Anche sotto il profilo
geopolitico complessivo, le
destre nazionaliste, in realtà, sono al
crepuscolo ovunque. Quando, nel
1939, la
Germania nazista minacciava la
Polonia per riottenere
Danzica, un porto e una città etnicamente tedesca, l’allora governo di
Varsavia era solito rispondere:
“Non sarà la Germania a invadere la Polonia: saremo noi a entrare in territorio tedesco”. Esempio più chiaro
dell’astrattezza dei
nazionalismi, forse non può essere proposto. E ricordiamo tutti quanti
come andarono le cose nei mesi successivi. I
nazionalismi sono ormai
‘alle corde’. Ma non a causa del processo di
costruzione europea, bensì per tutto ciò che è accaduto negli ultimi decenni sul fronte della
politica internazionale, in cui gli
Stati Uniti e le altre potenze occidentali hanno destabilizzato il
nord Africa, il
Medio Oriente e persino
l’Asia senza ottenere
alcunché. La
penetrazione cinese in
Africa è solamente la conseguenza
dell’interventismo americano, che ha finito con
l’indebolire l’occidente. Pertanto, il nostro mondo è ormai obbligato a ritornare al
‘containment’, ovvero: alle
politiche di contenimento. Non possiamo più permetterci
politiche aggressive, anche per banali motivazioni
finanziarie. E la
pandemia ha aggravato ulteriormente la situazione.
L’occidente e le
politiche nazionaliste provengono da un ventennio di
autentiche sconfitte, dalle quali potranno uscirne solo molto più in là. Un bel po’ più in là, stando all’emergere delle
nuove potenze che, ormai, si stagliano all’orizzonte. Anche l’allargamento della
Nato ai
Paesi dell’est europeo potrebbe rivelarsi un
grave errore, poiché ci sottopone a un
attrito diretto, anche in termini di confini, con la
Russia di
Putin. La tragedia che sta avvenendo in questi giorni ai confini tra
Polonia e
Bielorussia lo dimostra ampiamente: perisno
l’allargamento dei confini della
Ue del
2005 potrebbe rivelarsi uno
svantaggio, se già così non è. In realtà, la situazione odierna è solamente quella di grandi potenze costrette a fare le
‘pulizie di casa’, a
riorganizzarsi dall’interno, decidendosi finalmente a riequilibrare le proprie
lacune strutturali, prima di tornare a mettere il
'naso' fuori di casa. Persino la
Cina popolare è alle prese con i suoi
squilibri e sta ragionando in termini unicamente
utilitaristici. Non le conviene far guerra a nessuno, nemmeno a
Taiwan, se vuol continuare a fare affari e ad aumentare la propria influenza economica nel mondo. La
pandemia planetaria ha chiuso totalmente un
ciclo: quello delle
guerre preventive e del tentativo di
esportare la democrazia in altri
Paesi, continenti e
sistemi culturali. Esattamente come alla fine del secondo conflitto mondiale, un lungo
periodo di riorganizzazione e di
pace attende il mondo intero.