In fondo, anche noi laici siamo una
setta. Una
setta di
antipatici, rissosi e
inviperiti ‘mangiapreti’. E da
setta quale siamo, noi ci poniamo il problema del rispetto e della difesa delle
minoranze. Perché le
minoranze, in
Italia -
Paese cattolicissimo - vivono da sempre
esperienze allucinanti. Per tradizione secolare, in questo Paese -
cattolico, ma intollerante - se sei un
disabile vieni definito
“handicappato”; se metti in piedi un’azienda che vuol vendere
‘canapa light’ in maniera sana e controllata sei
“uno spacciatore” o un
“drogato”; se sei un
‘diverso’ o semplicemente un
‘gay’, vieni appellato con l’affettuoso epiteto di
“frocio”. Quando si atterra nei nostri aeroporti non si trovano né
scivoli, né
telefoni, né
cessi. E il messaggio che ti arriva subito, immediato, non appena hai messo piede nella
città del Papa, è uno solo:
“Noi non ti vogliamo”. Per tutto questo, noi
laici siamo tornati a essere, in fondo, ciò che eravamo all'incirca duemila anni fa: una
setta di protocristiani, illuminata da uno
spirito che ormai da troppi anni, in
Italia, manca totalmente. Siamo noi, oggi, i
veri cristiani, perché non amiamo quel tipo di
elemosina che
umilia o
insulta, bensì cerchiamo di sostenere veramente le
minoranze. E per chi si ritrova in questo tipo di condizione, noi vogliamo essere un
aiuto, una
voce, una
speranza. Perché ogniqualvolta ci ritroviamo a sostenere una
battaglia di minoranza in un Paese come il nostro, alzando lo sguardo vediamo
interi eserciti schierati contro di noi con tutte le armi possibili e immaginabili a loro disposizione, mentre noi abbiamo tra le mani una semplice
cerbottana. E proprio in quel preciso momento, mi accorgo di essere
felice.