I gravi
disordini di queste settimane e le proteste dei
‘No green pass’, che prima furono
‘No mask’ e poi
‘No vax’ senza mai
‘azzeccarne’ una neanche per sbaglio, derivano da una
matrice ben precisa del nostro Paese. Si tratta di una
subcultura basata su un
mero atteggiamento: un'etichetta, salutata la quale, può consentire il diffondersi di
qualsiasi contenuto, persino di
natura rivoluzionaria. Si tratta di una
matrice presente da molto tempo in una parte del popolo italiano. In termini filosofici, nell’analizzare un problema qualsiasi si può usare il
‘fioretto’, oppure la
‘clava’. Tuttavia, pur essendo previsto l'utilizzo della
seconda opzione, se si ricorre a essa sempre e costantemente, quasi con
ripetitività, le nostre azioni rischiano di diventare
‘meccanismo’: una sorta di
abitudine alle
verità automatiche. Pertanto, anche in una logica di
estremo rimedio da opporre a un
male estremo, in un sistema democratico
l'atto rivoluzionario raramente risulta giustificato. Si tenga presente che
l'Italia ha vissuto fasi storiche molto difficili, come per esempio quella immediatamente successiva alla
prima guerra mondiale. All’inizio degli
anni ‘20 del secolo scorso, la fine
dell'economia di guerra generò una marea di problemi di
riconversione industriale. Inoltre, i
reduci dal fronte non riuscivano a reinserirsi nella società. E molti di loro,
dall'esperienza bellica avevano assorbito il
metodo ‘militare’ come unico ed esclusivo
‘metro’ per reagire alle avversità. Tutto ciò comportò che il Paese, nel giro di pochi anni, finì con l'esautorare lo
Statuto Albertino, fino a scivolare in un
regime dittatoriale. E questa non è affatto una
critica ideologica o
storicista: stiamo affermando che il nostro Paese attraversò una fase di difficoltà tale che i fatti che ne derivarono e lo scivolamento verso una
dittatura militare sono da considerarsi persino logici,
empiricamente inevitabili. Quindi, pur non condividendo la
‘matrice assolutista’ - si chiama così, tecnicamente, anche quando questa si presenta
‘da sinistra’ – in quella precisa fase storica il metodo di
prendere il ‘toro dalle corna’ apparve comprensibile ai più, persino naturale. La situazione si era fatta talmente drammatica che molti italiani di allora pensarono fosse giunto il momento che
‘qualcuno’ rimettesse ordine in molte cose. Ora, in un terreno
socialmente laico e
secolarizzato quale quello di oggi, questo tipo di atteggiamenti e di metodi
non sono legittimi. Al contrario, il
metodo rivoluzionario imposto dalla
matrice assolutista diviene
un'eccezione, non la
regola. Consigliamo, pertanto,
un abbassamento dei toni. Tutti quanti, anche chi non condivide affatto la
matrice assolutista. Evitiamo di polarizzare o di radicalizzare le nostre
opinioni. Anche perché ci sono momenti, nella vita di una società e di un Paese, in cui è giusto
ascoltare il parere di tutti e tentare di
prendere il meglio dal prossimo, selezionando e depurando gli aspetti
polemici o eccessivamente
critici. Anche i
‘buonisti’ rischiano di
trascendere nell’errore derivante dalla propria
'matrice': quella di degenerare verso il
‘formalismo zelante’. Un’altra
forma di ‘vuoto’, che impedisce le
decisioni coraggiose. Non possiamo colpevolizzare eccessivamente un
linguaggio che si era già diffuso nei nostri talk televisivi precedentemente alla
pandemia: un modo di discutere
fatto 'passare' dalle
televisioni ‘generaliste’ e da un certo tipo di
informazione. Si tratta di
fenomeni antecedenti all'avvento del
Covid 19 e non possiamo farne una colpa a nessuno.
Abbassiamo dunque i toni e diamoci una bella calmata tutti quanti: quella che abbiamo superato - o
quasi superato, si spera - è stata
un'ondata non indifferente. Ma tutto sommato,
il Paese ha resistito e ha dimostrato di essere
sano, intelligente, vivace. Ponderiamo, anche noi
laici, i nostri
giudizi. Altrimenti, chiedere di mantenere questo medesimo atteggiamento agli altri rischia di diventare altrettanto
illegittimo.