In questo lungo periodo di pandemia globale,
l’Europa e il
mondo intero stanno attraversando una di quelle
‘tempeste’ che si credeva non tornassero più. Tuttavia, proprio questa fase storica carica di difficoltà sta evidenziando i veri problemi della nostra epoca: un
vuoto culturale profondissimo;
l’utilità esaltata come
valore assoluto; una
razionalità ridotta a mera
convenienza strumentale. Si tratta di forme di autoannientamento indotte da alcune
‘male erbe’ della società attuale: il
funzionalismo e il
nichilismo narcisista. Due
degenerazioni subculturali che producono conseguenze nefaste per la cultura illuminista europea.
L’egocentrismo, la
sete di potere e il
fanatismo demagogico possono essere dissimulati dietro parole altisonanti, che richiamano la
libertà e il ritorno alle nostre più autentiche
radici cristiane. Ma si tratta di un fenomeno puramente
‘mimetico’, tendente a generare molte copie dei princìpi originali declamati a viva voce, incapaci di destare una
comprensione effettiva della realtà che ci circonda. Ciò accade perché
l’Unione europea, ancora oggi, non possiede
un’identità culturale e
politica omogenea, bensì rappresenta una sorta di
entità ‘spirituale’, non riconducibile ad alcuna realtà geopolitica.
L’Unione europea è ancora una
nozione variabile, dotata di un’identità strutturalmente
‘eccentrica’: l’esatto contrario di ogni
conformità ‘fissata’ una volta per tutte. Nella
cultura europea, identità e
libertà sono un tutt’uno in virtù della
trascendenza dell’Io, non per la consapevolezza di un legame identitario qualsiasi. Insomma, la cultura europea non è
‘cumulativa’, come le religioni o le filosofie morali, bensì
‘rivoluzionaria’. Ed è proprio questo aspetto di
‘trascendenza rivoluzionaria’ a risultare misterioso e preoccupante, poiché potenzialmente in grado di mettere in discussione le nostre
libertà individuali. Storicamente, la
libertà è sempre stata difficile da difendere. Risulta quindi paradossale che, dopo le
‘ubriacature’ ideologiche del secolo scorso, oggi si cerchi riparo nel
crepuscolo dei
nazionalismi o dei
tradizionalismi più atavici. Eppure, basterebbe assumere, come dato di principio, che
dietro a ogni crisi si nasconde sempre
un’opportunità. E che, proprio nel campo delle
libertà individuali si stia manifestando, con sempre maggior evidenza, una
diversa accezione della
libertà medesima. Dovrebbe trattarsi di una diagnosi persino evidente: per una sorta di
strana ‘eterogenesi dei fini’, l’enorme estensione delle nostre
libertà individuali, anche in ambiti a lungo ritenuti indisponibili - si pensi alle nuove tecnologie, allo sviluppo dell’intelligenza artificiale e alla stessa rete internet – viene contrapposta a
concezioni ‘tradizionaliste’ della
libertà. Ma ciò deriva dalla malsana abitudine a interpretarla come possibilità di
fare ciò che ci pare e piace e non quel che
dovremmo realizzare. Di conseguenza, quando ci troviamo innanzi a
sfide molto difficili, come per esempio una
pandemia planetaria, non sappiamo come
districarci. E ci si aggrappa alle
ipotesi più ‘strampalate’. Noi ribadiamo la necessità di una
catarsi etica, culturale e
intellettuale dell’Unione europea, attraverso un investimento straordinario, da realizzare soprattutto nel
campo educativo e
scolastico: una questione intorno alla quale non sembra esserci, al momento, molta
consapevolezza. Sono ormai decenni che i nostri sistemi educativi
‘navigano a vista’, senza punti di riferimento precisi: venuta meno una certa idea del
singolo individuo, a partire dalla quale
l’educazione comprendeva se stessa traendo
misura di sé, anche in
campo pedagogico ci si limita a prendere atto di un
soggetto individuale che non intende conoscere
limiti. Di qui, le continue sperimentazioni ora verso lo
spontaneismo, ora verso il più rigido
dirigismo aziendalista. Ma un
‘brodo’ subculturale di questo tipo può esprimere solamente un pericoloso
‘spaesamento antropologico’, destinato a indebolire il senso della realtà e a promuovere, anziché la
libertà, una propensione
all’astrazione e
all’allucinazione. Purtroppo, abbiamo trasformato
l’educazione scolastica in una
pratica ideologica, come se essa dovesse formare soprattutto
‘buoni cittadini’. Invece,
l’educazione deve fornire alle generazioni più giovani gli strumenti per
aprirsi una strada nella vita; per
sentirsi sempre a casa nel mondo in cui vivranno; per riuscire a diventare la
persona e il
professionista che vorranno essere. Reclamando, in tutto questo, anche i loro
doveri e la propria
responsabilità. Cultura e libertà sono divenuti due
amanti che, da lungo tempo, vivono un
amore insospettabile e
nascosto, sorprendendo e scandalizzando ogni
morale precostituita. Ma ciò accade a causa di un
‘vuoto’, culturale e politico, che si è preoccupato assai poco sia della
prima, sia della
seconda. Tutti noi amiamo reclamare la nostra
libertà, specialmente quella più
materialista ed
edonista. Al contrario, il tema della
responsabilità individuale e della fatica che essa comporta, proprio non incontra alcun entusiasmo. Ma la
verità storica ci sta dettando esattamente questo: la
società odierna è divenuta
odiosa proprio perché un sempre maggior numero di eventi dipende dalle nostre
scelte individuali, dalla nostra
libertà. Ma c’è
un’enorme differenza tra chi, nei mesi scorsi, è
deceduto per Covid perché non esisteva
alcun rimedio rispetto a chi, oggi, decide di
non farsi vaccinare: nel primo caso, si può imprecare contro
Dio o contro il
fato avverso; nel secondo, possiamo solamente
imputarlo a noi stessi. Alla nostra
stoltezza e alla nostra
viltà.
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(editoriale tratto dal n. 60 della rivista 'Periodico italiano magazine', gennaio/febbraio 2021)