona competitività continentale ribadisce una caratteristica di energia, di ‘forza specifica’ della squadra giallorossa e della sua tifoseria. E’ fuor di discussione che ai tempi di Paulo Roberto Falcao, quando la Roma sfiorò la vittoria in Champion’s League dopo una sfortunata finale - giuocata, tra l’altro, nel proprio stadio di casa – questa predisposizione avesse segnalato una realtà capitolina che voleva - e che vorrebbe ancora oggi - entrare a far parte dei club di ‘prima fascia’: quella del Real Madrid, del Barcellona, del Liverpool, dell’Ajax, del Milan e dell’Internazionale di Milano. Ma ciò significa anche un’altra cosa: la Roma è la squadra di una capitale dell’Europa meridionale che, ogni tanto, segnala la propria presenza nelle competizioni continentali. E non si tratta di un ‘brutto dato’, anche alla luce dei suoi numerosi problemi. Le vittorie della Roma, insomma, avvengono a ‘sprazzi’, in annate più fortunate di altre, poiché l’altra faccia di questa ‘intermittenza’ è quella di una metropoli non del tutto stabile sotto il profilo socioeconomico. Vincere a Roma non è affatto facile. Ma dagli anni ’60 del secolo scorso sino a oggi, la squadra ‘giallorossa’ ha dimostrato una lenta, ma inesorabile, crescita, pur tra alti e bassi. Insomma, la Roma calcio non è un club blasonatissimo, ma è comunque in grado di perseguire, periodicamente, degli obiettivi di lunga lena. Quel che scoraggia è questo suo vivere sulle montagne russe, nell’adagiarsi su una mentalità pigramente amministrativa, burocratica, impiegatizia. Eppure, certe caratteristiche, come per esempio il suo ricco vivaio giovanile, che ha donato all’Italia molti talenti sportivi, come Bruno Conti, Agostino Di Bartolomei, Francesco Totti e Carlo Ancelotti, dimostrano una base strutturale che non sarebbe affatto disistimabile. Roma non è quella città di medio-basso livello come, per lunghe fasi, essa appare agli occhi di molti. E i romani sono persone che conoscono il ‘fatto loro’: sanno come si ottengono i successi o come si potrebbero raggiungere. E’ la continuità, ciò che le manca realmente: ovvero, la costanza e la coerenza nel perseguirli. Nel campionato italiano, la Roma ha conseguito 3 titoli nazionali, numerosi secondi e terzi posti, collezionando storicamente ottimi piazzamenti. Ed è, ancora oggi, una delle poche compagini che militano da sempre in serie A: soltanto una volta le capitò di finire in ‘cadetteria’, ma subito si riscattò vincendo il campionato di serie B. Solamente l’Inter e la Juventus hanno saputo far di meglio nel mantenersi ai più alti livelli. Insomma, sarà pur vero che a Roma non funziona niente, nemmeno se prendi certa gente a fucilate. Ma quando si tratta di pallone, almeno in questo noi romani ci difendiamo. In ogni caso, sincere congratulazioni ai ragazzi dell’associazione sportiva Roma. E un ringraziamento particolare a José Mourinho, che è riuscito a portare un po’ di sana razionalità in una capitale troppo spesso ‘tutta cuore’ e niente cervello.





Lascia il tuo commento

Nessun commento presente in archivio