Vladimir Putin e i suoi alzano il tiro e cominciano a sparare bordate contro di noi. Dopo il
bagno di folla a
Mosca, con migliaia di comparse urlanti a propagandare il nuovo simbolo
‘Z’ come testimoni di un
nuovo corso intollerante - l’ultimo era stata la
svastica - gli uomini di governo russi hanno deciso di dar fuoco ai
‘cannoni’. Nello specifico,
Alexej Paramonov, alto esponente dell'esecutivo russo, ha minacciato
l’Italia di
“conseguenze irreversibili” se
Roma dovesse aderire alla
“guerra totale, finanziaria ed economica, contro Mosca”, sostenendo la proposta lanciata dalla
Francia di troncare ogni rapporto economico-finanziario con la
Russia, perdurando la strage di civili e la barbarie in
Ucraina. L'ex console
Paramonov, non sappiamo quanto sotto dettatura, ha inoltre definito
“falco” il ministro della Difesa italiano,
Lorenzo Guerini. E
l’Italia ha risposto giudicando
“inaccettabili” le
minacce russe. Non stupisce, pur nella sua chiarezza politica, il
silenzio delle
destre italiane sulle
‘bordate’ contro il nostro Paese. I rapporti privilegiati che hanno legato prima
Berlusconi e poi
Salvini con
Putin sono noti. E, infatti,
l’ex presidente del Consiglio, padrone di
Forza Italia e delle
corazzate Mediaset, non si è ancora pronunciato sulla guerra in corso, poiché impegnato in faccende personali come i
matrimoni che non sono matrimoni, in un rigurgito di giovinezza che, al contrario, è un evidente segnale di
senilità. A sua volta,
Matteo Salvini ha pensato di mondare il suo essere
‘filo-Russia’ – o meglio, di esserlo stato fino al successivo
‘cambio di rotta’ – e si è recato al confine con la
Polonia per portare un
messaggio di pace: il risultato del suo ardire è
ben noto. I disastri di un ventennio di
‘berlusconismo’, con destre varie e prone al seguito nel fare l’occhietto alle
‘democrature’, poi divenute
‘democrazie illiberali’ e, oggi,
pericolo per il mondo, sono riassumibili in un'altra
minaccia lanciata dalla
Russia all’Italia, che dice, in estrema sintesi:
“Avete dimenticato il nostro legame speciale”. Così, dopo che
Salvini ha detto ai
giornalisti che tornerà in
Polonia, ma che
non vuole farlo sapere ai giornalisti, tocca tornare alle cose serie. Anzi,
serissime. Perché il
‘problema Putin’ e del suo fedele sodale
Lukashenko vanno molto al di là
dell’Ucraina, poiché il vero progetto, a lungo occultato ma predisposto da tempo, era proprio quello di
esportare il nuovo
‘sovietismo illiberale’ in quell’occidente irriconoscente, che ha avuto l’ardire di trattare la
Russia come una nazione di
serie B. Il problema dell’irrigidimento delle politiche interne ed estere del
Cremlino, infatti, non è sul tavolo da oggi: era visibilissimo sin dal
1999. E la
‘triangolazione’ Italia-Russia-Turchia non è certo stata un’invenzione delle
sinistre; così come non è un’invenzione delle
sinistre nemmeno l’accordo che la
Lega firmò con
‘Nuova Russia’, il Partito di
Putin; così non è stata un’invenzione delle
sinistre il
‘filo-illiberalismo’ della
Meloni, che faceva il
‘filo’ – politicamente parlando – a
Orbán in
Europa e a
Bannon oltreoceano. C’è stato un avvicinamento, invece, verso quelle posizioni, guidato scientemente, anche se non riusciamo a vedere
a che pro, dato che il
gas non lo si è ottenuto a
gratis, in questi anni. Ciò che sta accadendo realmente, invece, è che le
destre sono diventate
‘trine’: una è
filogovernativa anti-Putin dall’opposizione; l’altra sta al
governo e scopre
pulsioni umanitarie assolutamente incredibili:
‘anti-putinismi’ ridicolizzati
'urbi et orbi'; infine,
l’altra destra, quella che si vende come responsabile e moderata, celebra
‘finte nozze’ che nemmeno un adolescente si sognerebbe di mettere in piedi. Ecco a chi è stata data in mano
l’Italia, dal
1994 a oggi, grazie ai
‘semi-plebisciti’ qualunquisti della
seconda Repubblica.