Michela DiamantiI gravi disordini di queste settimane e le proteste dei ‘No green pass’, che prima furono ‘No mask’ e poi ‘No vax’ senza mai ‘azzeccarne’ una neanche per sbaglio, derivano da una matrice ben precisa del nostro Paese. Si tratta di una subcultura basata su un mero atteggiamento: un'etichetta, salutata la quale, può consentire il diffondersi di qualsiasi contenuto, persino di natura rivoluzionaria. Si tratta di una matrice presente da molto tempo in una parte del popolo italiano. In termini filosofici, nell’analizzare un problema qualsiasi si può usare il ‘fioretto’, oppure la ‘clava’. Tuttavia, pur essendo previsto l'utilizzo della seconda opzione, se si ricorre a essa sempre e costantemente, quasi con ripetitività, le nostre azioni rischiano di diventare ‘meccanismo’: una sorta di abitudine alle verità automatiche. Pertanto, anche in una logica di estremo rimedio da opporre a un male estremo, in un sistema democratico l'atto rivoluzionario raramente risulta giustificato. Si tenga presente che l'Italia ha vissuto fasi storiche molto difficili, come per esempio quella immediatamente successiva alla prima guerra mondiale. All’inizio degli anni ‘20 del secolo scorso, la fine dell'economia di guerra generò una marea di problemi di riconversione industriale. Inoltre, i reduci dal fronte non riuscivano a reinserirsi nella società. E molti di loro, dall'esperienza bellica avevano assorbito il metodo ‘militare’ come unico ed esclusivo ‘metro’ per reagire alle avversità. Tutto ciò comportò che il Paese, nel giro di pochi anni, finì con l'esautorare lo Statuto Albertino, fino a scivolare in un regime dittatoriale. E questa non è affatto una critica ideologica o storicista: stiamo affermando che il nostro Paese attraversò una fase di difficoltà tale che i fatti che ne derivarono e lo scivolamento verso una dittatura militare sono da considerarsi persino logici, empiricamente inevitabili. Quindi, pur non condividendo la ‘matrice assolutista’ - si chiama così, tecnicamente, anche quando questa si presenta ‘da sinistra’ – in quella precisa fase storica il metodo di prendere il ‘toro dalle corna’ apparve comprensibile ai più, persino naturale. La situazione si era fatta talmente drammatica che molti italiani di allora pensarono fosse giunto il momento che ‘qualcuno’ rimettesse ordine in molte cose. Ora, in un terreno socialmente laico e secolarizzato quale quello di oggi, questo tipo di atteggiamenti e di metodi non sono legittimi. Al contrario, il metodo rivoluzionario imposto dalla matrice assolutista diviene un'eccezione, non la regola. Consigliamo, pertanto, un abbassamento dei toni. Tutti quanti, anche chi non condivide affatto la matrice assolutista. Evitiamo di polarizzare o di radicalizzare le nostre opinioni. Anche perché ci sono momenti, nella vita di una società e di un Paese, in cui è giusto ascoltare il parere di tutti e tentare di prendere il meglio dal prossimo, selezionando e depurando gli aspetti polemici o eccessivamente critici. Anche i ‘buonisti’ rischiano di trascendere nell’errore derivante dalla propria 'matrice': quella di degenerare verso il ‘formalismo zelante’. Un’altra forma di ‘vuoto’, che impedisce le decisioni coraggiose. Non possiamo colpevolizzare eccessivamente un linguaggio che si era già diffuso nei nostri talk televisivi precedentemente alla pandemia: un modo di discutere fatto 'passare' dalle televisioni ‘generaliste’ e da un certo tipo di informazione. Si tratta di fenomeni antecedenti all'avvento del Covid 19 e non possiamo farne una colpa a nessuno. Abbassiamo dunque i toni e diamoci una bella calmata tutti quanti: quella che abbiamo superato - o quasi superato, si spera - è stata un'ondata non indifferente. Ma tutto sommato, il Paese ha resistito e ha dimostrato di essere sano, intelligente, vivace. Ponderiamo, anche noi laici, i nostri giudizi. Altrimenti, chiedere di mantenere questo medesimo atteggiamento agli altri rischia di diventare altrettanto illegittimo.





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