Gli estimatori delle saghe di fantascienza alla
‘Star Wars’ forse si annoieranno. E chi non è affine a misticismi ed esoterismi perderà il senso primo e ultimo di tutta la saga del grande
Frank Herbert, che il solito
Denis Villeneuve è riuscito a cogliere in tutta la sua ampiezza, dettagli e profondità, tanto da spezzare la trama del libro e della prima controversa versione di
David Lynch del
1984 in due pellicole, di cui questo
remake è la prima parte. In una galassia molto lontana, un giovane uomo in un mare di sabbia affronta un destino inquietante. La minaccia della guerra è sospesa nell'aria. Sull'orlo di una crisi, egli naviga in un
mondo feudale, con un imperatore malvagio, casate nobili e popoli soggiogati: è l’eterna lotta tra
bene e
male, tra
l’etica e il
profitto a tutti i costi. Una storia uscita dalla mitologia: questo è
‘Dune’, l'opera di fantascienza di
Frank Herbert che sta facendo un'altra corsa al dominio del botteghino globale. Il film è uno sforzo erculeo del regista
Denis Villeneuve (‘Arrival’): una sontuosa e stellata interpretazione della prima metà del romanzo. Pubblicato nel
1965, il libro di
Herbert è un bellissimo
‘colosso’ di quasi
900 pagine affollato di governanti e ribelli, streghe e guerrieri.
Herbert aveva molto da dire sulla religione, sull'ecologia, sul destino dell'umanità, sul misticismo, sulle forze invisibili che regolano l’universo. E attingeva sia dalla
mitologia greca, sia dalle
culture indigene. Ispirato dagli sforzi dei governi per tenere a bada la crescente
desertificazione, l’autore ha immaginato un
pianeta desertico, in cui l'acqua fosse il nuovo petrolio. Il risultato è
un'epopea shock per il futuro, che si legge come un ammonimento anche per il nostro mondo, devastato
dall’emergenza ambientale e
climatica. A
Villeneuve piace lavorare su
larga scala, ma ha un'attenzione maniacale per i
dettagli minuziosi, che si adattano a una storia altrettanto ampia e intricata come quella di
‘Dune’. Come il romanzo, il film è ambientato di migliaia di anni nel futuro ed è incentrato su
Paul Atreides (Timothée Chalamet), il rampollo di una famiglia nobile. Con suo padre, il
duca Leto (Oscar Isaac) e sua madre,
Lady Jessica (Rebecca Ferguson), il protagonista sta per partire per la sua nuova casa su un pianeta deserto chiamato
Arrakis, alias
Dune. Il
duca, su ordine
dell'imperatore, deve prendere il controllo del pianeta, che ospita mostruosi
vermi della sabbia, enigmatici abitanti simili ai
beduini e una risorsa avvincente e di grande valore chiamata
‘spezia’, che permette i viaggi interstellari aprendo cunicoli spazio-temporali. Il destino di
Paul è un
puzzle sfaccettato, reso assai complesso dalle
sorelle Bene-Gesserit, mediatrici di un potere psichico, che condividono una coscienza collettiva. Mentre le
Bene-Gesserit tessono nell’ombra alleanze, strategie e destini, il
barone (Stellan Skarsgard) trama e uccide, fluttuando sopra servi e nemici terrorizzati.
Villeneuve utilizza le immagini per far avanzare e chiarire la narrazione. I disegni e le trame dei vari mondi del film e dei loro abitanti sono
accattivanti, filigranati, significativi, con i personaggi e i loro ambienti in sincronia. A volte, il regista si sofferma sulle sue stesse
creazioni visive: un impulso comprensibile, data la monumentalità dell’universo di
Villeneuve. Ma la scala spettacolare del film, combinata con la complessa creazione dei
miti di Herbert, crea una tensione non del tutto produttiva tra stasi e movimento. Non molto tempo dopo essere atterrato su
Dune, il protagonista viene introdotto nel nuovo mondo del suo popolo tribale, i
Fremen: un passaggio di transizione che conduce da
stanze buie al
deserto luminoso, da
macchinari pesanti e
spazi a volta alla
maestosità delle dune. Scritta da
Denis Villeneuve, Jon Spaihts ed
Eric Roth, la sceneggiatura si è presa delle prevedibili libertà. Ma l’opera mantiene l'arco complessivo del libro, nonostante abbia abbandonato alcuni personaggi e parti della trama. In
Dune si può notare un
regista ‘catturato’ o in lotta tra la fedeltà al materiale originale e le esigenze del cinema e delle
vendite mainstream di alto livello. La colonna sonora di
Hans Zimmer è l’ennesimo capolavoro del famoso
tastierista tedesco ed eguaglia, se non supera, quella del film
‘Interstellar’. Il compositore ha spiegato qual è lo scopo che deve prefiggersi la colonna sonora di un film di fantascienza:
"Quello che una colonna sonora fantascientifica regala all’autore è la possibilità di inventare un mondo di sana pianta, in totale libertà, utilizzando 'colori' che nemmeno esistono. Questo perché, letteralmente, vieni chiamato a creare un mondo e lo fai attraverso le immagini, certo, ma anche attraverso il modo in cui suona". Zimmer ha realizzato tutte le
percussioni con il
sintetizzatore e ha inserito alcuni elementi anacronistici, come le
cornamuse: una cosa che può apparire strana in un setting fantascientifico, che tuttavia funziona egregiamente, poiché collocate durante una cerimonia a
Casa Atreides, richiamando la fusione fra il
feudalesimo e il
futurismo intrinseca nell’universo di
Dune. In conclusione, un capolavoro che letteralmente
immerge lo spettatore tra immagini e musica, anche se rimane un film
non per tutti, ma solo per quelli in grado, in tempi difficili come quelli che stiamo vivendo, di immaginare, progettare e realizzare, il
futuro. Ma forse
“un giorno nascerà la leggenda. Da essa dipenderà tutta la civiltà” (Dune).