Le vicende parlamentari dei giorni scorsi, caratterizzate dai
volgari festeggiamenti dei
senatori del
centrodestra, addirittura
felici per l’affossamento del
ddl Zan contro l’omotransfobia, hanno dimostrato come
l’Italia sia troppo spesso un Paese in cui non solo
non si può cambiare nulla, ma non si può nemmeno
‘aggiungere’ qualcosa. E quando ciò avviene, le conseguenze sono quelle di un
distacco profondo della società, assolutamente in grado di leggere molti fatti al di là delle mere
logiche di schieramento e a prescindere dalle
distinte impostazioni ideologiche o
culturali. La realtà di un parlamento in cui nulla può mutare perché tutto deve rimanere al proprio posto diviene, pertanto, la dimostrazione plastica di uno
scollamento. Ma la società muta ogni giorno
nonostante la politica, poiché difficilmente
'narcotizzabile' da certe astratte
logiche di controllo. Per una volta, dobbiamo
dar ragione al popolo: la nostra società meriterebbe di più e di meglio come propria
rappresentanza parlamentare, che ci pone di fronte a
mentalità immobiliste, che rifiutano persino il
passare del tempo, che eliminano la
veracità da ogni
equazione tendente alla
prassi e ai suoi
effetti giuridici, al fine di rintanarsi nel
sofismo più sterile e
qualunquista. Una
sterilità che può essere fotografata non solo come
amoralità, ma anche come semplice
‘vuoto valoriale’. Quando una società viene posta di fronte a simili
mancanze di ‘spina dorsale’, essa non può reagire in altro modo se non
allontanandosi dalla politica, che rimane il
‘teatro’ di una
strumentalizzazione statica dei problemi, al fine di garantire gli interessi di
un’oligarchia. In sostanza, si finisce col dar ragione alla
protesta, anche se essa appare, al momento, limitata dalle regole di
un’emergenza sanitaria a loro volta dettate da un vero e proprio
‘fatto instaurativo’. Il
Covid 19, alla fine, è diventato un vero e proprio
‘colpo di fortuna’, che ha consentito la giustificazione di ogni
‘chiusura oligarchica’ anche di fronte a tematiche ben
diverse rispetto a quelle
scientifico-sanitarie. Temi che interessavano e interessano una
parte minoritaria della società. Eccezion fatta per le
donne, le quali sanno benissimo come funziona un Paese che si ostina a rimanere
mentalmente arretrato, pagandone loro stesse, in prima persona, il
prezzo più gravoso. Le limitazioni delle
libertà individuali non sempre sono giustificate: ci sono
‘cognizioni di causa’ che meritano l’applicazione di quello che
Benedetto Croce definì
“nesso della distinzione”. E quando ciò non avviene, allora la società si ritrova innanzi a una
classe politica statica, chiusa in se stessa, esattamente come nei
regimi non democratici. L’affossamento del
ddl Zan, in buona sostanza, ha dimostrato una
sterilità valoriale prim’ancora che
morale: non ci sono più
princìpi, nel nostro Paese, di alcun genere e tipo. In politica, può anche capitare che si materializzi la volontà di far
convivere visioni distinte, capaci di comporsi verso
sintesi ‘felici’: vivaddio, ogni tanto
ciò
accade. Ma quando essa diviene il semplice
teatro di uno scontro totalmente interno, di una
‘bega’ sostanzialmente oligarchica, essa finisce col frenare il cammino di una
trasformazione ‘ordinata’ della società. In pratica, la nostra attuale classe politica ha affermato, in sede legislativa oltretutto – e ciò è assai più grave - che esiste
qualcosa di più importante rispetto a quanto richiesto da alcune categorie sociali di cittadini. E più di qualcuno si permette persino il lusso di
riempirsi la bocca con la locuzione
“sovranità popolare”, trasformandola in un vuoto
slogan propagandistico, funzionale al proprio
settarismo. Di fronte a una
pandemia planetaria esisteva, indubbiamente, la questione di un contemperamento tra le esigenze di
salute individuale con quella
collettiva, le quali dovevano trovare una sintesi per dettato costituzionale: questo è ciò che ha dato il senso alla nascita del
Governo Draghi, sostenuto da una maggioranza che doveva essere
più ampia possibile. Il ragionamento era corretto: ciò è fuor di discussione. Ma nel caso del disegno di legge contro
l’omotransfobìa si è, invece, assistito a un episodio di
clamorosa indifferenza, di
voltafaccia, di
furberie da
avvocatucoli d’accatto, che si sono vergognosamente nascosti dietro la
‘foglia di fico’ del
voto segreto. Si obietterà: sono metodi che dovreste conoscere, ormai. E infatti, li conosciamo bene.
Li conosciamo a tal punto che speravamo di
non vederli più. Per dirla con le esatte parole di
Bettino Craxi, certi metodi
“fanno strame di ogni questione di stabilità politica”. E’ stato cioè seminato un ulteriore
seme di instabilità e di
distacco: un nuovo elemento di
divaricazione tra popolo e istituzioni. Un
germe che
non verrà rimosso e che verrà lasciato nella propria sede in
paziente attesa, fino a generare una
nuova aspettativa che, a sua volta, diverrà nascita e crescita di un
frutto ancor più avvelenato, incapace di operare quelle opportune e razionali
distinzioni in merito al
giudizio che, a un certo punto,
bisognerà dare nei confronti di una
classe politica autoproclamatasi ‘oligarchia’. L’indifferenza genera esattamente questi frutti:
pietre ‘scartate’, che creano
nuove ‘testate d’angolo’. La società e il mondo andranno
da un’altra parte. Già lo stanno facendo, in realtà, di fronte a una classe politica incapace, oltreché di
legiferare, anche di avere un
moto di contegno, poiché
narcisisticamente vittima di un concetto di
trascendenza tanto
astratto, quanto
mostruoso, totalmente
dissociato dalla Storia e, persino, da se stessa. E’ proprio la
politica a generare
‘mostri’, assai più delle
religioni: notare bene cosa
‘caspita’ mi tocca arrivare a scrivere. Seppur in forme elementari, la
religione può essere considerata una sorta di
avviamento al ragionamento filosofico. La
politica, viceversa, troppo spesso
partorisce degenerazioni e forme di
degradazione. Ed è esattamente questo ciò che
pensano in molti, oggi, all’interno del nostro
popolo. E’ vero:
noi laici siamo ‘arcadici’ e, certamente, non amiamo il
populismo, poiché anche noi proveniamo da un percorso storico di
minoranza. Ma proprio chi si professa
laico dovrebbe per lo meno avere
l’avvedutezza, quando questa è necessaria, di ammettere che ci sono volte in cui
il popolo ha pienamente ragione. E per una volta,
ci togliamo uno ‘sfizio’ anche noi, dettando un editoriale populista.
Evviva il populismo.