Valentina Ughetto‘Diplomazia europea e vaticana a confronto: cooperazione e sfide negli scenari di crisi internazionale’. E' questo il tema di un corso della Scuola di Alta Formazione – Unint, l’Università degli Studi internazionali di Roma. Il corso mira a formare una figura specializzata che, posta in un organico aziendale (giornalismo, apparati di informazione e sicurezza, diplomazia, Santa Sede e altri organismi su base religiosa, aziende strategiche e imprese, Ong e via dicendo), abbia le capacità di affrontare le sfide poste dalle relazioni con l’estero. Il corso è organizzato in collaborazione con l'associazione ‘Tota Pulchra’, presieduta da Monsignor Jean-Marie Gervais, membro del Capitolo vaticano, il quale da anni organizza iniziative culturali - mostre d'arte, concerti, spettacoli teatrali, convegni su temi di forte interesse civile e religioso - insieme a varie realtà della società civile. I principali soggetti di studio cui il corso fa riferimento sono 3: l’Unione europea, la Santa Sede e le Organizzazioni non governative private (Ong). ll ciclo di studi ha avuto inizio in questa prima settimana di maggio e terminerà nel mese di luglio 2021. All’insieme delle attività previste corrisponde un volume complessivo di lavoro di 200 ore on line con i seguenti crediti: pari a 8 Cfu (crediti formativi universitari; 1 Cfu ogni 25 ore di impegno comprensive del tempo dedicato allo studio individuale per l’intero corso, di cui all’art. 5 del D.M. 509/99 e del D.M. 270/2004. A dirigere il corso saranno i professori Ciro Sbailò, preside della facoltà di Scienze della politica e delle dinamiche psicosociali Unint e Matteo Luigi Napolitano, professore associato di Storia delle Relazioni internazionali dell’Università degli studi del Molise. Con quest'ultimo, abbiamo focalizzato la struttura e le finalità del corso stesso.

Professor Napolitano, questo corso organizzato in collaborazione con l'associazione ‘Tota Pulchra’ vuole illustrare il complesso gioco di relazioni tra essenziali attori della diplomazia mondiale, come le organizzazioni sovranazionali quali la Ue, quelle internazionali come l'Onu, la diplomazia del Vaticano e le Ong, organizzazioni non governative, senza ovviamente trascurare il ruolo dei governi nazionali: nella Storia mondiale del dopoguerra, in quali occasioni questo ‘gioco’ è stato determinante per preservare la pace mondiale, a parte il caso, ben noto, della crisi di Cuba dell'ottobre 1962?
“Quello che voi chiamate ‘gioco’ è essenzialmente il Dna delle relazioni internazionali. Scopo dei componenti della comunità internazionale dovrebbe esser sempre quello di mantenere la pace. Non possiamo illuderci con la speranza che, con ciò, ogni conflitto cessi. Ma la società internazionale ha ormai tutti gli strumenti - politici, culturali e perfino digitali - per riuscire a contenere questa fisiologica conflittualità nei giusti limiti del negoziato. E il negoziato è parte integrante della politica dell'incontro tra soggetti diversi e, spesso, con interessi contrastanti. Di conseguenza, la crisi di Cuba del 1962 non fu che un esempio di come le tensioni internazionali si possano e si debbano affrontare e risolvere con la politica dell'incontro”.

Il ruolo dei governi nazionali, oggi, sembra fortemente ridimensionato rispetto ai centri di potere non istituzionali, come le grandi multinazionali e le organizzazioni finanziarie: il corso si occupa anche di questo? E come si possono, invece, rafforzare i governi nazionali, senza ovviamente sminuire l'importanza dell'integrazione sovranazionale, anzitutto quella europea?
“Il corso si occupa di fatti, organizzazioni e soggetti che abbiamo sotto gli occhi: Stati, organizzazioni internazionali e non governative e altri soggetti internazionali. Spesso, si tende a sopravvalutare il ruolo di soggetti come le multinazionali o altri soggetti. Gli Stati e, più in generale, la comunità internazionale hanno tutti gli strumenti per fermare gli interessi particolari ove tali interessi non combacino con quello che io chiamo il ‘massimo comune denominatore’ degli interessi dei singoli soggetti internazionali. La recente linea della nuova amministrazione americana nei confronti dei brevetti sui vaccini e sulla ‘minimum global tax’ da imporre alle multinazionali ne è la prova”.

La Santa Sede è un attore essenziale della diplomazia sin dai tempi dell'Impero romano: il corso approfondisce anche gli intrecci tra azione diplomatica del Vaticano e degli altri attori internazionali, specie ai giorni nostri?
“Certamente. Perché anche la Santa Sede si muove in un contesto che, per alcuni aspetti, è condiviso con gli altri soggetti internazionali. Essa, pertanto, va studiata anche come fenomeno storico-politologico”.

Parliamo dell'Italia: guardando al possibile superamento della crisi mondiale legata al Covid 19, come può il nostro Paese tornare a svolgere un ruolo importante nella diplomazia in Europa e nel rapporto con Africa e Medio Oriente?
“Che l'Italia sia la prima fra le piccole-medie potenze o l'ultima delle grandi potenze, mi sembra un vecchio argomento, avulso da un contesto globale, in cui l'operatore delle relazioni internazionali deve saper gestire un mare magnum d'informazioni che, spesso, non si riesce a elaborare tempestivamente. Per questo motivo, il ruolo dell'Italia non può considerarsi avulso da quello dell'Unione europea nel suo insieme e, più in generale, dalla partecipazione e dal contributo attivo che l'Italia può dare all'interno del consorzio internazionale”.





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