Maria Elena GottarelliÈ iniziato, domenica 31 ottobre 2021, il più importante ritrovo annuale dei leader mondiali sul clima. A Glasgow, i rappresentanti di oltre 100 Paesi si sono incontrati per discutere i provvedimenti da prendere per la salvaguardia dell’ambiente. Si tratta di un appuntamento che non manca mai di suscitare speranze e critiche, in cui i risultati non sono mai netti, dato l’elevato numero di partecipanti, ma sempre frutto di mediazioni e compromessi. Il primo piccolo o grande risultato che si è raggiunto quest’anno è senz’altro l’accordo contro la deforestazione entro il 2030. La sua rilevanza è data dal fatto che i 100 Paesi firmatari ospitano l’85% delle foreste mondiali e, tra questi, non si annoverano solo le grandi economie di Cina e Stati Uniti, ma anche la Russia, la Repubblica democratica del Congo, l’Indonesia e il Brasile. Tutti Paesi che ospitano le più grandi foreste presenti sul nostro pianeta.

Cosa prevede l’accordo
L’accordo prevede l’impegno a implementare una serie di provvedimenti volti a disincentivare la deforestazione, tramite la messa in atto di pratiche di contrasto all’agricoltura intensiva, che è la principale causa dell’abbattimento di ettari di foreste e terreni incontaminati. Tale abbattimento, che si perpetra ogni anno, comporta lo sconvolgimento degli ecosistemi e contribuisce sensibilmente al cambiamento climatico in atto. I Paesi firmatari hanno promesso di stanziare 12 miliardi di dollari per promuovere politiche di disincentivazione alla deforestazione. A questi si aggiungono altri 7 miliardi promessi da società private. Del totale, 1,7 miliardi di dollari saranno devoluti al sostentamento delle popolazioni indigene. Oltre all’accordo sostanziale, 28 Paesi hanno fatto promesse più specifiche, impegnandosi a eliminare l’utilizzo della deforestazione dalle pratiche agricole e commerciali per la produzione di olio di palma, soia e cacao, che sono alcune delle colture maggiormente responsabili del fenomeno. Come accennato, ogni anno i risultati raggiunti al Cop 26 non mancano di suscitare tante speranze, quante critiche. E l’accordo sulla deforestazione non fa eccezione alla regola. Matt Williams, membro dell’organizzazione no profit 'Energy and Climate Intelligence Unit', ha dichiarato sul Financial Times che questo accordo potrebbe essere “uno dei maggiori risultati della conferenza”. Svariati attivisti hanno però espresso i loro malumori, dati dal fatto che l’impegno preso dai 100 Paesi firmatari è, di fatto, privo di vincoli. Non sono, infatti, previste sanzioni per chi non rispetti i patti. Altri hanno infine sottolineato come in nessuna parte dell’accordo si citi l’industria della carne, che ancor più di quella agricola è responsabile della deforestazione e dell’inquinamento ambientale. Per non parlare del fatto, ritenuto da alcuni molto probabile, che gli allevamenti intensivi sarebbero stati la sede che avrebbe consentito al virus della Sars-CoV 2 di effettuare il salto di specie dagli animali all'uomo.





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