Facciamo i nostri più
sinceri auguri di buon lavoro al
presidente Mattarella, rieletto
capo dello Stato con
759 voti favorevoli a una riedizione del suo mandato: un consenso indiscutibile e assai elevato. Tuttavia, resta il nostro
disappunto per una nuova
‘eccezione giuridica’ che potrebbe cominciare a
far testo, in un Paese in cui
l’emergenza tende troppo spesso a sostituire la
normalità. La persona è
indiscutibile: il suo primo settennato è stato caratterizzato da una correttezza formale e sostanziale come da tempo non capitava, in un Paese che adora le
distorsioni e le
strumentalizzazioni. Ma c’è anche dell’altro:
l’operazione Belloni, che
Conte e
Salvini a un certo punto si stavano
‘intestando’, in realtà era un’iniziativa
fondata, poiché siamo di fronte a un Paese talmente
arretrato e
retrogrado che, pur di
non eleggere una donna alla carica di
presidente della Repubblica, è capace di fare una
‘scena madre’ tipica del
filone cinematografico neorealista (e sì che ne ho lasciate di tracce in giro…) pur di convincere un
capo di Stato, giunto ormai al termine del suo
mandato, a rimanere al
proprio posto. E questo è un tratto di
conservazione bello e buono. L’idea non era affatto
peregrina, come invece pensano e scrivono, oggi, molti appartenenti a quel vacuo
‘piattume retroscenista’ che nemmeno sapeva chi fosse
Elisabetta Belloni, fino a poche settimane fa. E soprattutto, che disdegnano con una
superficialità vergognosa quanto sia stato intenso e impegnativo, nel corso di due decenni attraversati da un feroce
terrorismo islamico di matrice fondamentalista, il percorso professionale di questo diplomatico. Ma limitiamoci a raccontare com’è andata questa
'partita', dato che i cittadini sono tenuti a saperlo. Dopo il
disastro ‘berlusconiano’ dell’operazione Casellati, il nostro attuale ministro degli Esteri,
Luigi Di Maio, si era visto
‘scippata’ da
Conte e
Salvini proprio la
‘carta’ che avrebbe voluto
giuocarsi lui: la signora
Elisabetta Belloni al
Quirinale. E tramite un’intervista su
‘La stampa’, rilasciata alla collega
Annalisa Cuzzocrea, ha denunciato una
manovra che egli stesso avrebbe voluto guidare, nella convinzione si trattasse di un’iniziativa proveniente
da sinistra, mentre in realtà essa proveniva, per un verso,
dall’esterno del parlamento e, dall’altro, da alcune
‘truppe’ di
‘franchi tiratori’. I quali,
c’erano eccome in aula, visto com’era andata la candidatura della presidente del Senato,
Maria Elisabetta Alberti Casellati. In realtà, una
convergenza complessiva su
Elisabetta Belloni, funzionale a isolare ogni
manovra ‘centrista’ di
‘renziani’ e
‘berlusconiani’, che puntavano realmente
all’impaludamento della situazione per poter imporre il nome di
Pierferdinando Casini, era possibile. Ed ecco allora che
Lorenzo Guerini, il quale ancora oggi deve molto a
Matteo Renzi, ha deciso di passare alla
controffensiva, probabilmente per conto dello stesso
Renzi. Il piano era semplice: convincere
Enrico Letta e
Mario Draghi a chiedere al
presidente Mattarella di rivedere il proprio
‘No’ alla propria
rielezione, promettendogli un ampio consenso parlamentare. In buona sostanza,
l’attuale ‘prorogatio’ di
Sergio Mattarella al
Quirinale è avvenuta sulla base di una
doppia paura: quella di
far cadere il governo, uno spauracchio che agitava tutti i Partiti che sostengono
Mario Draghi; quella di dover perdere
7 mesi di stipendi e
contributi pensionistici, nutrita da molti
parlamentari ‘grillini’, che si sono tutti immediatamente riallineati - compreso
Giuseppe Conte, che ha dovuto far
‘buon viso’ a
‘cattivo gioco’ – sulla linea della rielezione di
Sergio Mattarella. L’unica persona realmente sincera tra tutti questi
‘giri di valzer’ è stata
Giorgia Meloni. Ma come si può ben comprendere, anche nel nostro
parlamento vige, ancora oggi, il più
‘trito e ritrito’ del
luoghi comuni italiani: quello basato sull’adagio
“la ragione è dei fessi”. L’adesione di
Fratelli d’Italia alla candidatura di
Elisabetta Belloni era, forse, motivata dall’idea di far
‘saltare’ il
governo Draghi? Certamente, sì. Ma se la manovra fosse stata accompagnata da tutte le altre forze politiche, con la sola probabile esclusione di
Forza Italia, ancora
‘stordita’ dal fallimento
dell’operazione Casellati - che poteva anch’essa portare a un
consenso ‘per trascinamento’ sul nome di
Elisabetta Belloni - sarebbe risultata
ininfluente. Non era importante il
‘perché’ si votasse per la
candidatura Belloni: contava che la si votasse quasi
unanimemente, come la stessa diplomatica aveva
lasciato intendere in alcune dichiarazioni. A quel punto, è cominciato il
‘fuoco di sbarramento’ di
Forza Italia e
Italia Viva, contrarie alla candidatura di
Elisabetta Belloni sulla base del
‘vizio di forma’ della sua provenienza dal
Dis (Dipartimento delle informazioni di sicurezza, ndr): una nomina di appena
sette mesi fa, che renderebbe la
signora Belloni una sorta di
Mata Hari. Una
‘piccola pecca’, in realtà, ma non tale da impedire a
Italia Viva, come già aveva tentato
Forza Italia il giorno prima con la
signora Casellati, di proporre un
nominativo femminile alternativo. Tuttavia, la
‘frittata’ ormai era
fatta: la
politica era numericamente
sconfitta in aula dall’asse
Lega-FdI-M5S a cui stava quasi per accodarsi anche il
Pd, isolando i
‘renziani’. Ma l’intervento di
Guerini ha riportato tutti all’ordine, convincendo
Mario Draghi e lo stesso
Enrico Letta a ribaltare la situazione, affinché
Sergio Mattarella restasse al
Quirinale sulla base di un
amplissimo consenso parlamentare. E per l’ennesima volta, il
presidente Mattarella si è visto costretto a
salvare la nostra
classe politica, che stava per far crollare il disegno di chi aveva imposto
Mario Draghi a tutti quanti quasi esattamente un anno fa. Siamo di fronte a un
triplo ‘salto mortale’, che porterà con sé i seguenti esiti:
1) si è finito col dar ragione definitivamente a
Marco Travaglio, il quale da mesi denuncia la caduta del
Governo Conte 2 come voluta dall’esterno, ovvero da
forze ‘esogene’ che tanto
‘esogene’ non sono;
2) si è mancato di rispetto
all’ambasciatore Belloni, paragonata sostanzialmente a una
spia; 3) si è mancato di rispetto
all’intero genere femminile italiano. Questa è la storia del
delirio avvenuto in questi ultimi
7 giorni all’interno di un
parlamento in seduta comune a dir poco
vergognoso, sempre in balìa del
primo ‘stormir di fronde’ poiché vilmente attaccato a
prebende e
privilegi, come giustamente osservato da
Giorgia Meloni. Un
‘minestrone’ divenuto ormai
indigesto per l’intero popolo italiano, che dimostra unicamente l’esistenza di un
ceto politico giunto a un punto tale di
‘terrore’ da dover chiedere in fretta e furia a un galantuomo come
Sergio Mattarella di cambiare radicalmente le proprie intenzioni, nonostante quest’ultimo avesse ripetutamente respinto ogni ipotesi di
‘prorogatio’, motivandola giuridicamente e in punta di diritto. C’è solo una battuta, a questo punto, con cui concludere e, al contempo, intitolare il presente articolo di fondo. Quella del comico e imitatore romagnolo
Fabio De Luigi, allorquando veste i
‘panni’ dello scrittore,
Carlo Lucarelli: “Paura, eh”!