Vittorio Lussana
La nostra televisione è ormai ridotta a semplice prodotto d’intrattenimento ‘generalista’, gestita da vecchi conservatori per un pubblico di vecchi conservatori. Utilizziamo in questa sede l’aggettivo ‘vecchio’ non tanto in riferimento all’età media dei telespettatori, quanto alla loro scarsa propensione ai cambiamenti. La ‘bassezza’ complessiva dei nostri palinsesti è ormai evidente: nei talk show, i politici tirano fuori sempre le stesse ‘facilonerìe’, al fine di strappare un applauso; le inchieste giornalistiche navigano nel giustizialismo più feroce; alcune giornaliste privilegiate fanno ricadere la colpa dei ‘femminicidi’ sulle donne assassinate; e ogni tanto facciamo parlare suore e religiosi, che dispensano i loro misticismi atavici e tribali richiamandosi a un Dio che vuole ammazzarci ‘male’, mentre Satana, a sua insaputa, viene a salvarci con vaccini e “sieri genici sperimentali”. La televisione degli ultimi decenni è colpevole di aver imposto personaggi tra i più opinabili della Storia, portatori di un’incultura di massa e di un pressappochismo populista assolutamente criminali e antidemocratici. Lo strumento è potentissimo, poiché raggiunge la quasi totalità della popolazione italiana: milioni di persone che ogni giorno si ‘abbeverano’ al modello culturale proposto da questa gente, che confonde funzione pubblica e struttura privata, fino a far ‘saltare’ la distinzione stessa tra la prima e la seconda, fondamentale in una società liberaldemocratica. Ma il vero problema non è soltanto l’abbrutimento costante del cosiddetto “servizio pubblico”, né che la televisione monopolizzi ogni tematica politico-culturale del Paese, bensì che essa venga utilizzata al fine di frenare ogni tipo di cambiamento e di progresso sociale. E le cose non cambieranno, perché gli italiani non hanno la minima idea di quello che sta accadendo veramente e, forse, neanche gliene importa granché. Un conto è riflettere sui dati di una pandemia planetaria con scienziati e professionisti di alto livello, ben altro intervistare la ‘matta del villaggio’ neanche al corrente del fatto che uno dei principali vettori di contagio avvenga attraverso le mani, le quali non debbono semplicemente risultare lavate e pulite, ma persino sanificate e disinfettate. Gente che evoca la “libertà” senza mai aggiungere alcuna proposta credibile alla propria protesta, ottenendo il plauso di una classe politica ignorante, che ha bisogno di farsi ispirare e suggerire qualsiasi cosa. Nel più generale disinteresse, vanno ormai di moda finti esperti con competenze ‘autocertificate’, che prima seminano disorientamento e, in seguito, disinformano. La funzione di un servizio pubblico dovrebbe avere un senso proprio durante un’emergenza sanitaria. Ma chi si occupa dei palinsesti televisivi sembra far finta di nulla, continuando a relegare i programmi educativi in orari assurdi e solo in alcuni periodi dell’anno. E nessun Consiglio di amministrazione della Rai degli ultimi decenni ha mai avuto il coraggio di dare segnali diversi in tal senso. Ogni Partito si lamenta della ‘lottizzazione’ solo quando non ne prende parte, mentre c’è un mondo attraversato da cambiamenti rapidissimi, quasi repentini. La qualità del servizio pubblico dovrebbe esser quella di svolgere una funzione essenziale nell’allontanare il sensazionalismo e la stupidità. In altri Paesi si sono accorti per tempo di tali tendenze verso il disorientamento e hanno riformato l’assetto culturale dei propri organi di comunicazione televisiva privilegiando istruzione e formazione, come dimostrato dal ‘Patto per la scuola digitale’ voluto e realizzato dalla cristiano-popolare Angela Merkel: una 'pericolosa sovversiva' che è stata capace di modificare la propria Costituzione, pur di riuscire ad alzare il livello della televisione pubblica. Tutte cose impensabili, qui da noi. I palinsesti della televisione tedesca hanno inserito programmi informativi e di approfondimento praticamente ovunque, al fine di avvicinare le persone ai temi del cambiamento climatico e costruire una consapevolezza diffusa dell’emergenza ambientale, distinguendo la marginalizzazione sociale del mero intrattenimento dal coinvolgimento attivo e consapevole verso la trasformazione digitale. E invece noi stiamo ancora qui a discutere dei malfunzionamenti di Dazn durante una partita di calcio o delle aree rimaste fuori dalla ‘banda larga’, quando tutti gli altri son già passati a quella ‘ultralarga’ o addirittura alla rete 5G. Noi italiani ci stiamo scavando la ‘fossa’ da soli, generando ulteriori stratificazioni generazionali, subculturali, diseducative. Una televisione che informi ed educhi al cambiamento, collocata non soltanto negli orari di ‘nicchia’, come nel caso dei programmi dell’ottimo Edoardo Camurri, è ormai divenuta una necessità, se non un’urgenza. Perché la trasformazione digitale in atto sarà molto più profonda di quanto non si pensi o si faccia finta di non vedere.




Direttore responsabile di www.laici.it e della rivista 'Periodico italiano magazine' (www.periodicoitalianomagazine.it)

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Vittorio Lussana - Roma/Milano/Bergamo - Mail - martedi 14 dicembre 2021 1.56
RISPOSTA AL SIG. RENATO: su molte cose, la penso come lei e la ringrazio per il commento che ha voluto lasciare. Tuttavia, il mio articolo non si riferisce unicamente alla Rai: anche la qualità dei palinsesti delle altre reti non fa differenza. E' chiaro che una televisione pubblica dovrebbe essere più attenta nello svolgimento di un servizio pubblico: questo è pacifico. Ma anche se private, le altre reti svolgono anch'esse una funzione pubblica, poiché concessionarie di frequenze che appartengono allo Stato. Quindi, le mie critiche ai palinsesti valgono per tutte le reti generaliste. Un cordiale saluto. VL
Renato - Padova - Mail - lunedi 13 dicembre 2021 19.6
La RAI è il divulgatore TV per cui paghiamo un canone, il canone è in buona parte devoluto dal governo italiano alla RAI, società per azioni a partecipazione pubblica.
Quello che mi domando: “Perché devo pagare un canone se la RAI introduce nei suoi programmi la pubblicità come una TV commerciale, inoltre, la qualità del servizio non è diversa. Dove vanno a finire i soldi dati? Nessuno valuta la congruità delle spese?
I canali RAI sono in generale inguardabili. Forse possono essere apprezzati da persone che usano la TV come sottofondo sonoro e visivo contro la solitudine. Seguire un film in prima serata (sempre che siano apprezzati i telefilm spazzatura, oppure i film d’annata) per una persona che lavora è un’impresa, è necessario sorbirsi un’infinità di interruzioni pubblicitarie che allungano i tempi in modo inaccettabile. I primi intervalli possono essere anche utili, per andare in bagno, prendersi un bicchiere d’acqua, lavarsi i denti, …, poi non resta che spegnere la TV.
Però alla RAI SpA dobbiamo dare un merito, quello di essere una società “ambientalmente sostenibile” per le sue grande capacità di risparmiare sulla qualità delle notizie, riciclare programmi, notizie, presentatori, ospiti, fornitori, ecc.


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