Gli insulti del docente di Storia contemporanea nei confronti di
Giorgia Meloni hanno dimostrato, ancora una volta, alcuni limiti di una certa
‘intellighentia’ di sinistra. Innanzitutto, quello di intrattenere con la realtà italiana un rapporto sovrastato dalle bronzee leggi degli
schematismi ideologici: da una parte, si tende a riprodurre
un’Italia arcaica
(la “pesciaiola”, “l’ortolana”…) pervasa da forme di
classismo che il nostro sviluppo economico non è mai stato in grado di
‘intaccare’ o, quanto meno, di
correggere; dall’altra, si richiama una
destra concepita nel più idealtipico dei modi
(il “nazionalismo retorico…”), come banale
epifenomeno la cui
‘coscienza storica’ rappresenterebbe solamente un mero
‘rivolo di spurgo’. Sono sostanzialmente questi i giudizi espressi dal lungo
predominio comunista sulla nostra
cultura. Ed è quindi giunto il momento di affermare, a chiare note, che
l’italo-marxismo è sempre stato trattenuto da un
perdurante pregiudizio ideologico, incapace di aprirsi a una critica
‘superatrice’ del dualismo
‘amico/nemico’. Ciò avviene, in realtà, proprio a causa della tanto
‘richiamata’ politica culturale del
Pci: un Partito che ha sempre coltivato quel
‘doppio binario’ di cui troviamo traccia, ancora oggi, nei tatticismi di
Matteo Salvini, tanto per fare un esempio
(la cosiddetta “Lega di lotta e di governo”, ndr). Si tratta di una
‘doppiezza’ che ha sempre giudicato il
‘congelamento dei dualismi’ come il viatico migliore verso una transizione democratica al socialismo. Ma un disprezzo di tal genere nei confronti di interlocutori e avversari politici deriva da una
classe intellettuale che ha sempre voluto gettarsi
‘a capofitto’ nell’applicazione della teoria del
materialismo storico alle arti e alle scienze, al fine di rompere il proprio
‘accerchiamento’ e avvinghiare se stessa a una snobistica immagine di
‘intellettualità’ totalmente autoreferenziale, finalizzata a rappresentare se stessa come
un’umanità rigenerata, a vario titolo. Una forma di
‘classismo rovesciato’ che, dopo il
1989 e la caduta del
Muro di Berlino, si è ritrovato in un territorio
liberaldemocratico senza alcuna
bussola di orientamento, totalmente
privo di mappe. L’unica vera
attenuante, generica ovviamente, sono i lunghi decenni di
‘conventio ad excludendum’ operata dalle
aristocrazie cattolico-borghesi nei confronti del
Pci. Un’attenuante che, tuttavia, non giustifica la stigmatizzazione degli avversari in quanto
‘nemici di classe’. E che finisce col replicare quello stesso
odio ideologico che si è a lungo dichiarato di voler
espellere. Dalla società italiana e dall’interno di se stessi.