Maria Elena GottarelliA distanza di un anno da ‘Resilienza 2020’, l'artista romano Marco Korben Del Bene torna con ‘Reverse’, il disco della colonna sonora dell’omonimo film. Una pellicola carica di tensione ed emotività, come traspare dalla colonna sonora firmata da Marco Del Bene e disponibile dal 13 aprile scorso su tutte le piattaforme musicali. Proprio di recente, lo abbiamo incontrato per farci raccontare le sue difficoltà nel realizzare l’album e parlarci della sua evoluzione personale e musicale durante questa durissima pandemia.

Marco Del Bene, da dove nasce la collaborazione per ‘Reverse’?
“Giuseppe Lepore, il produttore, mi ha parlato del film e del regista. Il progetto mi ha incuriosito e ho deciso di partecipare al ‘challenge’ per le musiche. La mia proposta è piaciuta al regista e da li è partito tutto. Un classico provino, ma alla fine è la cosa che preferisco, perché ti permette di essere libero di presentare la tua visione della storia”.

Quale delle tracce rappresenta maggiormente il tuo percorso artistico? Quale la più complessa da realizzare?
“L’album rappresenta il mio modo di intendere la musica elettronica, questo particolare ensamble musicale. Non ho potuto fare a meno di inserire incursioni sinfoniche e di chitarra elettrica, come nella miglior tradizione del thriller, ma credo sia un progetto organico, molto ancorato alle immagini del film. Inoltre, si tratta di una raccolta che mi rappresenta totalmente, per quello che sono oggi. La selezione che ho fatto con la mia etichetta per far uscire l’album è una bella ‘playlist’, significativa dell’intero lavoro, godibile anche in un ascolto quotidiano, stando ad alcuni dei commenti che mi sono arrivati”.

Le difficoltà della pandemia hanno inciso sulla realizzazione del disco? Si è trattato di un rallentamento o di un motivo per avere una marcia in più?
“Per una persona creativa, una pandemia è un momento di ‘raccolta’: viene meno la parte dell’esibizione, ma hai sicuramente più tempo per esplorare nuovi confini, al fine di arricchire il tuo linguaggio con lo studio o, più semplicemente, delle letture. L’isolamento ti lascia una traccia indelebile, che si trasforma in musica. Questa cosa ti salva e ti protegge perché è un modo di trasformare un’energia negativa in qualcosa di creativo. Per certi versi, è una marcia in più, anche se, ovviamente, ne farei tranquillamente a meno: nessuno vuole rimanere chiuso più di tanto fra quattro pareti”.

E’ passato un anno da ‘Resilienza 2020’: in cosa pensi di essere cambiato dal punto di vista musicale? E quanta ‘Resilienza’ c’è in ‘Reverse’?
“Di questo percorso elettronico, ‘Reverse’ è sicuramente ancora più estremo. Credo di aver esplorato questo universo e di essere arrivato a una certa maturità. Ho in cantiere altri progetti, basati su sonorità diverse. Tuttavia, ‘Reverse’ ha la stessa energia di ‘Resilienza 2020’: uno strato sottile e carmico che, spero, si percepisca dalle mie composizioni, a prescindere dal genere. Posso dire che è un percorso che mi ha portato molta fortuna, perché diversi creativi e registi mi hanno contattato incuriositi. E quello dello scambio è un processo fondamentale per l’evoluzione di un artista”.





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