L’esposto presentato nei giorni scorsi presso la
Procura della Repubblica di
Roma dall’ambasciatore di Russia in Italia,
S. E. Sergey Razov, nei confronti del quotidiano
‘La stampa’, del suo direttore responsabile,
Massimo Giannini e dell’inviato di guerra,
Domenico Quirico, rappresenta un
atto di ostilità nei confronti dell’intero mondo
dell’informazione italiana. Il nostro ambiente professionale, pur commettendo errori - come tanti altri - certamente si distanzia dalle
distorsioni e dalle
falsità basate sulla
propaganda politica, per il
dovere deontologico di
informare i cittadini. In secondo luogo, le ipotesi di reato ipotizzate sono
giuridicamente infondate: il servizio giornalistico oggetto dell’esposto, a firma
Domenico Quirico, si basava su un’analisi già proposta in altre sedi dal sottoscritto che chiedeva ai colleghi di esimersi dalla formulazione di
ipotesi spionistiche di ‘scuola’ tese a indicare la destituzione di
Vladimir Putin dalla carica di
presidente della
Federazione russa, al fine di concentrarsi sulle
cause contingenti del conflitto esploso in
Europa orientale. Circostanze le quali possiedono le loro radici nella mancata applicazione degli
accordi di Minsk. Quanto l’esposto presentato sia frutto di una
cattiva traduzione del servizio giornalistico in questione e quanto esso derivi da una
distorsione avvenuta in sede di
titolazione dell’articolo, la riteniamo una tematica sicuramente da ricostruire e accertare. Ma quel che possiamo certamente garantire, sotto il profilo schiettamente professionale, è che
Domenico Quirico non abbia affatto
istigato i propri lettori - o più in generale gli italiani - al
‘tirannicidio’. Al contrario, egli ha espresso la
tesi esattamente opposta, al fine di
non esacerbare gli animi sottolineando, altresì, la
mancanza di prospettiva politica dell’atto medesimo. Proprio per quest’ultimo motivo, l’approfondimento in questione non può rientrare nella fattispecie
dell’apologia di reato. E ci teniamo a sottolineare come l’esposto presentato rappresenti, in realtà, un
atto di intimidazione nei confronti
dell’intero corpo professionale dei giornalisti, che non appartiene allo
stato di diritto di nessuna nazione
libera e
democratica. Anche a noi appare fondata una ricostruzione storica che vuole
l’informazione italiana a lungo dominata e sostenuta dai
Partiti e dalla
politica. Ma ciò è avvenuto per la
cronica arretratezza del nostro
mercato editoriale, per lunghissimi decenni praticamente inesistente. Cercare di
limitarne i campi d’indagine proprio oggi che, grazie ai progressi tecnologici in atto, sta finalmente affrancandosi dai suoi
vincoli più atavici, al fine di tornare ai
princìpi originari della propria funzione civile di servizio pubblico verso i cittadini, ci appare un comportamento
superficiale e
fuori dal tempo, che non dev’essere minimamente preso in considerazione dai nostri
organi inquirenti, poiché ciò
offenderebbe l’intero Paese. Il lungo e complesso percorso storico di
maturazione democratica della nostra società, iniziato con la nascita della
Repubblica italiana nel
1946, non poteva certo avvenire in tempi
brevi e, indubbiamente, ha dovuto attendere una lunga fase di lenta
trasformazione. Tuttavia,
l’informazione italiana non merita di essere minacciata in una fase storica come quella attuale, nella quale essa stessa sta cercando di compiere i propri
sforzi più sinceri finalizzati a conquistarsi maggiori ambiti di
autonomia professionale, oltreché a trasformarsi in un luogo di
democrazia partecipata. Noi riteniamo che l’esposto presentato presso la
Procura di Roma derivi da una sfortunata sequenza di
equivoci, probabilmente dovuti a una cattiva interpretazione del generoso intervento delle autorità sanitarie russe in quel di
Nembro (Bg) durante la fase iniziale
dell’ondata pandemica planetaria, di cui ancora oggi riconosciamo i sentimenti di
altruismo e
amicizia dimostrati. Un’amicizia che intendiamo
mantenere nei riguardi della
Federazione russa, attraverso un confronto leale e
intellettualmente onesto in merito alle vicende relative al conflitto in
Europa orientale, anche se evidenti motivazioni storiche e militari ci pongono su
fronti e
prospettive distinte, sia nell’analisi dei
fatti, sia sul versante dei relativi
contesti storico-politici. Con immutato e infinito amore nei riguardi della
Grande Madre Russia, alla quale certamente riconosciamo l’antichissimo ruolo di civiltà che essa ha sempre rappresentato nel corso dell’intera
Storia dell’umanità.
Direttore responsabile di www.laici.it