Raffaello Morelli e Pietro PaganiniNoi, in quanto liberali, siamo l’essenza della cultura occidentale. Proprio per questo, rifiutiamo di trasformarla in qualcosa contro cui essa è nata e maturata con successo per oltre tre secoli: la bandiera di concezioni illiberali quali un nuovo ‘libro sacro’, un’utopia fuori dello spazio e del tempo, una parola d’ordine del potere senza princìpi. Invece, è proprio quanto, purtroppo, sta avvenendo in queste settimane in Italia, in merito al modo in cui i mezzi di comunicazione stanno ‘inquadrando’ la guerra in Ucraina. Due casi: il 7 marzo scorso, il direttore del Corriere della Sera ha scritto: “Non c’è stato alcun gesto negli ultimi anni che possa essere considerato un minaccia dei nuovi Paesi entrati nella Nato nei confronti della Russia”. Finge di non saperlo, ma in Ucraina ci sono state tre esercitazioni militari: la prima nel giugno 2021 ('Brezza marina'); la seconda nel mese di luglio ('Tre spade'); la terza in settembre ('Tridente rapido'). Si è trattato di una inutile sfida alla Russia, interessata alla neutralità ucraina. Il 12 marzo successivo, invece, Repubblica ha 'strillato': “La figliastra di Lavrov fa la bella vita a Londra, requisitele la casa”. Uno strappo con la cultura liberaldemocratica del suo direttore, secondo cui la responsabilità di un cittadino deve riferirsi solo ai suoi atti personali. Poi, si ripete ad libitum che la Russia ha invaso un Paese sovrano: fingono di dimenticare che quel Paese sovrano ha firmato, nel 2015, il trattato Minsk2 con Russia, Germania e Francia, in cui l’Ucraina si impegnava a inserire nella sua Costituzione un’autonomia rafforzata per il Donbass. Ciò non è avvenuto, nonostante le reiterate richieste della Russia, vanificando il ricorso a un concetto di ‘popolo sovrano’ contro l’invasione: un principio che sarebbe divenuto dirimente, se Kiev avesse adempiuto agli accordi sottoscritti. Infine, i mezzi di comunicazione evitano con cura di approfondire, in Italia, il tema dei pesanti riflessi economici (carenze energia, cereali, olii e centinaia di migliaia di rifugiati) causati dalla politica delle sanzioni, apparsa quasi come un compromesso con la Nato, molto attiva in ruoli estranei alla sua natura di invasata, che spinge alla guerra fredda. Insomma, siamo nel clima asfittico di un’informazione che non svolge più la propria funzione di dibattere fra differenti proposte sui problemi veri. Anzi, essa si ingegna per tramettere solo il conformismo interpretativo, che dipinge la libertà del cittadino per ciò che non può essere: un libro sacro, un’utopia, una parola d’ordine. Una riprova ulteriore è quanto ha scritto di recente Ezio Mauro: “In Ucraina, si sono chiusi i trent’anni vissuti nella convinzione che fosse ormai risolto il destino delle democrazie liberali. Perché quella convinzione circolava, sì, ma solo negli ambienti non liberali o illiberali”. Qualsiasi liberale sa che la fisiologia delle democrazie evita il loro rattrappirsi in istituzioni immobili. Per il semplice motivo che la vita reale dei cittadini non è statica. E le istituzioni liberali, molto attente ai ritmi della realtà e non a quelli dei sogni, si impegnano a trasformarsi per tempo, onde sciogliere i ‘nodi’ in continua formazione. Se l’occidente non riscopre la coerenza dei comportamenti con i princìpi liberali, si indebolirà verso il mondo che non si fonda sulle scelte dei cittadini. E sarà dura per tutti.





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