Valentina UghettoL’uguaglianza di genere e l’autodeterminazione di donne e ragazze fa parte degli obiettivi dell’Agenda 2030 delle Nazioni Unite - al quinto punto su 17 - per lo sviluppo sostenibile. E l’Unione europea, in linea con l’Agenda 2030 medesima, ha recentemente accolto una nostra ‘Strategia nazionale’ ispirata alla 'Gender Equality Strategy 2020-2025'. E infatti l’Italia, che presiede il G20 per il 2021, già l’anno scorso aveva colto l’occasione per presentare in Consiglio dei ministri, su iniziativa della ministra per le Pari opportunità e la Famiglia, Elena Bonetti (Italia Viva), una traccia già avanzata di ‘Strategia nazionale' per la parità di genere. E già prima del passaggio in Consiglio dei ministri, questa strategia era stata oggetto di un’informativa alle Camere in Conferenza unificata, riscuotendo consenso e approvazione, sia da parte dei rappresentanti delle Regioni, sia delle Province e dei Comuni. Per il Governo italiano, questa Strategia nazionale rappresentava – e rappresenta - un punto di arrivo verso l’attuazione del Piano nazionale di ripresa e resilienza (Pnrr) e per la riforma del cosiddetto ‘Family Act’. Quindi, già nel mese di giugno 2020, il Consiglio dei ministri n. 51 aveva approvato il disegno di legge-delega proposto dalla ministra per le pari opportunità e la famiglia, Elena Bonetti e dall’allora ministra del Lavoro e delle Politiche sociali, Nunzia Catalfo, recante, per l'appunto, le ‘Deleghe al governo per l’adozione dell’assegno universale e l’introduzione di misure a sostegno della famiglia’ (anche detto Family Act, ndr). Si tratta di un progetto organico di misure pensate per le famiglie con figli. Ogni tanto, qualche voce ‘girava’. Tra donne, se ne parlava e riparlava. Qualcuna ne citava addirittura degli stralci a memoria. E allora ci siamo detti: “Andiamo a leggere ‘sta roba…”. E in effetti, abbiamo dovuto ammettere che questa famosa ‘Strategia nazionale’ oggi possiede una prospettiva di lungo termine, rappresentando sia uno schema di valori, sia un indirizzo politico che, si spera, venga realizzato. Siamo, dunque, innanzi a un punto di arrivo, in termini di parità di genere. Secondo l’Istituto europeo per l’uguaglianza di genere (Eige), oggi l’Italia risulta al 14° posto in Europa in materia di parità di genere, con un punteggio del ‘Gender Equality Index’ inferiore alla media europea. Il percorso è dunque impegnativo, perché siamo lontani dai primi tre Paesi della classifica (Svezia, Danimarca e Francia). Eppure, un primato, in questi ultimi sette anni, lo abbiamo ottenuto, grazie a un incremento di oltre 10 punti. Sia come sia, la Strategia - di durata quinquennale - agisce in un orizzonte temporale che si concluderà nel 2026 e intende produrre cambiamenti duraturi di natura strutturale, attraverso un approccio trasversale e integrato, volto alla promozione delle pari opportunità e della parità di genere. I punti previsti sono i seguenti: a) promozione del gender mainstreaming e del bilancio di genere; b) introduzione della valutazione dell’impatto di genere di ogni iniziativa legislativa e a sostegno delle fragilità; c) promozione dei principi e degli strumenti del Gender Responsive Public Procurement (Grpp); d) potenziamento delle statistiche ufficiali e rafforzamento della produzione di indicatori disaggregati per genere; e) promozione di un linguaggio che favorisca il dialogo e il superamento di espressioni o manifestazioni sessiste; f) istituzione di un ‘Patto culturale’ tra il mondo istituzionale e tra questo e la società civile, per garantire un’azione collettiva di promozione della parità di genere; g) rafforzamento della promozione di ‘role model’ per la parità di genere e per il superamento degli stereotipi di genere; h) promozione della medicina di genere specifica; i) considerazione dei fattori bloccanti l'implementazione della parità di genere e per l’implementazione della strategia stessa. L’obiettivo è guadagnare 5 punti nella classifica del Gender Equality Index dell’Eige. Cinque le priorità da acquisire: 1) lavoro; 2) reddito; 3) competenze; 4) tempo; 5) potere. Tutti obiettivi e target dettagliati e misurabili, da raggiungere entro il 2026. La ministra per le Pari opportunità e la Famiglia, Elena Bonetti, ha dichiarato che “le donne sono al centro dei nostri comuni impegni per un’effettiva ripresa sociale, culturale ed economica post-pandemica. La partecipazione delle donne nei luoghi istituzionali e di decisione, ma anche nel processo di transizione ecologica, è fondamentale per arrivare a una visione che valorizzi le diversità e la formazione delle competenze al femminile”. E nell’ambito del G20 presieduto dall’Italia, tenutosi lo scorso 26 agosto a Santa Margherita Ligure (Ge), sempre la Bonetti ha partecipato alla chiusura del G20 Empower: l’alleanza per la promozione della leadership delle donne nelle imprese. Un consesso unico, che ha collegato il mondo privato col pubblico e si è posto, come finalità, quella di sostenere lo sviluppo della figura femminile ai più alti livelli manageriali, politici e sociali. Durante la sessione plenaria in presenza, la ministra ha ribadito “l’importanza di una forte intesa tra pubblico e privato”. E ha sottolineato “il lavoro dell’alleanza sul tema della misurabilità e sugli indicatori degli sviluppi delle capacità di gestione e di leadership femminile nelle imprese, anche per quanto riguarda il gender pay gap” (divario retributivo di genere, ndr).





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