Vittorio LussanaFacciamo i nostri più sinceri auguri di buon lavoro al presidente Mattarella, rieletto capo dello Stato con 759 voti favorevoli a una riedizione del suo mandato: un consenso indiscutibile e assai elevato. Tuttavia, resta il nostro disappunto per una nuova ‘eccezione giuridica’ che potrebbe cominciare a far testo, in un Paese in cui l’emergenza tende troppo spesso a sostituire la normalità. La persona è indiscutibile: il suo primo settennato è stato caratterizzato da una correttezza formale e sostanziale come da tempo non capitava, in un Paese che adora le distorsioni e le strumentalizzazioni. Ma c’è anche dell’altro: l’operazione Belloni, che Conte e Salvini a un certo punto si stavano ‘intestando’, in realtà era un’iniziativa fondata, poiché siamo di fronte a un Paese talmente arretrato e retrogrado che, pur di non eleggere una donna alla carica di presidente della Repubblica, è capace di fare una ‘scena madre’ tipica del filone cinematografico neorealista (e sì che ne ho lasciate di tracce in giro…) pur di convincere un capo di Stato, giunto ormai al termine del suo mandato, a rimanere al proprio posto. E questo è un tratto di conservazione bello e buono. L’idea non era affatto peregrina, come invece pensano e scrivono, oggi, molti appartenenti a quel vacuo ‘piattume retroscenista’ che nemmeno sapeva chi fosse Elisabetta Belloni, fino a poche settimane fa. E soprattutto, che disdegnano con una superficialità vergognosa quanto sia stato intenso e impegnativo, nel corso di due decenni attraversati da un feroce terrorismo islamico di matrice fondamentalista, il percorso professionale di questo diplomatico. Ma limitiamoci a raccontare com’è andata questa 'partita', dato che i cittadini sono tenuti a saperlo. Dopo il disastro ‘berlusconiano’ dell’operazione Casellati, il nostro attuale ministro degli Esteri, Luigi Di Maio, si era visto ‘scippata’ da Conte e Salvini proprio la ‘carta’ che avrebbe voluto giuocarsi lui: la signora Elisabetta Belloni al Quirinale. E tramite un’intervista su ‘La stampa’, rilasciata alla collega Annalisa Cuzzocrea, ha denunciato una manovra che egli stesso avrebbe voluto guidare, nella convinzione si trattasse di un’iniziativa proveniente da sinistra, mentre in realtà essa proveniva, per un verso, dall’esterno del parlamento e, dall’altro, da alcune ‘truppe’ di ‘franchi tiratori’. I quali, c’erano eccome in aula, visto com’era andata la candidatura della presidente del Senato, Maria Elisabetta Alberti Casellati. In realtà, una convergenza complessiva su Elisabetta Belloni, funzionale a isolare ogni manovra ‘centrista’ di ‘renziani’ e ‘berlusconiani’, che puntavano realmente all’impaludamento della situazione per poter imporre il nome di Pierferdinando Casini, era possibile. Ed ecco allora che Lorenzo Guerini, il quale ancora oggi deve molto a Matteo Renzi, ha deciso di passare alla controffensiva, probabilmente per conto dello stesso Renzi. Il piano era semplice: convincere Enrico Letta e Mario Draghi a chiedere al presidente Mattarella di rivedere il proprio ‘No’ alla propria rielezione, promettendogli un ampio consenso parlamentare. In buona sostanza, l’attuale ‘prorogatio’ di Sergio Mattarella al Quirinale è avvenuta sulla base di una doppia paura: quella di far cadere il governo, uno spauracchio che agitava tutti i Partiti che sostengono Mario Draghi; quella di dover perdere 7 mesi di stipendi e contributi pensionistici, nutrita da molti parlamentari ‘grillini’, che si sono tutti immediatamente riallineati - compreso Giuseppe Conte, che ha dovuto far ‘buon viso’ a ‘cattivo gioco’ – sulla linea della rielezione di Sergio Mattarella. L’unica persona realmente sincera tra tutti questi ‘giri di valzer’ è stata Giorgia Meloni. Ma come si può ben comprendere, anche nel nostro parlamento vige, ancora oggi, il più ‘trito e ritrito’ del luoghi comuni italiani: quello basato sull’adagio “la ragione è dei fessi”. L’adesione di Fratelli d’Italia alla candidatura di Elisabetta Belloni era, forse, motivata dall’idea di far ‘saltare’ il governo Draghi? Certamente, sì. Ma se la manovra fosse stata accompagnata da tutte le altre forze politiche, con la sola probabile esclusione di Forza Italia, ancora ‘stordita’ dal fallimento dell’operazione Casellati - che poteva anch’essa portare a un consenso ‘per trascinamento’ sul nome di Elisabetta Belloni - sarebbe risultata ininfluente. Non era importante il ‘perché’ si votasse per la candidatura Belloni: contava che la si votasse quasi unanimemente, come la stessa diplomatica aveva lasciato intendere in alcune dichiarazioni. A quel punto, è cominciato il ‘fuoco di sbarramento’ di Forza Italia e Italia Viva, contrarie alla candidatura di Elisabetta Belloni sulla base del ‘vizio di forma’ della sua provenienza dal Dis (Dipartimento delle informazioni di sicurezza, ndr): una nomina di appena sette mesi fa, che renderebbe la signora Belloni una sorta di Mata Hari. Una ‘piccola pecca’, in realtà, ma non tale da impedire a Italia Viva, come già aveva tentato Forza Italia il giorno prima con la signora Casellati, di proporre un nominativo femminile alternativo. Tuttavia, la ‘frittata’ ormai era fatta: la politica era numericamente sconfitta in aula dall’asse Lega-FdI-M5S a cui stava quasi per accodarsi anche il Pd, isolando i ‘renziani’. Ma l’intervento di Guerini ha riportato tutti all’ordine, convincendo Mario Draghi e lo stesso Enrico Letta a ribaltare la situazione, affinché Sergio Mattarella restasse al Quirinale sulla base di un amplissimo consenso parlamentare. E per l’ennesima volta, il presidente Mattarella si è visto costretto a salvare la nostra classe politica, che stava per far crollare il disegno di chi aveva imposto Mario Draghi a tutti quanti quasi esattamente un anno fa. Siamo di fronte a un triplo ‘salto mortale’, che porterà con sé i seguenti esiti: 1) si è finito col dar ragione definitivamente a Marco Travaglio, il quale da mesi denuncia la caduta del Governo Conte 2 come voluta dall’esterno, ovvero da forze ‘esogene’ che tanto ‘esogene’ non sono; 2) si è mancato di rispetto all’ambasciatore Belloni, paragonata sostanzialmente a una spia; 3) si è mancato di rispetto all’intero genere femminile italiano. Questa è la storia del delirio avvenuto in questi ultimi 7 giorni all’interno di un parlamento in seduta comune a dir poco vergognoso, sempre in balìa del primo ‘stormir di fronde’ poiché vilmente attaccato a prebende e privilegi, come giustamente osservato da Giorgia Meloni. Un ‘minestrone’ divenuto ormai indigesto per l’intero popolo italiano, che dimostra unicamente l’esistenza di un ceto politico giunto a un punto tale di ‘terrore’ da dover chiedere in fretta e furia a un galantuomo come Sergio Mattarella di cambiare radicalmente le proprie intenzioni, nonostante quest’ultimo avesse ripetutamente respinto ogni ipotesi di ‘prorogatio’, motivandola giuridicamente e in punta di diritto. C’è solo una battuta, a questo punto, con cui concludere e, al contempo, intitolare il presente articolo di fondo. Quella del comico e imitatore romagnolo Fabio De Luigi, allorquando veste i ‘panni’ dello scrittore, Carlo Lucarelli: “Paura, eh”!  





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