In questi giorni, entrerà in vigore il
decreto legge approvato dal Governo, che renderà obbligatorio il
'Green Pass' per accedere a bar e ristoranti al chiuso, piscine, palestre, cinema e centri termali. Già necessaria per viaggiare in aereo, la
certificazione verde verrà estesa, da qui a settembre, anche a mezzi di trasporto e scuole. Si ottiene se ci si è sottoposti a
vaccino, se si è guariti dal
Covid-19 o se si è effettuato un tampone (in quest’ultimo caso, però, la validità è di soli due giorni). Le nuove disposizioni governative sul
'Green Pass' hanno scatenato una serie di polemiche da parte di un’ampia fetta della società civile, che si è riversata nelle piazze di tutta
Italia per protestare contro quello che viene impropriamente definito:
“Obbligo vaccinale”. Durante i cosiddetti
‘No Paura Day’, migliaia di persone hanno preso la parola e sollevato striscioni contro normative definite
“liberticide” e uno Stato
“antidemocratico”. Tra i manifestanti figuravano molti
‘No-Vax’ - cittadini e cittadine contro i vaccini tout court - ma anche diverse persone che rivendicavano il diritto di scegliere se vaccinarsi o meno. Un diritto che - secondo loro - non può essere scavalcato dal
“ricatto” di una
certificazione verde. Lasciando da parte le
argomentazioni deliranti dei
‘No-Vax’ sullo strapotere delle case farmaceutiche - pseudoargomenti che nulla aggiungono e molto tolgono al dibattito pubblico - i dubbi e le perplessità di tanti uomini e donne scesi in piazza sono e restano
comprensibili, alla luce di una situazione del tutto inedita a livello globale. A ciò si aggiunga il fatto che spesso, negli ultimi venti mesi, i
media nazionali e la
classe politica non sono stati capaci di tessere
narrazioni coerenti ed
emotivamente distaccate sulla
pandemia. A fronte di tanta confusione è comprensibile che alcuni provino un senso di spaesamento e sfiducia che li spinge a temere i
vaccini e, di conseguenza, a protestare contro il
‘Green Pass’. Quest’ultimo viene vissuto come una limitazione di una libertà fondamentale garantita dalla
Costituzione, che è la
libertà di cura. Durante i
‘No-Paura Day’, dal nord al sud d’Italia sono stati tanti ad appellarsi
all’articolo 32 della nostra
Costituzione in cui è scritto che
“nessuno può essere obbligato a un determinato trattamento sanitario”. Si tratta, tuttavia, di un’interpretazione impropria, derivante
dall’estrapolazione di un singolo rigo che, in realtà, si trova calato all’interno di un paragrafo più ampio e complesso. L’articolo integrale, infatti, recita:
“La Repubblica tutela la salute come fondamentale diritto dell'individuo e interesse della collettività, e garantisce cure gratuite agli indigenti. Nessuno può essere obbligato a un determinato trattamento sanitario se non per disposizione di legge. La legge non può in nessun caso violare i limiti imposti dal rispetto della persona umana”. Pertanto, da una lettura più attenta
dell’articolo 32 C. si evincono almeno due aspetti: il primo è che la
salute non è solo un
diritto fondamentale
dell’individuo, ma anche
interesse della collettività, quindi di tutti i cittadini; inoltre, possono esserci
trattamenti sanitari obbligatori approvati con
disposizione di legge, a condizione che la norma non violi il
rispetto della persona. In effetti, ciò si verifica già nel caso dei
dieci vaccini obbligatori per i bambini da
zero a
16 anni. Dunque, il
‘Green Pass’ non è, come molti dicono e continuano a ripetere in questi giorni,
“anticostituzionale”. La nostra
Costituzione è infatti molto
puntuale nel ribadire che i
diritti fondamentali e inviolabili dell’individuo non possono mai essere
dissociati dal
principio di solidarietà, che è la linfa di qualsiasi
società civile e
democratica. Dovremmo allora chiederci: chi mette davvero in pericolo la
nostra libertà? Il
virus, l’assenza di
pensiero critico o
l’obbligo vaccinale?