Valentina UghettoLa città di Ascoli Piceno, fino al 30 settembre 2022 offre l’occasione per entrare nel merito di come nascano quelle passioni che uniscono le generazioni e creano amicizie dai legami d’animo molto profondi. “Le opere d'arte, inermi nella loro fragilità, sono come le persone”, spiega il professor Vittorio Sgarbi, “sono come donne e bambini, perché nella materia tramandano l'anima degli artisti che in esse continuano a vivere. Inoltre”, prosegue mentre stiamo entrando nella sala dei ricordi più famigliari, “nella casa di Ro Ferrarese le opere disposte, o semplicemente posate, appese, adagiate, sono parte della nostra famiglia. Ci parlano e ci guardano crescere da anni, e noi le guardiamo da anni”. ‘Palazzo dei Capitani del Popolo’ raccoglie non solo una veduta di opere mirabili lungo quattro secoli, ma anche quell’intimo legame che unisce una famiglia e che svela il suo rapporto più profondo fra tutti i suoi componenti: ‘vivere il bello’ e salvarlo attraverso l’acquisto o lo studio approfondito. Ogni stanza è colorata con un tema diverso: sacro, mitologico e allegorico del Sei e Settecento. Un bellissimo ‘tuffo’ tra dipinti e sculture a partire dal XV fino al XIX secolo, che si conclude mirabilmente con un pittore del Novecento che, come i più grandi, dialoga con gli antichi: Giorgio Morandi, la cui opera esprime il mondo, sebbene egli abbia trascorso quasi tutta la sua esistenza ritirato tra le mura domestiche. È una carezza non solo allo sguardo, quell’intesa familiare che si respira in questa mostra, ma anche all’anima. Vittorio Sgarbi si racconta intimamente proprio con la sua collezione e gli oggetti d’arte: i libri editi da Elisabetta, la bravissima sorella, regista ed editrice; le critiche firmate o registrate dal padre Giuseppe; infine, un pensiero ancora molto vicino dedicato alla madre, Rina Cavallini Sgarbi, cardine della famiglia e della sua tradizione mirabile. Una collezione privata, scaturita dall’appassionata ‘caccia amorosa’ di Vittorio Sgarbi in complicità con la madre, "la Rina" per noi tutti, a cui commissionava le opere in numerose aste tenutesi sul mercato antiquario internazionale. Un’attività quasi febbrile, ricordata dal critico e grandissimo storico dell’arte con queste parole: “Si fece prolungamento del mio pensiero e della mia vita. Io indicavo il nome di un’artista, il luogo, la casa d’aste. E lei, puntuale, prendeva la mira e colpiva”. Una famiglia unita dal gusto per la vita, di cui la mostra prende il nome: ‘La ricerca della bellezza’. La sorella, Elisabetta Sgarbi, è una figura di spessore, sempre presente nella vita del critico come il fiume che scorre vicino alla loro casa di Ro (Fe), sostenendo le iniziative culturali del fratello. Di questa mostra, Vittorio Sgarbi ha una visione chiara: “Nasce l’idea di una grande collezione che si farà Fondazione, per legare il mio nome e quello di mia madre non a un sogno o alle carte di uno scrittore e di un critico d’arte, che affida i suoi pensieri e le sue parole a un saggio o a un libro, ma al corpo fisico delle opere, perché sorridano dalle pareti così come fu - e ancora sarà - nella nostra casa di Ro, vicino al fiume che scorre lento e tranquillo come fu la vita di mio padre, che ai suoi trent’anni, nel 1951, lo ha visto rabbioso e furente, per poi placarsi ed essere contenuto da possenti argini, come è stato durante tutta la mia vita. E’ irruente, continua, ininterrotta, con allarmi rari nei decenni, come quando si alza e minaccia di straripare la potenza pura e grandiosa che esprime il Po. Lo ha seguito fino al delta l’occhio prodigioso di mia sorella, che ha ripercorso, per il cinema, le strade di mio padre e di mio zio, pescatori nelle lunghe domeniche d’estate. Mia madre”, prosegue Elisabetta, “complice di mio fratello prima, di me stessa poi, ha reso la casa di Ro Ferrarese – paese remoto sotto l’argine del Po – il centro di un mondo complesso e variegato, via vai di una teoria di personalità che hanno segnato la cultura italiana e non solo dagli anni settanta sino ai giorni nostri. E i quarant’anni di collezionismo vorace, rappresentati in queste ottanta opere in mostra, sono l’anima della nostra casa. Un’anima”, conclude Elisabetta Sgarbi, “che varca le mura fisiche, per tornare alla sua vera casa, che è il mondo”. Le risorse messe in campo per sostenere questo prestigioso progetto derivano dal sostegno della Fondazione Carisap, in particolare nella figura di Angelo Davide Galeati, che ne è il presidente. L’iniziativa si avvale, inoltre, del contributo di Regione Marche e del Comune di Ascoli Piceno, oltre che di Bim Tronto e della Camera di commercio delle Marche. Parla Luigi Contisciani, presidente del consorzio Bim Tronto: “Se l’arte, in ogni sua manifestazione, rimane la più alta espressione umana di libertà, specialmente di questi tempi così difficili, essa diviene risorsa imprescindibile per l’educazione e la crescita di ogni cittadino”. La mostra è realizzata in collaborazione con la Fondazione Cavallini Sgarbi, la Fondazione Elisabetta Sgarbi e l’associazione ‘Culturalmente Insieme’, mentre la direzione artistica è a cura di ‘Contemplazioni’. Ci prende per mano, Vittorio Sgarbi. E ci porta a vedere con i nostri occhi le terrecotte di Matteo Civitali e Agostino de Fundulis e una straordinaria raccolta di preziosi dipinti, perlopiù su tavola, eseguiti tra la fine del Quattrocento e gli inizi del Cinquecento; ai pittori nati o attivi a FerraraBoccaccio Boccaccino, Francesco Zaganelli, Giovanni Battista Benvenuti detto l’Ortolano, Nicolò Pisano, Benvenuto Tisi detto il Garofalo – si affiancano autori rari come Liberale da Verona, Jacopo da Valenza, Antonio da Crevalcore, Giovanni Agostino da Lodi, Johannes Hispanus, Bartolomeo di David, Lambert Sustris. Il focus sulla ‘scuola ferrarese’ prosegue agli inizi del XVII secolo, con i dipinti di Sebastiano Filippi detto il Bastianino, Ippolito Scarsella detto lo Scarsellino, Giuseppe Caletti e Carlo Bononi. Contestualmente, si potranno ammirare riconosciuti capolavori della pittura italiana del Seicento, tra i quali conviene citare almeno la 'Maddalena scortata dagli angeli' di Pier Francesco Mazzucchelli detto Morazzone, l’Allegoria del tempo (La vita umana) di Guido Cagnacci, il San Girolamo di Jusepe Ribera e il ‘Ritratto di Francesco Righetti’ di Giovanni Francesco Barbieri detto il Guercino. Quest’ultimo dipinto – “rientrato a casa” nel 2004, dopo esser stato esposto per anni al Kimbell Art Museum di Fort Worth, in Texas – si pone al vertice di una straordinaria galleria di ritratti, che compendia lo sviluppo del genere dall’inizio del Cinquecento sino alla fine dell’Ottocento, tra pittura e scultura, da Lorenzo Lotto a Francesco Hayez, con specialisti quali Bartolomeo Passerotti, Nicolas Régnier, Philippe de Champaigne, Giovan Battista Gaulli detto il Baciccio, Enrico Merengo, Ferdinand Voet. Circondato da tutto il suo ‘tesoro’, il professor Vittorio Sgarbi alla fine ci saluta dicendo: “La caccia ai quadri non ha regole, non ha obiettivi, non ha approdi. Essa è imprevedibile: non si trova quello che si cerca e si cerca quello che si trova. Talvolta, molto oltre il desiderio e le aspettative”.





Lascia il tuo commento

Nessun commento presente in archivio