Da una parte, possiamo tirare un
sospiro di sollievo, per la conferma di
Emmanuel Macron alla carica di
presidente della Repubblica francese. Ma dall’altra, siamo costretti a osservare meglio cosa significhi una
destra sovranista che ottiene più del
40% dei voti espressi alle
elezioni presidenziali di
Oltralpe. Abbiamo un
ospite indesiderato, il
sovranismo nichilista e populista, che si aggira in maniera inquietante nella nostra casa:
l’Unione europea. Un ospite che non va messo
alla porta, bensì guardato bene negli occhi e affrontato con coraggio, affinché comprenda di trovarsi innanzi a un
bivio, a prescindere se sia ideologicamente orientato a
destra o a
sinistra. O il
sovranismo ideologico comincia a comprendere di doversi liberare dalle proprie
pulsioni irrazionaliste e cominciare a
raffinare le proprie posizioni, oppure egli potrà unicamente rappresentare il
fallimento dell’intera nostra società presa nel suo complesso. Che è poi il fallimento di un
liberalismo ridotto a mero
utilitarismo, a un
saper 'far di conto', ad
addizionare le esperienze anziché
porle in rapporto tra loro, secondo
un’equazione di equilibrio culturale, filosofico e, financo,
politico. In buona sostanza, il
sovranismo populista è il chiaro sintomo della crisi del nostro
sistema economico, produttivo e di
valori il quale, con piena evidenza, è giunto al suo
‘punto-limite’ di
tenuta. Se ci limiteremo a ignorare questa
presenza inquietante, sarà solo una questione di tempo: tutto l’edificio pensato e costruito a
Ventotene è destinato al
declino. Pertanto, bisogna decidersi a comprendere cosa produca questa
sostanziale ‘indifferenza’ verso la
democrazia e le sue procedure. E ci sono
due questioni molto chiare in tutto questo: da una parte, il nostro
modello educativo e di istruzione, che
non vale più niente, perché quando non si riesce a produrre alcuna
‘meritocrazia’ non può esserci alcun tipo di
progresso; in secondo luogo, l’assetto interno alle nostre
realtà familiari, in cui si preferisce regalare ai propri figli un
videogioco anziché un
sano libro da leggere, anche fosse il
compassionevole ‘Cuore’ di
Edmondo De Amicis dei nostri tempi andati. Ma è ovvio che, oltre alla
famiglia, a
non funzionare affatto, all’interno del nostro
modello sociale, sia innanzitutto il
sistema educativo e d’istruzione, con una docenza prescelta tramite dei
concorsi che non contemplano minimamente una valutazone circa la
personalità e
l’empatia di un
professore. Senza docenti realmente
carismatici ed
empatici, in grado di
stimolare interessi e sane
passioni nelle
generazioni più giovani, siamo destinati ad avere a che fare solo e unicamente con
‘zucche vuote’. E per essere
docenti empatici e
moderni, bisogna saper distinguere le
distinte intelligenze dei nostri ragazzi, per comprendere realmente chi siano e quale possa essere il loro destino. Tutto questo, se collegato a un
sistema produttivo dominato da uno
sviluppo tecnologico funzionale unicamente a se stesso, completa un
‘quadro horror’ connotato da una
scarsa risposta occupazionale. Ma se lasciamo fare tutto alle
‘macchine’ non servono
nuovi posti di lavoro. Ed ecco perché le nuove forme di contestazione del sistema, di
destra o di
sinistra che siano, riescono a cogliere almeno un punto della questione che, seppur schiacciato su un
materialismo estremista, privo di retroterra storico e posto all’interno di un assurdo
‘presente assoluto’, solleva la questione di un
“falso progresso”, per dirla con
Pasolini, totalmente appiattito su forme di
modernismo e di
positivismo passivo. Servono
culture di accompagnamento, che chiariscano come ci si possa
far valere nel modo giusto all’interno della nostra società. Manca, dunque,
un’analisi sociale: ovvero, un nuovo modello di
socialismo. E se non prenderemo atto di tale lacuna, i primi a rivelarsi
indifferenti, i primi
‘menefreghisti’ lo diventeremo proprio noi
laici e
riformisti, non le
forze sovraniste. Noi li ricordiamo i primi dibattiti sul
declino della natalità, in
Italia: risalgono agli
anni ’80 del secolo scorso, quando
l’Istat ci disse che il nostro
nucleo familiare ‘medio’ era, già allora, composto unicamente da
un padre, una madre e
un unico figlio. Una discussione in cui le
destre erano totalmente
assenti e in
ben altre faccende ‘affaccendate’, dato che siamo sempre bravissimi a consentire loro di raccogliere i
‘frutti’ di una qualsiasi problematica, senza neanche aver fatto la fatica di
‘scuotere l’albero’. Perché pur avvertendo i
primi ‘scricchiolìi’ del nostro
sistema sociale, ci siamo lasciati andare, con
‘leggerezza televisiva’, verso l'abolizione totale di ogni modello di
famiglia, anziché rigenerarne uno nuovo. Ed ecco perché, quando arriva una
destra che parla genericamente di
“Dio, Patria e famiglia”, molti nostri giovani tendano a crederci. E invece di andare avanti, si rischia di
tornare indietro, verso le visioni più
apologetiche e i consueti
‘recinti’ patriarcali.
Giovani che votano
un anziano signore di sinistra e
‘vecchi’ che si difendono
rieleggendo un giovane come
Emmanuel Macron: questo è quanto emerge realmente dalle elezioni presidenziali francesi. Lo
sviluppo tecnologico dev’essere
accompagnato e
governato, non lasciato a
‘briglie sciolte’. Altrimenti, i nostri ragazzi sono praticamente costretti a rispolverare dalla soffitta certi
reperti archeologici polverosi di
ideologia. E finiscono con l’avere, almeno in parte,
ragione a
‘inscatolarci’ tutti nella categoria del
“pensiero unico neo-liberista”. Il
‘liberismo’, infatti, è un
cavallo che corre a
‘briglie sciolte’, fino a gettarsi nel primo
burrone che incontra, dato che nel mondo non esistono solamente distese immense di
praterie a perdita d’occhio. E anche
l'ideologia della frontiera e la
corsa verso ovest dei primi
coloni americani si dovette fermare sulle coste della
California, dato che oltre c’era solamente
l’Oceano Pacifico. E non si può certo pretendere che i nostri giovani imparino a
‘camminare sulle acque’, se nessuno si decide a occuparsi veramente di loro. Perché essere
laici, riformisti e
democratici oggi, all’alba del
XXI secolo e del
terzo millennio, significa esattamente questo: riuscire a
domare il ‘cavallo liberista’ per fare in modo che ci conduca dove vogliamo noi, evitando il
‘burrone’ degli
statalismi e degli
estremismi.
Direttore responsabile di www.laici.it