Il decreto
sull’obbligo vaccinale, entrato in vigore in questi giorni, è un provvedimento
‘pasticciato’. Ma è sbagliato
‘scaricare’ la responsabilità di ciò su
Mario Draghi, poiché è vero esattamente il
contrario: le nostre
forze politiche stanno ormai dividendosi, per ricominciare a pensare ognuna al proprio
tornaconto. A questo punto, sarebbe meglio eleggere
l’attuale premier direttamente al
Quirinale e predisporre un esecutivo che si faccia
sfiduciare dal parlamento, al fine di andare al voto dopo il successivo
scioglimento delle Camere. Inutile illudersi che
forze politiche qualunquiste e
immature continuino a tenere in piedi un
esecutivo di responsabilità nazionale quando in esse, nessuna esclusa, viene a mancare proprio l’elemento della
responsabilità. La nostra
classe politica ha ormai raggiunto un livello di
degenerazione che non ha eguali nella Storia della
Repubblica italiana. Ci sono esponenti validi in questo o in quel Partito, ma ormai si va a
‘macchia di leopardo’ e la confusione regna sovrana. Tutto ciò serve unicamente ad alimentare la
‘gogna populista’ sui
social, i quali sono ormai diventati un’autentica
‘fogna a cielo aperto’, in cui si viene insultati anche da persone che la pensano, più o meno, come noi. Si litiga persino tra chi la pensa
allo stesso modo. E ciò dipende da
motivazioni storico-culturali molto simili a quelle del
fenomeno ‘No vax’: almeno un paio di generazioni sono state
immeritatamente selezionate e
‘mandate avanti’, negli
anni ’80-’90 del secolo scorso, quando invece avrebbero meritato un percorso occupazionale puramente
manuale o
sottoproletario. E tale
‘cattiva selezione’ si è riverberata in tutti gli ambienti, non solamente in quelli politici. In buona sostanza, sono state generate le classiche condizioni per predisporre una rivalsa di quella
piccola borghesia, da sempre animata da
subculture edoniste e
narcisiste: veri e propri
‘detriti ideologici’, che hanno finito col trascinare tutti quanti verso una
società ‘rovesciata’, in cui dominano
disvalori e
soluzioni facili per ogni questione. Senza
meritocrazia, muore anche la
democrazia: purtroppo, le cose stanno così. E noi laici siamo intenzionati a mantenere questo
giudizio, almeno fino a quando non ci si renderà conto della gravità di certi
fenomeni di asocialità e
irresponsabilità. A cominciare da chi considera alcuni
medici, già da tempo radiati dal proprio
Albo professionale, degli autentici
‘eroi’. Come nel caso del primo specialista che, a suo tempo, generò l’attuale valanga di
cinismo opportunista nei riguardi della
medicina ufficiale e dei
vaccini: il dottor
Andrew Wakefield. Un personaggio assai discutibile, che ancora oggi
nega la pandemia da
Covid 19 dopo più di
5 milioni e mezzo di
decessi in tutto il mondo. Noi, ovviamente, non intendiamo minimizzare i tanti casi di
‘malasanità’ che si sono verificati, negli ultimi decenni, in molti
ambienti medico-ospedalieri. Tuttavia, riteniamo inaccettabile che venga messa in discussione
l’intera comunità scientifica nel suo complesso, poiché cedere di fronte a determinate forme di
meschinità, come per esempio quelle che di recente hanno raggiunto la dottoressa
Antonella Viola, rappresenterebbe solamente
l’antipasto di tutto ciò che potrebbe accadere, in seguito, anche ad altre
categorie professionali, investite da un
odio massimalista e da
un’invidia sociale che bastano, di per sé, a fotografare le
miserevoli condizioni culturali che ha ormai toccato il nostro Paese. Noi italiani non siamo gli unici a soffrire di questa
patologia revisionista e
negazionista: anche negli
Stati Uniti si stanno registrando segnali di
fastidio verso la
democrazia e le
istituzioni pubbliche. Tutti sintomi che non lasciano presagire nulla di buono. Tuttavia, anche la
democrazia ha le sue
armi per potersi difendere. Serve solo la consapevolezza in merito all’ormai sopraggiunta necessità di utilizzarle, dopo interi decenni di
rassegnazione di fronte a un altro
virus, altrettanto pericoloso quanto il
Covid 19: quello del
qualunquismo vittimista e
piccolo borghese, unicamente funzionale a
giustificare ogni genere e tipo di
fallimento, individuale o ideologico esso sia. La questione rimane soprattutto
antropologica, di
mentalità: continuare a
trascendere nell’individualismo ‘spicciolo’, sganciato da ogni forma di
interesse collettivo o
nazionale, significa unicamente
‘buttarla in caciara’. “Si chiama opportunismo”, scrisse una volta il filosofo siciliano
Giovanni Gentile, in risposta a una lettera di
Benedetto Croce. E ancora oggi siamo fermi lì, di fronte a quella precisa disputa filosofica:
Stato etico contro
eterodossìa liberale. A voi la scelta, signori. E ognuno si tenga pronto, in futuro, ad assumersi le proprie
responsabilità. Individuali o collettive esse siano.