Vittorio LussanaIl decreto sull’obbligo vaccinale, entrato in vigore in questi giorni, è un provvedimento ‘pasticciato’. Ma è sbagliato ‘scaricare’ la responsabilità di ciò su Mario Draghi, poiché è vero esattamente il contrario: le nostre forze politiche stanno ormai dividendosi, per ricominciare a pensare ognuna al proprio tornaconto. A questo punto, sarebbe meglio eleggere l’attuale premier direttamente al Quirinale e predisporre un esecutivo che si faccia sfiduciare dal parlamento, al fine di andare al voto dopo il successivo scioglimento delle Camere. Inutile illudersi che forze politiche qualunquiste e immature continuino a tenere in piedi un esecutivo di responsabilità nazionale quando in esse, nessuna esclusa, viene a mancare proprio l’elemento della responsabilità. La nostra classe politica ha ormai raggiunto un livello di degenerazione che non ha eguali nella Storia della Repubblica italiana. Ci sono esponenti validi in questo o in quel Partito, ma ormai si va a ‘macchia di leopardo’ e la confusione regna sovrana. Tutto ciò serve unicamente ad alimentare la ‘gogna populista’ sui social, i quali sono ormai diventati un’autentica ‘fogna a cielo aperto’, in cui si viene insultati anche da persone che la pensano, più o meno, come noi. Si litiga persino tra chi la pensa allo stesso modo. E ciò dipende da motivazioni storico-culturali molto simili a quelle del fenomeno ‘No vax’: almeno un paio di generazioni sono state immeritatamente selezionate e ‘mandate avanti’, negli anni ’80-’90 del secolo scorso, quando invece avrebbero meritato un percorso occupazionale puramente manuale o sottoproletario. E tale ‘cattiva selezione’ si è riverberata in tutti gli ambienti, non solamente in quelli politici. In buona sostanza, sono state generate le classiche condizioni per predisporre una rivalsa di quella piccola borghesia, da sempre animata da subculture edoniste e narcisiste: veri e propri ‘detriti ideologici’, che hanno finito col trascinare tutti quanti verso una società ‘rovesciata’, in cui dominano disvalori e soluzioni facili per ogni questione. Senza meritocrazia, muore anche la democrazia: purtroppo, le cose stanno così. E noi laici siamo intenzionati a mantenere questo giudizio, almeno fino a quando non ci si renderà conto della gravità di certi fenomeni di asocialità e irresponsabilità. A cominciare da chi considera alcuni medici, già da tempo radiati dal proprio Albo professionale, degli autentici ‘eroi’. Come nel caso del primo specialista che, a suo tempo, generò l’attuale valanga di cinismo opportunista nei riguardi della medicina ufficiale e dei vaccini: il dottor Andrew Wakefield. Un personaggio assai discutibile, che ancora oggi nega la pandemia da Covid 19 dopo più di 5 milioni e mezzo di decessi in tutto il mondo. Noi, ovviamente, non intendiamo minimizzare i tanti casi di ‘malasanità’ che si sono verificati, negli ultimi decenni, in molti ambienti medico-ospedalieri. Tuttavia, riteniamo inaccettabile che venga messa in discussione l’intera comunità scientifica nel suo complesso, poiché cedere di fronte a determinate forme di meschinità, come per esempio quelle che di recente hanno raggiunto la dottoressa Antonella Viola, rappresenterebbe solamente l’antipasto di tutto ciò che potrebbe accadere, in seguito, anche ad altre categorie professionali, investite da un odio massimalista e da un’invidia sociale che bastano, di per sé, a fotografare le miserevoli condizioni culturali che ha ormai toccato il nostro Paese. Noi italiani non siamo gli unici a soffrire di questa patologia revisionista e negazionista: anche negli Stati Uniti si stanno registrando segnali di fastidio verso la democrazia e le istituzioni pubbliche. Tutti sintomi che non lasciano presagire nulla di buono. Tuttavia, anche la democrazia ha le sue armi per potersi difendere. Serve solo la consapevolezza in merito all’ormai sopraggiunta necessità di utilizzarle, dopo interi decenni di rassegnazione di fronte a un altro virus, altrettanto pericoloso quanto il Covid 19: quello del qualunquismo vittimista e piccolo borghese, unicamente funzionale a giustificare ogni genere e tipo di fallimento, individuale o ideologico esso sia. La questione rimane soprattutto antropologica, di mentalità: continuare a trascendere nell’individualismo ‘spicciolo’, sganciato da ogni forma di interesse collettivo o nazionale, significa unicamente ‘buttarla in caciara’. “Si chiama opportunismo”, scrisse una volta il filosofo siciliano Giovanni Gentile, in risposta a una lettera di Benedetto Croce. E ancora oggi siamo fermi lì, di fronte a quella precisa disputa filosofica: Stato etico contro eterodossìa liberale. A voi la scelta, signori. E ognuno si tenga pronto, in futuro, ad assumersi le proprie responsabilità. Individuali o collettive esse siano.





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Carlo Cadorna - Frascati - Italia - Mail - martedi 11 gennaio 2022 8.32
Sante parole!!! Ma una legge sui partiti che li obblighi a selezionare la classe dirigente partendo dal basso e secondo il merito, potrebbe essere un primo passo.


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