Sono passati
60 anni dalla storica impresa di
Yuri Gagarin (primo uomo nello spazio) e poco più di
50 anni da quando la
missione Apollo 11 consentì a due astronauti americani,
Neil Armstrong e
Buzz Aldrin, di lasciare la propria impronta sulla
Luna. Dai giorni
dell’Apollo 11 non si è mai spento il desiderio di valicare nuovamente i confini del nostro pianeta per tornare sulla
Luna ancora una volta, dopo l’ultima missione, la
17, del
dicembre 1972. Desiderio che è divenuto l’ambizione di molti non solo all’interno della
Nasa e che potrebbe diventare realtà entro pochi anni.
Jim Bridenstine, scelto nel
2017 da
Donald Trump per guidare l’ente spaziale americano e che ha lasciato l’incarico a gennaio scorso, di pari passo con la tumultuosa uscita del
‘tycoon’ dalla
Casa Bianca, in un
‘tweet’ aveva svelato la composizione del
team di astronauti che, a oltre mezzo secolo dopo le imprese delle astronavi
Apollo, dovranno portare sulla
Luna il programma di volo spaziale
‘Artemis’: la missione destinata ad aprire
“una nuova era per l’esplorazione lunare, che non si fermerà alla luna ma che piuttosto preparerà l’umanità per il nostro prossimo salto gigante: Marte”. Joseph Acaba, Kayla Barron, Raja Chari, Matthew Dominick, Victor Glower, Warren Hoburg, Jonny Kim, Christina Koch, Jessica Meir, Kjell Lindgren, Nicole Mann, Anne Mc Clain, Jessica Watkins, Jasmin Moghbeli, Kate Rubins, Frank Rubio, Scott Tingle e
Stephanie Wilson: sono questi i nomi della selezionata
'rosa' di
diciotto astronauti, nove donne e
nove uomini, a cui è stato affidato l’ambizioso compito di riportare l’uomo (e la donna) sul nostro satellite. Il gruppo sarà probabilmente arricchito da altri componenti, che verranno proposti dai
partner commerciali e
internazionali e che ricopriranno una parte significativa nel progetto, mutando profondamente lo stesso ruolo della
Nasa nell’ambito dei programmi spaziali. Infatti, se i
‘voli Apollo’ hanno visto come protagonista assoluto l’ente spaziale statunitense, per
Artemis la prospettiva è radicalmente diversa: l’agenzia si cimenterà nell’impresa in
partnership con altri Paesi e con facoltosi privati con il
‘pallino’ dello lo spazio. In effetti, ad aggiudicarsi la progettazione di un
‘lander’ (ovvero un veicolo per l’allunaggio e la sosta sulla superficie lunare), che possa raccogliere il testimone lasciato dal
Lem (Lunar Excursion Module,
ndr) delle
missioni Apollo, vi sono la
‘Blue Origin’ di
Jeff Bezoz, la
‘Space X’ di
Elon Musk e la società di tecnologia
‘Dynetics’. Intorno a questi progetti concorrenti gravita, inoltre, un microcosmo di subcontractor, fra i quali la
‘Thales Alenia Space’ (partecipata dall’italiana
Leonardo, ndr), che per la
‘Dynetics’ si occuperà di collaborare alla progettazione della cabina pressurizzata dello
‘Human Landing System’ (sistema di atterraggio umano,
ndr). Quali saranno le tecnologie, le soluzioni e le azioni che la
Nasa e i suoi partner, tanto internazionali quanto commerciali, implementeranno per il ritorno sulla
Luna, lo sapremo nei prossimi anni. Sempre che la ottimistica
‘deadline’ originaria del
2024 venga rispettata, vista la
‘cautela’ del
Congresso americano e l’incertezza legata al cambio di amministrazione alla
Casa Bianca, che sarà impegnata sulla
‘linea del fronte’ della
ripresa economica. Una prima rassicurazione è arrivata da
Jean Psaki, portavoce della nuova
amministrazione Biden, che a inizio febbraio ha voluto rimarcare il
sostegno bipartisan del
Congresso all’esplorazione lunare, ritenuta un passaggio obbligato verso la via per andare su
Marte. Un ulteriore segnale di continuità si è avuto con la
nomina ‘ad interim’ di
Steve Zurczyk (già amministratore associato della
Nasa, in quanto
‘vice’ di
Bridenstine) alla guida dell’agenzia, dove in ogni caso l’entusiasmo continua ad essere
‘alle stelle’. Del resto, per la
Nasa il
programma Artemis costituisce un’occasione unica per tornare al centro del dibattito politico e mediatico. L’ambizione è, infatti, quella di creare le condizioni per una permanenza umana sulla
Luna, a sua volta considerata vero e proprio trampolino di lancio per portare l’uomo su
Marte: sogno
‘proibito’ tanto dei privati che, come
Elon Musk, gravitano attorno ai progetti spaziali, quanto della
Nasa stessa, attualmente impegnata sul
'pianeta rosso' con la missione senza equipaggio
‘Mars 2020’, che ci sta regalando immagini spettacolari riprese dal rover
‘Perseverance’. Le prime rassicurazioni di
Jen Psaki non hanno, tuttavia, lasciato trapelare alcuna certezza sulla scadenza del
2024 per un prossimo
‘allunaggio’, che potrebbe verosimilmente subire uno slittamento di qualche anno; pesano quelli che sono stati i pilastri della campagna elettorale del nuovo presidente
Joe Biden. Ovvero: il rilancio dell’economia americana; la lotta alle diseguaglianze sociali ed etniche; la lotta ai cambiamenti climatici, a cui potrebbero essere destinate risorse a svantaggio delle missioni spaziali. D’altro canto, il crescente interesse cinese verso il nostro satellite, destinatario dal
2013 di diverse missioni senza equipaggio volute dalla
Cina, potrebbe a sua volta rappresentare un ulteriore elemento propulsivo verso una nuova era di competizioni spaziali. Come già accaduto dopo il secondo conflitto mondiale, quando
Stati Uniti e
Unione Sovietica si sono contesi sul
‘filo di lana’ ogni genere di primato (dal primo
volo extraterrestre, al
primo uomo in orbita, al
primo ‘piede’ sulla Luna, ndr). Per il momento, tra i membri del team
Artemis continua a riecheggiare il motto:
“Sulla Luna per restare”. Possiamo solo auspicare che tale obiettivo non diventi un’ambizione comune e diffusa per chi teme che dovrà, un giorno, abbandonare il nostro
'pianeta azzurro', afflitto da
mutamenti climatici tali da mettere a rischio la
sopravvivenza della
vita terrestre.