‘Strappare lungo i bordi’, la nuova serie a fumetti di
Zerocalcare - 6 episodi esilaranti di
fumettismo ‘pop’ confezionati per
Netflix dal giovane disegnatore,
Michele Rech - non ci ha convinti. Lo diciamo subito, per evitare che una certa
‘comunanza di macerie’ e qualche
amicizia in comune possa lasciar intendere un
giudizio annacquato dalla vicinanza generazionale. Vicinanza che diventa spesso
fastidio, anche se non nel caso specifico di
Zerocalcare. Fastidio per un
movimentismo ‘gruppettaro’ che pretende di scaricare ogni responsabilità all’esterno di se stessi, quando invece delinea un
tratto individualistico e
intimista abituato a leggere con
supponenza la realtà. Si tratta di un male che, a sinistra, alberga da sempre. Almeno quanto il
provincialismo presuntuoso delle destre, sia quelle cattoliche, sia quelle reazionarie. Le quali, nel loro
non capire mai una ‘sega’ di quel che succede, hanno sempre errato nel contrapporsi alle
sinistre credendo che esse fossero
un’unica falange militare, che la pensa tutta quanta allo stesso modo, più o meno ispirata dalla
“politicona” (loro la chiamano così, fatta salva la grande simpatia della persona che ha coniato tale espressione,
ndr) del sottoscritto. In realtà, la
“politicona” non può esentarvi dalle critiche per il vostro continuare a ragionare per
‘circoletti’, nel vostro chiudervi imperterriti a doppia mandata, nel rinunciare ad
aggregare le altre frange giovanili. Ci convincono di più le
‘Sardine’: la sofferenza interiore di
Jasmine Cristallo, resa perennemente inquieta da quella
vaga sensazione di sconfitta che aleggia sempre da quelle parti; o la leggerezza un po’ adolescenziale di
Mattia Santori, che per lo meno conduce a sperare nell’avvento di una sorta di
Arsenio Lupin IV, in grado di rimanere un gran bravo ragazzo, ma sempre generosamente prezioso nel mobilitare una
sinistra che, da tempo, non si sente più rappresentata da nessuno. Due ragazzi abbastanza furbi da non farsi trattare come
‘fregnoni’ dal primo
Calenda di turno, quando quest’ultimo cerca di intimorirli col
‘romanesco de' noantri’. Ed eccolo qua il
‘romanesco de' noantri’, usato a piene mani anche da
Zerocalcare come se la realtà delle
periferie orientali potesse diventare il centro del mondo, mentre invece ti si piazza sullo stomaco già a
Roma nord. La critica, ovviamente, non è all’uso del
vernacolo in sé, anche se incapace di mescolarsi con
dialettismi altri, spesso più efficaci e assai meno
‘pesanti’ del
‘romanaccio greve’ dei tempi attuali – che non è certo quello del
Belli o del
Trilussa - ma alle contraddizioni degli eccessi opposti di una generazione di
antieroi che, all’improvviso, si irrigidiscono come
frigoriferi, senza mai trovare una via di mezzo
identitaria, restando lì impalati come l’ultimo dei
‘complottisti’, senza mai riuscire a comprendere come
farsi valere nel modo giusto. Tutte colpe che non sono di
Zerocalcare, ovviamente. In parte, è vera la sua critica di fondo: le
generazioni precedenti si son fatte raggirare e non sono riuscite, più di tanto, a disturbare la
digestione dei potenti - anche dei
potenti di sinistra - per
eccesso di buonismo e
trasalimenti moralisti filocattolici. Perché
siete cattocomunisti, regà: è inutile che
me venite a dì de no. E ve lo scrivo in
romanesco, per giunta. Siete
tutti interconnessi e
collegati, la pensate tutti
allo stesso modo e fate tutti le
stesse, identiche, cose. Eppure, raramente si riesce a
mettervi tutti assieme per fare qualcosa di
“completamente diverso”, parafrasando i
Monty Python. Al contrario, periodicamente salta fuori la
classica ‘testina’ che vuol dare un
Premio della critica senza la critica, relegando la stampa
tutta insieme e
tutta da una parte. Siete anche voi dei
‘narcisetti’, amici cari,
teorici della perfezione con gli altri, ma
tutt’altro che perfetti voi stessi. Bisogna sempre
perdonarvi tutto, nonostante facciate, anche voi,
di tutta l’erba un fascio, esattamente
come le destre. Siete
l’esatto ‘specchio’ della
piccola borghesia più
malsana e
superficiale, con la quale vi mescolate spesso e volentieri quando vi conviene, al fine di saltare i problemi a pié pari anziché risolverli.
Piccolo borghesi ‘pop’, che si spacciano per
sottoproletari del terzo millennio. E sempre
‘gruppettari’, sempre: non cambierà mai questa cosa, perché è assai più semplice dominare la
comitiva sotto casa. Anche
Renato Curcio e
Alberto Franceschini erano
‘appartamentati’, esattamente come voi; anche loro erano
‘animali da camera’, esattamente come voi; anche loro si facevano le
‘canne’, esattamente come voi: nulla di nuovo sotto il sole. Ma loro, per lo meno, volevano
radere al suolo il mondo, non i
Colli Parioli o le
‘farnesine’ di
Vigna Clara, al solo fine di spostare il proprio deretano
da un divano all’altro. La nostra generazione è quella che ha visto con i propri occhi cosa è successo a
sinistra. La
sinistra degli
avvinghiamenti ideologici da
pseudointellettuali, delle indifferenze da
‘psico-apatici’. Nulla vi scuote veramente, in realtà. Ma se non avete neanche le parole per
definire in italiano i sentimenti, non vi resta che continuare a
soffrire inventando
‘coattate’ in romanesco. A meno che, per pura carità del fato, non possediate un dono come quello di
saper disegnare. E’ bravo a disegnare,
Zerocalcare: egli è il vero erede del
‘fumettismo punk’ di
Disegni&Caviglia. Ma per favore: non venite a
farci la morale, perché ogni volta che vi ritrovate alla disperazione di fronte a
un’Italietta che fa solo
vomitare, sapete solamente invocare una cosa sola:
“Fai un po’ di ‘politicona’, Vittò…”. Ricordatevelo bene, amici cari: evitate di
reiterare gli stessi,
insopportabili, difetti di chi vi ha preceduto, perché
non siete affatto qualcosa di speciale. Al contrario, su di voi ha pienamente ragione
Alessandro Paesano: siete tutti
omologati. E
neanche sapete di esserlo.