Michela DiamantiSul fronte della moda ci ritroviamo in un settore ben distinto rispetto a quello scientifico. Su tale versante, gioca molto il gusto individuale e la creatività degli stilisti, anche in certe fasi storiche che possono apparire di ‘involuzione’. Ma proprio per questo motivo, respingiamo in parte alcune critiche che vedrebbero, in questi anni, il trionfo di un certo conformismo e quasi un ribaltamento dell’esposizione dei corpi tra uomini e donne. Siamo in una fase in cui le ragazze, soprattutto d’estate, preferiscono i vestiti a fiori o a ‘pois’ molto lunghi, mentre sono i ‘maschietti’ a mostrare gambe e cosce o a evidenziare glutei con vestimenti corti e molto ‘inguainati’, provenienti dalle palestre o dagli ambienti sportivi. E’ una fase: cosa possiamo farci? Veniamo anche da un pandemia planetaria e da lunghi periodi in cui abbiamo vissuto tutti quanti chiusi in casa. Pertanto, le ragazze sentono il bisogno di sentirsi comode e di ‘nascondere’ qualche 'difettuccio' derivante dalla scarsa attività fisica, effettuata unicamente ‘da remoto’ quando c’è stato tempo e modo. I ragazzi, viceversa, sentono caldo e nutrono esigenze diverse, per via della tropicalizzazione del clima: non è molto comodo farsi 3 docce al giorno per poi apparire eleganti, ma colanti di sudore, nonostante gli sforzi fatti per rinfrescarsi di continuo. Sul fronte femminile, rimpiangere le minigonne di Mary Quant ha poco senso: quelli erano anni caratterizzati da una ‘controcultura’ che seppe diventare una cultura per tutti. In buona sostanza, quella moda era figlia della contestazione stessa. Oggi, invece, abbiamo ben altri problemi. In ogni caso, i vestiti lunghi di questi anni non sono paragonabili a certi ‘scafandri’ dei primi anni '60 anni del secolo scorso, dove bastava l’ombelico della Carrà o le gambe inguainate delle gemelle Kessler a scuotere l’immaginario erotico della collettività. Anche perché non stiamo giocando alle ‘belle statuine’. Per vivere la moda del proprio tempo bisogna attraversare un’epoca spensierata, oppure caratterizzata da problemi facilmente identificabili. La nostra Italia di allora proveniva da un disastroso conflitto mondiale e da un ventennio di regime militare. E le ragazze ‘scalpitavano’, al fine di liberarsi da molte cose: era facile, a quei tempi, fare le ‘anticonformiste’. Anche perché, il passaggio non fu quello connotato da quel ‘trionfo di curve’ chiamato Marilyn Monroe, bensì dall’eleganza filiforme delle Audrey Hepburn, delle Catherine Spaack e della ‘francesina’ per antonomasia: Brigitte Bardot. Era cioè il momento delle prime ragazze magre ed eleganti, che segnalavano una grande trasformazione ormai giunta al suo apice. Tutto ciò non significa che oggi si stia tentando la ‘strada’ del conformismo ‘trash’ o della stravaganza a tutti i costi, finalizzata unicamente a stupire. I ragazzi sono più coraggiosi a causa di un ‘ristagno’ evidente dell’identità maschile, che proprio non riesce a liberarsi dai vuoti atteggiamenti tipici del ‘machismo’. Ma non si tratta solamente di questioni antropologiche, bensì di problemi pratici, uniti a una stucchevole mancanza – questa sì - di risposte innovative. Non sempre la moda è tenuta a identificare un ‘tempo’: possono esserci periodi in cui i problemi concreti si toccano con mano, quasi camminando sulle gambe delle persone. Ciò non autorizza a lasciarsi andare in giudizi troppo severi o in stroncature da ‘tromboni’, in una fase di ‘uscita’, alquanto disordinata, da una pandemia. Un periodo assai poco elegante di per sé.





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