Valentina SpagnoloLo scorso 9 aprile 2022, alle ore 17.00, presso l'enoteca letteraria di via San Giovanni in Laterano 81 in Roma, lo scrittore Antonio Agosta ha presentato ai lettori e alla stampa il suo ultimo libro, dal titolo: ‘Un cromosoma in più’, edito da BookSprint Edizioni. Ha moderato l’incontro Vittorio Lussana, direttore responsabile della rivista ‘Periodico italiano magazine’ e della presente testata di approfondimento politico. All'evento è intervenuto anche il giornalista Raffaele Rivieccio, autore della prefazione. L’incontro è stato piacevole e ricco di spunti di riflessione. Dal pubblico presente in sala sono infatti arrivati numrosi stimoli e domande relative al percorso storico delle norme introdotte in Italia in materia di disabilità, in particolar modo a favore dei bambini down. Il libro di Antonio Agosta è dunque diventato un pretesto per rianalizzare la questione anche alla luce della recente legge sul ‘dopo di noi’, entrata in vigore nel 2016. Un tema sottolineato proprio da Raffaele Rivieccio, al fine di individuare quali siano i punti deboli della normativa introdotta e le nuove tutele specifiche ancora da garantire. Un dibattito costruttivo, che ha ripercorso i faticosi passi in avanti fatti sotto il profilo assistenziale, pur continuando a mancare una visione sociale complessiva. Al termine dell’incontro, abbiamo rivolto alcune domande all’autore di questo splendido racconto: una piccola ‘perla’, a tratti commovente, ma in altre parti molto simpatico e divertente.

Antonio Agosta, cominciamo dal titolo di questo suo nuovo libro, 'Un cromosoma in più': perché questa scelta?
“E’ stata una scelta dettata dal cuore: mi è venuto un titolo di getto, diciamo…”.

Perché scrivere un racconto sui 30 anni di vita di un ragazzo down?
“Perché purtroppo i ragazzi down hanno vita breve, a differenza del mio protagonista, che arriva fino ai 30 anni. Ho voluto raccontare la storia di un ragazzo che potesse essere considerato dai lettori quasi un familiare o un amico”.

Lei ritiene che la disabilità down sia un argomento che l’opinione pubblica dovrebbe cominciare ad analizzare meglio come universo sociale, anziché voltarsi da un'altra parte, per ipocrisia o insensibilità?
“Penso che, in Italia, si dovrebbe parlare di disabilità non soltanto durante le elezioni. Purtroppo, se ne parla poco o nulla, mentre invece si tratta di un mondo che merita rispetto e attenzione”.

Il suo racconto mantiene una struttura ricca di ‘flashback’, dando la sensazione di un libro scritto di 'getto', molto simile ai nostri periodi di rielaborazione del lutto attraverso i nostri ricordi, che ci arrivano spesso caoticamente, senza un criterio ben preciso: ha scelto questa formula per avvicinarsi meglio al lettore?
“Ho scelto questa formula, ovvero scrivere di getto, perché così ho voluto io. L'ho scritto di getto durante la pandemia: forse ero un po' stressato, ma proprio per questo viene considerato dalla critica un lavoro spontaneo, che sorprende il lettore in molte pagine. Comunque, è anche il mio modo di scrivere”.

Nel racconto ci sono anche molti episodi divertenti: crede che l'esperienza di questi ragazzi vada raccontata per recuperare alcuni nostri valori sociali di aiuto verso il prossimo, oppure per ritrovare una certa purezza?
“Sì: ho raccontato alcuni episodi divertenti ed emozionanti, per far capire la sensibilità dei bambini in generale e dei ragazzi down in particolare. E’ stato un modo per avvicinare il lettore al mio racconto, certamente”.





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