Ennio TrinelliVedete, signore e signori del governo, noi siamo davvero felici che dal 26 aprile si possa tornare alla normalità e alle ‘aperture’ graduali. Siamo così contenti che fingeremo anche di capire e accettare misure ridicole come alcune di quelle annunciate: 7 metri d’acqua per ogni nuotatore in piscina; due metri a teatro tra uno spettatore e l’altro; un metro se con mascherina e uno sull’altro se conviventi – non sappiamo se ciò valga anche per i ‘more uxorio’ e per le coppie dello stesso sesso in unione civile, essendo queste ultime, per volere del buon Alfano, esentate dall’obbligo [sic] della fedeltà; un ulteriore metro di distanza nelle docce delle palestre, con grande dispiacere dei professionisti con moglie e prole, che non sapranno più dove mettere le mani (e nel frattempo: morte ai gay!). E via con regolamenti dei quali ne abbiamo ‘fin qui’, signore e signori del governo. Siam contenti che ‘riapriate’, perché, gradualmente, cioè fino al prossimo ‘lockdown’, potremo ricominciare a camminare, con mascherina o senza ce lo direte voi, nei parchi pubblici, lungo i fiumi, persino nei centri storici delle città. E potremo fors’anche di nuovo abbracciarci, fingendo di essere felici di incontrarci, falsi esattamente come prima, per poi maledirci nell’immediato ‘post abbraccio’. E comunque vada, rispetto alle aperture il problema è uno solo, ma nessuno ha il coraggio di dirvelo: noi s’ha bisogno d’uscire perché ci vogliamo ‘ingroppare’, signore e signori del governo, in ogni pertugio disponibile, all’uopo con chi ci sembri più adatto al bisogno. Delle vostre misure ce ne freghiamo pur rispettandole, perché sembrano esser fatte più per confondere che per prevenire. Così, nel dubbio, uno preferisce costringersi a rispettarle.


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