Da quando la
Convenzione delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici (Unfccc) è entrata in vigore nel
1994 e dalla prima
Conferenza delle parti (Cop) del
1995, le considerazioni sulla
rappresentanza di genere sono state quasi del tutto assenti dai negoziati internazionali sul
cambiamento climatico. Anche se, dopo il
vertice di Rio del
1992, era parso che la
‘prospettiva di genere’ dovesse presto essere integrata nei processi decisionali in materia dell’ambiente. Il
‘Subsidiary Body on Scientific, Technical and Technological Advice’ (Sbstta) negli ultimi vent’anni ha sottolineato l’importanza riguardo la
biodiversità in agricoltura, nella quale si affermava che la conoscenza attuale e potenziale sugli ecosistemi agricoli locali, generata dalle comunità di agricoltori, è uno strumento importante al fine di ottimizzare la gestione di quegli ecosistemi. Gran parte delle pratiche agricole e delle conoscenze sono tramandate e gestite dalle
donne, nelle comunità locali di molte regioni del mondo. E il loro ruolo nel mantenimento di queste conoscenze è di fondamentale importanza. A causa delle diversità dei
ruoli intrapresi nelle
comunità rurali da parte degli uomini e delle donne, si sono trasmesse culture complementari e differenti: un quadro dello stesso elemento, ma con aspetti diversi. Le donne organizzano così la loro coscienza in altre attività e la trasmettono con mezzi differenti. Queste conoscenze vanno a innestarsi nelle
azioni sociali, in base ai differenti bisogni e priorità in riferimento all’utilizzo
dell’acqua o delle
risorse genetiche delle piante e degli
animali domestici. Se alle donne, con particolare riferimento alle
donne indigene e
contadine, venisse affidato un maggior
potere decisionale all’interno delle famiglie e delle comunità rurali e se fosse garantito loro un pari accesso alle risorse naturali e alla proprietà della terra, esse potrebbero produrre
colture più resistenti, garantendo una maggiore
sicurezza alimentare e
un’economia in difesa dell’ambiente e del
territorio. Se le donne fossero viste come un
agente atto al cambiamento, si otterrebbero, nei Paesi in via di sviluppo, dinamiche di
adattamento ambientale e di
mitigazione degli effetti climatici. “Noi donne indigene, in quanto responsabili della cura e della tutela della famiglia, della trasmissione della nostra cultura e guardiane della Madre Terra, abbiamo la responsabilità morale e spirituale di assicurare la salute e il benessere della Madre Terra e di aiutarla a sanare le ferite che l’essere umano le sta causando, attraverso un uso responsabile dei suoi doni. Dobbiamo dedicare le nostre forze a rendere questo Mondo Migliore, non solamente per i nostri figli, ma per tutte le generazioni future. Noi donne sviluppiamo conoscenze specifiche sulla custodia della Madre Terra che devono essere riconosciute e rispettate, anche per affrontare i cambiamenti climatici, di cui siamo le prime vittime” (Dichiarazione della Conferenza mondiale delle donne indigene presso il Forum permanente sulle questioni indigene dell'Onu). Per una breve guida riguardo ai testi al femminile sui temi ambientali, da quello della salvaguardia del patrimonio agricolo, a quelli della lotta ai cambiamenti climatici, dei danni delle deforestazioni, all’uso indiscriminato dei pesticidi in agricoltura e delle mutazioni genetiche introdotte in forma massiccia nelle coltivazioni, cliccare
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