Claudio GentileCrediamo che mai come oggi sia necessaria una riflessione sul futuro dell’area liberale e riformatrice, laica e radicale. La sensazione peggiore che proviamo è quella di una certa rassegnazione, a voler essere ottimisti, che diventa pessimismo cosmico se si è semplicemente realisti. Invece di ragionare in grande, ogni leader o presunto tale del proprio 'gruppetto' di fans non fa che ripetere lo stesso modus operandi, convinto che l’aver creato il proprio ‘cespuglio’ sia il titolo di merito che i ‘Partiti-traghetto’ dovrebbero riconiscergli, per portare con i loro voti il 'cespuglio' in parlamento. Una moda inaugurata con la seconda Repubblica e i sistemi elettorali di tipo maggioritario e che non pare essere ancora, per l’appunto, passata di moda. La politica però è un’altra cosa: é proposta, ricerca del consenso, ma è, soprattutto, identità. Ossimori come il “socialismo liberale” del signor Calenda, o il liberalismo in ‘salsa piddina’ degli amici di +Europa non sono digeribili, né possono  far intravedere un futuro per il popolo dei liberali consapevoli, né tantomeno possono essere la sponda di approdo per i liberali inconsapevoli. Al di là dell’inflazione di soggetti politici, alcuni degni di palcoscenici di avanspettacolo che tentano di accreditarsi come continuatori della tradizione liberale italiana, ci pare di poter dire, senza tema di smentita, che appuntarsi al bavero la 'medaglietta liberale' non possa essere sufficiente. Il Partito liberale non ritiene di essere l’unico soggetto accreditato per un compito sicuramente arduo, compito da cui il Partito repubblicano e quello radicale non possono esimersi. Ritiene, però, che sia tempo per guarire dalla ‘sindrome del cespuglio’. Sicuramente, la legge elettorale, se sarà proporzionale, non consentirà più la coltivazione di ‘piantine’, ma obbligherà a voler essere alberi radicati e capaci di offrire ombre e ripari dalle tempeste populiste o dai ‘solleoni’ sovranisti. Soprattutto, però, è tempo di uscire dall’equivoco: centrosinistra o centrodestra. Noi liberali siamo un’altra cosa. Siamo un’altra cosa in quasi tutto il mondo occidentale, persino in Paesi dove meno ci aspetta che la cultura liberale abbia attecchito. Renzi, Calenda, Cottarelli, Giannino, Bonino, Della Vedova, Bernardini e Turco ci dicano, una volta per tutte, cosa vogliono fare 'da grandi', se arare e mettere a coltura la grande prateria o confezionare qualche pregiata gardenia da mettere all’occhiello del traghettatore di turno. I liberali stanno qui, ma non attenderanno ancora a lungo i capricci dei coltivatori di cespugli.




(articolo tratto dal sito www.rivoluzione-liberale.it)

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