Noi, in quanto
liberali, siamo l’essenza della cultura occidentale. Proprio per questo, rifiutiamo di trasformarla in qualcosa contro cui essa è nata e maturata con successo per oltre tre secoli: la bandiera di
concezioni illiberali quali un nuovo
‘libro sacro’, un’utopia fuori dello spazio e del tempo, una
parola d’ordine del
potere senza princìpi. Invece, è proprio quanto, purtroppo, sta avvenendo in queste settimane in
Italia, in merito al modo in cui i mezzi di comunicazione stanno
‘inquadrando’ la
guerra in Ucraina. Due casi: il
7 marzo scorso, il direttore del
Corriere della Sera ha scritto:
“Non c’è stato alcun gesto negli ultimi anni che possa essere considerato un minaccia dei nuovi Paesi entrati nella Nato nei confronti della Russia”. Finge di non saperlo, ma in
Ucraina ci sono state
tre esercitazioni militari: la prima nel
giugno 2021 ('Brezza marina'); la seconda nel mese di
luglio ('Tre spade'); la terza in
settembre ('Tridente rapido'). Si è trattato di una inutile sfida alla
Russia, interessata alla
neutralità ucraina. Il
12 marzo successivo, invece,
Repubblica ha
'strillato': “La figliastra di Lavrov fa la bella vita a Londra, requisitele la casa”. Uno
strappo con la
cultura liberaldemocratica del suo
direttore, secondo cui la responsabilità di un cittadino deve riferirsi solo ai suoi
atti personali. Poi, si
ripete ad libitum che la
Russia ha invaso un
Paese sovrano: fingono di dimenticare che quel Paese sovrano ha firmato, nel
2015, il trattato
Minsk2 con
Russia, Germania e
Francia, in cui
l’Ucraina si impegnava a inserire nella sua
Costituzione un’autonomia rafforzata per il
Donbass. Ciò
non è avvenuto, nonostante le reiterate richieste della
Russia, vanificando il ricorso a un concetto di
‘popolo sovrano’ contro
l’invasione: un principio che sarebbe divenuto
dirimente, se
Kiev avesse adempiuto agli
accordi sottoscritti. Infine, i
mezzi di comunicazione evitano con cura di approfondire, in
Italia, il tema dei
pesanti riflessi economici (carenze energia, cereali, olii e centinaia di migliaia di rifugiati) causati dalla politica delle
sanzioni, apparsa quasi come un compromesso con la
Nato, molto attiva in ruoli estranei alla sua natura di
invasata, che spinge alla
guerra fredda. Insomma, siamo nel clima asfittico di
un’informazione che non svolge più la propria funzione di
dibattere fra
differenti proposte sui problemi veri. Anzi, essa si ingegna per tramettere solo il
conformismo interpretativo, che dipinge la
libertà del cittadino per ciò che non può essere: un
libro sacro, un’utopia, una
parola d’ordine. Una riprova ulteriore è quanto ha scritto di recente
Ezio Mauro: “In Ucraina, si sono chiusi i trent’anni vissuti nella convinzione che fosse ormai risolto il destino delle democrazie liberali. Perché quella convinzione circolava, sì, ma solo negli ambienti non liberali o illiberali”. Qualsiasi
liberale sa che la
fisiologia delle democrazie evita il loro rattrappirsi in
istituzioni immobili. Per il semplice motivo che la vita reale dei cittadini non è
statica. E le
istituzioni liberali, molto attente ai ritmi della
realtà e non a quelli dei
sogni, si impegnano a trasformarsi per tempo, onde sciogliere i
‘nodi’ in continua formazione. Se
l’occidente non riscopre la
coerenza dei comportamenti con i
princìpi liberali, si indebolirà verso il mondo che
non si fonda sulle
scelte dei cittadini. E sarà
dura per tutti.