Di fronte ai
capricci dei
‘No vax’, siamo ovviamente soddisfatti dal provvedimento assunto dal
Governo Draghi, in concorso sussidiario con le
Regioni e le aziende sanitarie locali e territoriali. Tuttavia, riteniamo di essere
solo all’inizio di una diatriba che ha ormai assunto le caratteristiche di una
miope ed
egoistica superficialità, potenzialmente nociva sia alla salute pubblica, sia alla nostra economia. Non si può continuare con un simile livello di
disinformazione, che vede ogni esperto o studioso bersagliato da critiche e commenti ai limiti della
psicosi collettiva. Innanzitutto, i
vaccini hanno
azzerato le morti in tutti i Paesi del mondo, immunizzando le fasce più a rischio: negare un simile esito, di portata addirittura
planetaria, è totalmente contrario a ogni logica.
Un’ignavia mirata, probabilmente, a ridimensionare i meriti della
scienza. L’ostinazione degli anni passati nel non investire nella
ricerca scientifica - responsabilità imputabile a
tutti gli esecutivi che si sono succeduti alla guida del Paese, di qualsiasi colore od orientamento essi fossero - dimostra l’esistenza di una sorta di
‘barriera’ antropologico-culturale, che possiede radici ampie e trasversali in ogni ambiente, anche quelli apparentemente meno sospetti. Negare che tali
rigidità non siano legate a una
strana ideologia fatalista, capace di negare anche la realtà più evidente e misurabile, significa essere complici di uno
strano ‘feudalesimo’, che proprio non vuol saperne di essere confinato ai margini. I
vaccini anti-Covid risultano, inoltre, i più sicuri di qualsiasi altra immunizzazione inoculata in passato, il cui difficile reperimento provocava addirittura le
proteste opposte, con tanto di accuse contro lo Stato di non voler proteggere la salute dei
ceti meno abbienti della popolazione. Invece, questa volta i dati di tutti i Paesi sono concordi: i
vaccini registrati presso le autorità di controllo -
Ema, Aifa, ma anche dalla statunitense
Fda - sono assolutamente
efficaci, anche nei confronti delle nuove
‘varianti’ del
Sars-Cov2. Pertanto, un simile fenomeno di
negazione non può essere registrato come
fisiologico, bensì possiede una regia che sembra voler spingere il Paese verso un nuovo periodo di
chiusure invernali, da strumentalizzare politicamente. Un
propagandismo ideologico senza scrupoli, che sembra orientato a voler rallentare
l’uscita dell’Italia dalla
pandemia. Atteggiamenti irresponsabili, che meritano ulteriori provvedimenti di contrasto. Ecco perché riteniamo sensata la proposta formulata dalla virologa
Ilaria Capua, la quale, ospite de
La7, ha recentemente ipotizzato la possibilità di ricorrere a un
‘ticket’ nei confronti di quei cittadini che rifiuteranno la
vaccinazione. Un’opzione finalizzata a rimborsare lo Stato per i futuri ricoveri nei suoi
costi ‘non sanitari’: letto, biancheria, mense, servizi di pulizia, utenze. In buona sostanza, se si reclama una
libertà giuridicamente più vicina a una forma di
‘licenza arbitraria’, risulta altresì corretta l’ipotesi di introdurre un
contributo giornaliero, in modo da rendere
sostenibili i costi dei futuri ricoveri nelle
terapie intensive. E’ ormai necessario che il Paese comprenda che il momento è particolarmente
delicato e che, intorno a questioni di questo genere,
eticamente sensibili, non si possa continuare ad assumere atteggiamenti
miopi ed
egoistici, che ricadrebbero, in un modo o nell’altro,
sull’intera collettività. Il problema è ormai emerso in tutta la sua
diabolica ambiguità: all’interno della
società italiana non vigono i medesimi
valori sociali e non si condividono gli stessi
princìpi. Pertanto, ulteriori misure di
disincentivazione di quella che, assai impropriamente, viene definita
‘libertà di cura’ dovranno essere valutati e studiati, se veramente si vuole raggiungere
quell’immunità di gruppo in grado di proteggere anche coloro che
rifiutano l’assistenza sanitaria e le
prestazioni mediche garantite dallo Stato.