In
Medio Oriente, per l’ennesima volta, infuria la tragedia. Un conflitto che nasce da contraddizioni inconciliabili. Come quella che impone a
Israele di difendersi reagendo al
terrorismo e alle conseguenze di una
reazione che appare
eccessiva, poiché ricade sugli
innocenti e la
popolazione civile. Ma la
tragedia di Israele non è solo la minaccia di distruzione da parte del
mondo arabo, ma l’incapacità di essere uno
Stato in grado di assicurare a tutti i suoi cittadini, dunque anche a quelli
palestinesi di
cittadinanza israeliana, la stessa
dignità degli altri. Al contempo, la
tragedia dello
Stato arabo di Palestina è quella di chi ha perso, in passato, molti dei suoi territori, colonizzati nel tempo da famiglie e comunità
ebree. Un dramma che discende da una lunga serie di altri
errori del passato che non è più possibile correggere. Oggi, quei
cittadini israeliani di
etnia palestinese alieni da ogni forma di
terrorismo e da qualsiasi
fondamentalismo, si ritrovano nell’estrema difficoltà di sentirsi
non integrati a pieno titolo. E fin quando esisterà tale situazione di contesto, dai connotati tremendamente politici, la guerra e la violenza avranno sempre l’ultima parola. Oggi, il centro del mondo rimane il
Medio Oriente: una sorta di
‘buco nero’ sanguinoso e drammatico, che rischia di assumere
dimensioni catastrofiche, perché ogni conflitto scatena nuove
psicosi, nuovi
rancori, ulteriori sentimenti di
vendetta. Pulsioni collettive che non sempre sono causate da questioni reali, oggettive, ma da
pregiudizi ideologici, dal ritorno di una
retorica da
‘guerra di civiltà’ tra
mondo occidentale e quello
islamico. Innescando, a sua volta, forme di
antisemitismo pericolose, nutrite da secoli e culminati nel vertice supremo del male: la
Shoah. Un
antisemitismo che rischia di
appiattire la critica verso
Israele a
critica agli ebrei, cioè anche a coloro che
non c’entrano nulla con i meriti e gli errori della politica di
Tel Aviv. In
Medio Oriente si continua a
giocare col ‘fuoco’, non solo in senso metaforico. E sarebbe ora che il mondo se ne rendesse conto. Se non si risolve il
‘nodo palestinese’, non riusciremo mai a superare la contraddizione tra
mondo occidentale e
islam in forme e modalità di
coesistenza tra le
3 religioni monoteiste più importanti della
Storia. E questo è un compito per i
laici. Perché solo chi si ritrova in una condizione di
distanza dai
conflitti religiosi può svolgere un ruolo utile a garantire un principio di
piena libertà religiosa e di
culto. Serve, dunque, una
soluzione laica al conflitto in
Medio Oriente. Poiché essa è la visione chiamata a svolgere un
ruolo di equilibrio fondamentale, oggi, in molti
teatri di crisi di tutto il mondo.