In questo periodo primaverile, visitare le
chiese ci permette, a volte, di scoprire leggende e capolavori che forse avevamo dimenticato, vuoi per la nostra sbadataggine, vuoi per lo stress quotidiano che non ci dà tregua, non permettendoci di apprezzare i tesori che lo
‘scrigno’ di
Roma cela gelosamente. Un tempo, infatti, la chiesa di
Santa Maria in Trastevere era conosciuta come
Santa Maria ‘in fons olei’. E della
‘Fons olei’ se ne trova testimonianza già negli
‘Annales Populi Romani’, quale
‘signo’ della nascita del figlio di Dio tra gli uomini di buona volontà. Nel
III secolo dopo Cristo, i primissimi fedeli
dell’Unto, ricordandosi del prodigio
dell’olio nero, cioè della fuoriuscita spontanea di
petrolio, chiesero all’imperatore
Alessandro Severo (208-235 d. C.) di rilevare l’antico
‘hospitium’, cioè la casa di riposo e foresteria per i
milites emeriti -
i soldati veterani in congedo - anche detta
‘Taberna Meritoria’, dove appunto avvenne lo sgorgare dell’olio nero. Secondo quanto tramandato da
Eusebio di Cesarea (275-339 d. C.), Dione Cassio (II-III secolo d. C.) e da
San Girolamo, dal pavimento della
‘taberna’ scaturì improvvisamente una sorgente di olio nero, ovvero
petrolio, che defluì per un giorno e una notte senza interruzione, arrivando fino al
Tevere. Il luogo esatto dove accadde questo prodigio fu chiamato
‘Fons olei’: la
sorgente dell’olio. E l’attuale chiesa di
Santa Maria venne titolata, all’inizio:
Santa Maria in Fons Olei. La chiesa è stata fondata da
Calisto I (217-222 d. C.) e definitivamente completata da
Giulio I (337-352; Lib. Pont. XXXVI, 2). In seguito, fu ricostruita dalle fondamenta da
Innocenzo II (1130-1143) con materiale in parte desunto dalle
Terme di Caracalla, secondo i rilevamenti archeologici di
Huelsen e
Jordan. La parrocchia risale al primo quarto del
secolo III, cioè alla fondazione del
‘Titulus Calisti’. Il
‘Liber pontificalis’ attribuisce a
San Calisto I (217-222 d. C.), già liberto trasteverino, la fondazione della basilica. E a
papa Giulio I (337-352 d. C.) il completamento anche dal punto di vista canonico, tanto che appare prima come
‘Titulus Juli’, come si desume dalle sottoscrizioni del sinodo romano del
499 d. C. e poi con quello di
‘Juli et Calisti’, in quelle del sinodo romano del
595 d. C. Successivamente, la
‘Taberna Meritoria’ fu trasformata in una piccola chiesa. E attualmente, il luogo del prodigio è sotto uno scalino nella parte destra di accesso al presbiterio, contraddistinto dall’iscrizione
‘Fons Olei’, ormai unica testimonianza visibile dell’accaduto, oltre al nome di una strada,
via Fonte d’Olio, a pochi passi da piazza
Santa Maria in Trastevere. La denominazione di
‘Santa Maria Transtiberim’ apparve solamente nel
587 d. C. in una pergamena pubblicata da
Gaetano Marini nella sua raccolta denominata:
‘I papiri diplomatici’. E si deve, probabilmente, a un sacello ivi esistente al di là del
Tevere dedicato alla Vergine.
Papa Gregorio IV (827-844 d. C.), per provvedere all’ufficiatura della basilica, vi fondò un monastero, lasciando la cura delle anime ai presbiteri. Infine, il trasteverino
papa Innocenzo II (1130-1143), della famiglia dei
Papareschi, ricostruì la basilica dalle fondamenta, utilizzando materiale estratto dalle
Terme Antoniniane. La chiesa venne in seguito ampliata e trasformata nell’attuale
Santa Maria in Trastevere, dove nel mosaico del
XIV secolo di
Pietro Cavallini si ammira, sotto la natività, il dettaglio della
‘Taberna Meritoria’ con i due fiumiciattoli di
acqua scura e
acqua chiara che scorrono entrambi verso il
Tevere, interpretati dal
‘vulgo’ come lo scorrere del male e del bene. In ebraico, oltre alla parola
'Cristo', anche
Messiah significa:
“Unto del Signore”. Da lì, il valore simbolico
dell’olio. La
comunità cristiana di
Roma, nata in parte nel seno di quella
ebraica, fece sua quest’interpretazione. E il Messia dei cristiani divenne ‘il Cristo’, che anche in greco antico significa: “Unto”. Il prodigio venne ritenuto un annuncio della venuta di Cristo. E i cristiani presero la taberna in affitto, per usarla come oratorio. Nel
707 dopo Cristo, papa
Johannes VII, 86esimo pontefice della
Chiesa cattolica, la ornò di pitture e affreschi;
Gregorio II e
Gregorio III, a loro volta, la rinnovarono ulteriormente;
Adriano I la ingrandì con due navate;
Leone III l’arricchì;
Gregorio IV fece costruire la cappella del presepe;
Benedetto III restaurò la tribuna e, finalmente,
Innocenzo II, nel
1139, rese la chiesa nell’attuale stato. Infine,
san Pio V dichiarò la chiesa:
“Parrocchiale e basilica insigne”.