Crediamo che mai come oggi sia necessaria una riflessione sul futuro
dell’area liberale e
riformatrice, laica e
radicale. La sensazione peggiore che proviamo è quella di una certa
rassegnazione, a voler essere ottimisti, che diventa pessimismo cosmico se si è semplicemente realisti. Invece di ragionare in grande, ogni leader o presunto tale del proprio
'gruppetto' di fans non fa che ripetere lo stesso
modus operandi, convinto che l’aver creato il proprio
‘cespuglio’ sia il titolo di merito che i
‘Partiti-traghetto’ dovrebbero riconiscergli, per portare con i loro voti il
'cespuglio' in
parlamento. Una moda inaugurata con la
seconda Repubblica e i sistemi elettorali di tipo
maggioritario e che non pare essere ancora, per l’appunto, passata di moda. La politica però è un’altra cosa: é proposta, ricerca del consenso, ma è, soprattutto,
identità. Ossimori come il
“socialismo liberale” del
signor Calenda, o il
liberalismo in ‘salsa piddina’ degli amici di
+Europa non sono digeribili, né possono far intravedere un futuro per il popolo dei
liberali consapevoli, né tantomeno possono essere la
sponda di approdo per i
liberali inconsapevoli. Al di là dell’inflazione di soggetti politici, alcuni degni di palcoscenici di avanspettacolo che tentano di accreditarsi come continuatori della
tradizione liberale italiana, ci pare di poter dire, senza tema di smentita, che appuntarsi al bavero la
'medaglietta liberale' non possa essere sufficiente. Il
Partito liberale non ritiene di essere l’unico soggetto accreditato per un compito sicuramente arduo, compito da cui il
Partito repubblicano e quello
radicale non possono esimersi. Ritiene, però, che sia tempo per guarire dalla ‘sindrome del cespuglio’. Sicuramente, la legge elettorale, se sarà proporzionale, non consentirà più la coltivazione di ‘piantine’, ma obbligherà a voler essere alberi radicati e capaci di offrire ombre e ripari dalle
tempeste populiste o dai
‘solleoni’ sovranisti. Soprattutto, però, è tempo di
uscire dall’equivoco: centrosinistra o
centrodestra. Noi
liberali siamo un’altra cosa. Siamo un’altra cosa in quasi tutto il mondo occidentale, persino in Paesi dove meno ci aspetta che la
cultura liberale abbia attecchito.
Renzi, Calenda, Cottarelli, Giannino, Bonino, Della Vedova, Bernardini e
Turco ci dicano, una volta per tutte, cosa vogliono fare
'da grandi', se arare e mettere a coltura la grande prateria o confezionare qualche pregiata gardenia da mettere all’occhiello del
traghettatore di turno. I
liberali stanno qui, ma non attenderanno ancora a lungo i capricci dei
coltivatori di cespugli.