Stefania CatalloSchivo e riservato, amante della Terra e impegnato nei temi del ‘femminicidio’, dei diritti delle minoranze e contro le violenze nei carceri: Fabio Strinati, poeta marchigiano, è questo e molto altro. La poesia è un settore che sembra diventare sempre più di ‘nicchia’ nell'ambito dell'editoria italiana: sono, invece, numerose le sensibilità che trovano, in questa espressione artistica, la modalità per descrivere i cambiamenti della società e il proprio sentire interiore. Diversi anni fa, Goran Kuzminac, nel brano ‘Stella del nord’ cantava: “I veri poeti si nascondono bene dentro incredibili bar”, per descrivere la loro voluta invisibilità. Una condizione a volte necessaria per creare. Fabio Strinati, al contrario, trova nella vita e nella natura la sua ispirazione.

Chi è, innanzitutto, Fabio Strinati?
“Fabio Strinati è un ‘corteggiatore’ di parole. Una persona curiosa, sensibile e, oltremodo, ricettiva: una persona che tende a scovare il dettaglio in ogni luogo, in ogni dove e, soprattutto, a scovare la minuziosità nel ‘qui e ora’. Sicuramente, non si definisce un poeta, perché si tratta di una parola che lo spaventa. Un termine impegnativo, che richiede saggezza ed esperienza autentica di vita: forse, tra 50 anni, sarà un poeta davvero”.

Come nasce la sua poesia?

“La mia poesia nasce attraverso un percorso che si nutre di risposte e di ribellione. Essendo una persona schiva, timida, discreta ed estremamente riservata, la poesia diventa, per me, un'autentica espressione terapeutica: mi dà forza e coraggio, naturalezza, frugalità, genuinità nel potermi esprimere. Si tratta di un vero e autentico diario di bordo, una mappa dove poter consultare il mio tragitto, la bussola della mia vita, spesso avvolta nell'inquietudine interiore”.

Ci sono autori ai quali si ispira per le sue composizioni?
“Autori ai quali mi ispiro, direi di no. Certamente, adoro tantissimo: Emily Dickinson, Wislawa Szymborska, Arthur Rimbaud, Pier Paolo Pasolini, Giacomo Leopardi, Vincenzo Cardarelli, Sylvia Plath, Eugenio Montale e molti altri ancora”.

‘Girotondo ipocondriaco’ (2021, Porto Seguro) è la sua ultima opera, uscita lo scorso 18 dicembre: come nasce questa nuova raccolta?
“Si tratta del mio libro più particolare, strano e folle: un libro molto ricercato ed elaborato, sia nella forma, sia nei contenuti. La scelta di alcuni termini ricercati (a tratti obsoleti); l'accento acuto sulle vocali ‘i’ e ‘u’; una legenda, all'inizio, che apporta consigli abbastanza, come dire, curiosi. Scrissi questo libro tra il 24 e il 31 dicembre del 2018, dopo esser stato vittima di un crampo al polpaccio: un dolore davvero atroce. Così fui assalito dalla voglia di scrivere un testo malato, vertiginoso, ipocondriaco. In realtà, si tratta di uno sfogo letterario vero e proprio: un'opera artistica a tutti gli effetti, più che una classica raccolta poetica”.

Quali sono i suoi progetti futuri?

“Il più bel progetto, che porto avanti da sempre, è quello di essere una brava persona: non c'è ambizione o progetto migliori di questo per me. Poi ci sono alcune idee, che si affiancano a questo, come l'uscita del mio terzo disco nel prossimo mese di gennaio, dal titolo: ‘Sette brani di bosco, armoniosamente malinconici e alcune meste gaiezze nel suono d'autunno’, che uscirà con l'etichetta discografica ‘RadiciMusic Records’, di Aldo Coppola Neri. Oltre a ciò, c’è un poemetto scritto a quattro mani con Gordiano Lupi: una sorta di viaggio poetico e letterario tra la Toscana e le Marche. E poi altri ancora...”.





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