Lunedì
6 settembre, alle ore
19.00, è stata inaugurata presso lo
StudioCico di
via Gallese 8 in
Roma, una mostra dedicata a
‘I Di Stefano’. Si tratta di
2 artisti, padre e figlio, i cui stili, ovviamente diversi nel modo d'interpretare l'arte, si fondono su un altro piano: quello dei sentimenti. Sono ben più di
50 le opere realizzate in
acquerello, china e
olio. La differenza tra le opere di
Giovanni - che ci ha lasciati nel
1990 - e quelle del
figlio è avvertibile nella forza dirompente delle immagini, che avvalendosi di una intensa cromaticità, esprimono una forte
tensione dinamica: i soggetti sembrano
vivere di vita propria, quasi
balzare fuori dalla tela, che fatica a contenerli, a tenerli fissati e che si piega a trasmetterli alla visione dello spettatore come lo
schermo di una
sala cinematografica. Un paragone tutt'altro che azzardato, se si considera che
Giovanni Di Stefano ha lavorato, per lungo tempo, come
illustratore per il
cinema. Persino alcune immagini
statiche, come il
Cristo per esempio, esprimono una
tensione interiore dovuta al colore, che fa vibrare il soggetto, rendendolo talmente
vivo da farne quasi avvertire il respiro. Molto differente lo stile del figlio
Stefano, il cui percorso artistico è fortemente influenzato dalla sua professione d'architetto. Le sue sono opere di piccola o media dimensione, realizzate
a china o
acquerello. Il
segno, il
dettaglio meticoloso, la
precisione nella linea, sono i capisaldi della sua produzione, come nei sorprendenti
scorci di paesini testimoni di un'acutezza di visione fuori dal comune: veri ricami di una punta sottile e nera, frutto di un senso innato, più che costruito, della
prospettiva e della
profondità. A sorpresa, l'opera che unisce i due artisti, al di là del tempo, è proprio il
volto del Cristo che
Stefano Di Stefano ha realizzato nel
2021 ad
acquerello. Un chiaro tributo che il
figlio ha voluto dedicare al
padre, alla sua carriera e alla sua storia, per non dimenticarlo e non farlo dimenticare. Nel
Cristo a olio, quello di
Giovanni Di Stefano, il viso non è in primo piano e, nella posizione, emerge una certa
rassegnazione. Il
figlio, con il suo
acquerello, si è invece concentrato
sull'espressione sofferente del volto, quasi incredula nel suo smarrimento per la
cattiveria gratuita dei suoi
persecutori, che s'intuiscono fuori dal campo di visione: un significato profondo, che
travalica l'arte di per sé e arriva direttamente al
cuore. Una
famiglia di artisti, che potrà lasciare il segno nella
Storia dell'arte. E testimonia la competenza di
Cinzia Cotellessa nel proporre solo il meglio nella sua galleria. Ha presentato la mostra ai convenuti, numerosi come sempre, la critica d'arte:
Tiziana Rasile.