E’ senz’altro vero che, in questi anni, oltre allo
‘tsunami pandemico’, abbiamo dovuto subire gli strascichi dello scandalo di
Cambridge Analytica, che ci ha costretti a rivedere molti meccanismi di espressione della
libertà. Una cosa, infatti, è discutere sull’esistenza degli
alieni, ben altra denunciare su larga scala come
'notitia criminis' una serie di reati che non sono stati mai commessi. Ma nella confusione generata appositamente in questi anni,
l’Unione europea è stata piuttosto
lenta nel difendere la
libertà del singolo individuo. Come testimoniato, per esempio, dalla
persecuzione che la comunità
Lgbt sta subendo in
Polonia, un Paese della
Ue che ha beneficiato di copiosi
investimenti strutturali, dopo essere uscita dai decenni di
dittatura comunista e che, tuttavia, evidenzia una
maggioranza silenziosa che applica quasi
‘alla lettera’ un
cattolicesimo integrista e
ortodosso. La
libertà di culto è pienamente legittima, in democrazia. Ma essa non deve diventare un pretesto per
trascendere il diritto civile. Una questione che non riguarda solamente la
Polonia: anche in
Bielorussia, in larghe parti
dell’Asia – a cominciare da
Hong Kong - e nella stessa
Russia di
Putin, molte proteste popolari sono state represse. Perché il vero problema rimane la mancanza di una
visione europea: un’idea di futuro che sappia spiegare ai cittadini come praticare il percorso della
solidarietà sociale. La
società liquida e senza scrupoli in cui ci ritroviamo immersi continua a produrre
contrapposizioni radicali, basate su un
benessere illusorio, che considera la
libertà una
merce come tante altre, reclamabile soltanto da chi può permettersela. E c’è il problema della
misoginìa: una
violenza generica contro le donne che investe ogni sfera e ogni ambiente della nostra vita quotidiana, come dimostrato dai fatti di
Trevignano, nella parte settentrionale della provincia di
Roma. Questa
visione ‘pop’ della
convivenza civile tradisce una
mancanza di cultura aberrante, che ha invaso le
piattaforme ‘social’ trasformando il confronto dialettico e lo scambio di opinioni in
duelli rusticani. Ecco perché è giusto prendere atto delle conseguenze generate, in questi anni, dalla
disinformazione e dalle svariate forme di
manipolazione, che hanno alzato
l’asticella della
tensione sociale. Ma la
libertà non va solamente reclamata quando veniamo colpiti individualmente o personalmente, bensì dev’essere difesa collettivamente. Un compito che spetta pienamente
all’Unione europea, affinché certe
rumorose minoranze teocratiche e
fataliste non ci riportino indietro. Verso un
tradizionalismo settario, da
allucinati. Da
orfani dei totalitarismi, ideologici o religiosi essi siano. La
laicità è una
‘porta stretta’, lo sappiamo bene. Ciò, tuttavia, non giustifica il
rifiuto di varcarla nella forma più
inclusiva possibile.