Stefania de MatteoGli estimatori delle saghe di fantascienza alla ‘Star Wars’ forse si annoieranno. E chi non è affine a misticismi ed esoterismi perderà il senso primo e ultimo di tutta la saga del grande Frank Herbert, che il solito Denis Villeneuve è riuscito a cogliere in tutta la sua ampiezza, dettagli e profondità, tanto da spezzare la trama del libro e della prima controversa versione di David Lynch del 1984 in due pellicole, di cui questo remake è la prima parte. In una galassia molto lontana, un giovane uomo in un mare di sabbia affronta un destino inquietante. La minaccia della guerra è sospesa nell'aria. Sull'orlo di una crisi, egli naviga in un mondo feudale, con un imperatore malvagio, casate nobili e popoli soggiogati: è l’eterna lotta tra bene e male, tra l’etica e il profitto a tutti i costi. Una storia uscita dalla mitologia: questo è ‘Dune’, l'opera di fantascienza di Frank Herbert che sta facendo un'altra corsa al dominio del botteghino globale. Il film è uno sforzo erculeo del regista Denis Villeneuve (‘Arrival’): una sontuosa e stellata interpretazione della prima metà del romanzo. Pubblicato nel 1965, il libro di Herbert è un bellissimo ‘colosso’ di quasi 900 pagine affollato di governanti e ribelli, streghe e guerrieri. Herbert aveva molto da dire sulla religione, sull'ecologia, sul destino dell'umanità, sul misticismo, sulle forze invisibili che regolano l’universo. E attingeva sia dalla mitologia greca, sia dalle culture indigene. Ispirato dagli sforzi dei governi per tenere a bada la crescente desertificazione, l’autore ha immaginato un pianeta desertico, in cui l'acqua fosse il nuovo petrolio. Il risultato è un'epopea shock per il futuro, che si legge come un ammonimento anche per il nostro mondo, devastato dall’emergenza ambientale e climatica. A Villeneuve piace lavorare su larga scala, ma ha un'attenzione maniacale per i dettagli minuziosi, che si adattano a una storia altrettanto ampia e intricata come quella di ‘Dune’. Come il romanzo, il film è ambientato di migliaia di anni nel futuro ed è incentrato su Paul Atreides (Timothée Chalamet), il rampollo di una famiglia nobile. Con suo padre, il duca Leto (Oscar Isaac) e sua madre, Lady Jessica (Rebecca Ferguson), il protagonista sta per partire per la sua nuova casa su un pianeta deserto chiamato Arrakis, alias Dune. Il duca, su ordine dell'imperatore, deve prendere il controllo del pianeta, che ospita mostruosi vermi della sabbia, enigmatici abitanti simili ai beduini e una risorsa avvincente e di grande valore chiamata ‘spezia’, che permette i viaggi interstellari aprendo cunicoli spazio-temporali. Il destino di Paul è un puzzle sfaccettato, reso assai complesso dalle sorelle Bene-Gesserit, mediatrici di un potere psichico, che condividono una coscienza collettiva. Mentre le Bene-Gesserit tessono nell’ombra alleanze, strategie e destini, il barone (Stellan Skarsgard) trama e uccide, fluttuando sopra servi e nemici terrorizzati. Villeneuve utilizza le immagini per far avanzare e chiarire la narrazione. I disegni e le trame dei vari mondi del film e dei loro abitanti sono accattivanti, filigranati, significativi, con i personaggi e i loro ambienti in sincronia. A volte, il regista si sofferma sulle sue stesse creazioni visive: un impulso comprensibile, data la monumentalità dell’universo di Villeneuve. Ma la scala spettacolare del film, combinata con la complessa creazione dei miti di Herbert, crea una tensione non del tutto produttiva tra stasi e movimento. Non molto tempo dopo essere atterrato su Dune, il protagonista viene introdotto nel nuovo mondo del suo popolo tribale, i Fremen: un passaggio di transizione che conduce da stanze buie al deserto luminoso, da macchinari pesanti e spazi a volta alla maestosità delle dune. Scritta da Denis Villeneuve, Jon Spaihts ed Eric Roth, la sceneggiatura si è presa delle prevedibili libertà. Ma l’opera mantiene l'arco complessivo del libro, nonostante abbia abbandonato alcuni personaggi e parti della trama. In Dune si può notare un regista ‘catturato’ o in lotta tra la fedeltà al materiale originale e le esigenze del cinema e delle vendite mainstream di alto livello. La colonna sonora di Hans Zimmer è l’ennesimo capolavoro del famoso tastierista tedesco ed eguaglia, se non supera, quella del film ‘Interstellar’. Il compositore ha spiegato qual è lo scopo che deve prefiggersi la colonna sonora di un film di fantascienza: "Quello che una colonna sonora fantascientifica regala all’autore è la possibilità di inventare un mondo di sana pianta, in totale libertà, utilizzando 'colori' che nemmeno esistono. Questo perché, letteralmente, vieni chiamato a creare un mondo e lo fai attraverso le immagini, certo, ma anche attraverso il modo in cui suona". Zimmer ha realizzato tutte le percussioni con il sintetizzatore e ha inserito alcuni elementi anacronistici, come le cornamuse: una cosa che può apparire strana in un setting fantascientifico, che tuttavia funziona egregiamente, poiché collocate durante una cerimonia a Casa Atreides, richiamando la fusione fra il feudalesimo e il futurismo intrinseca nell’universo di Dune. In conclusione, un capolavoro che letteralmente immerge lo spettatore tra immagini e musica, anche se rimane un film non per tutti, ma solo per quelli in grado, in tempi difficili come quelli che stiamo vivendo, di immaginare, progettare e realizzare, il futuro. Ma forse “un giorno nascerà la leggenda. Da essa dipenderà tutta la civiltà” (Dune).





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