Vittorio LussanaIn questo lungo periodo di pandemia globale, l’Europa e il mondo intero stanno attraversando una di quelle ‘tempeste’ che si credeva non tornassero più. Tuttavia, proprio questa fase storica carica di difficoltà sta evidenziando i veri problemi della nostra epoca: un vuoto culturale profondissimo; l’utilità esaltata come valore assoluto; una razionalità ridotta a mera convenienza strumentale. Si tratta di forme di autoannientamento indotte da alcune ‘male erbe’ della società attuale: il funzionalismo e il nichilismo narcisista. Due degenerazioni subculturali che producono conseguenze nefaste per la cultura illuminista europea. L’egocentrismo, la sete di potere e il fanatismo demagogico possono essere dissimulati dietro parole altisonanti, che richiamano la libertà e il ritorno alle nostre più autentiche radici cristiane. Ma si tratta di un fenomeno puramente ‘mimetico’, tendente a generare molte copie dei princìpi originali declamati a viva voce, incapaci di destare una comprensione effettiva della realtà che ci circonda. Ciò accade perché l’Unione europea, ancora oggi, non possiede un’identità culturale e politica omogenea, bensì rappresenta una sorta di entità ‘spirituale’, non riconducibile ad alcuna realtà geopolitica. L’Unione europea è ancora una nozione variabile, dotata di un’identità strutturalmente ‘eccentrica’: l’esatto contrario di ogni conformità ‘fissata’ una volta per tutte. Nella cultura europea, identità e libertà sono un tutt’uno in virtù della trascendenza dell’Io, non per la consapevolezza di un legame identitario qualsiasi. Insomma, la cultura europea non è ‘cumulativa’, come le religioni o le filosofie morali, bensì ‘rivoluzionaria’. Ed è proprio questo aspetto di ‘trascendenza rivoluzionaria’ a risultare misterioso e preoccupante, poiché potenzialmente in grado di mettere in discussione le nostre libertà individuali. Storicamente, la libertà è sempre stata difficile da difendere. Risulta quindi paradossale che, dopo le ‘ubriacature’ ideologiche del secolo scorso, oggi si cerchi riparo nel crepuscolo dei nazionalismi o dei tradizionalismi più atavici. Eppure, basterebbe assumere, come dato di principio, che dietro a ogni crisi si nasconde sempre un’opportunità. E che, proprio nel campo delle libertà individuali si stia manifestando, con sempre maggior evidenza, una diversa accezione della libertà medesima. Dovrebbe trattarsi di una diagnosi persino evidente: per una sorta di strana ‘eterogenesi dei fini’, l’enorme estensione delle nostre libertà individuali, anche in ambiti a lungo ritenuti indisponibili - si pensi alle nuove tecnologie, allo sviluppo dell’intelligenza artificiale e alla stessa rete internet – viene contrapposta a concezioni ‘tradizionaliste’ della libertà. Ma ciò deriva dalla malsana abitudine a interpretarla come possibilità di fare ciò che ci pare e piace e non quel che dovremmo realizzare. Di conseguenza, quando ci troviamo innanzi a sfide molto difficili, come per esempio una pandemia planetaria, non sappiamo come districarci. E ci si aggrappa alle ipotesi più ‘strampalate’. Noi ribadiamo la necessità di una catarsi etica, culturale e intellettuale dell’Unione europea, attraverso un investimento straordinario, da realizzare soprattutto nel campo educativo e scolastico: una questione intorno alla quale non sembra esserci, al momento, molta consapevolezza. Sono ormai decenni che i nostri sistemi educativi ‘navigano a vista’, senza punti di riferimento precisi: venuta meno una certa idea del singolo individuo, a partire dalla quale l’educazione comprendeva se stessa traendo misura di sé, anche in campo pedagogico ci si limita a prendere atto di un soggetto individuale che non intende conoscere limiti. Di qui, le continue sperimentazioni ora verso lo spontaneismo, ora verso il più rigido dirigismo aziendalista. Ma un ‘brodo’ subculturale di questo tipo può esprimere solamente un pericoloso ‘spaesamento antropologico’, destinato a indebolire il senso della realtà e a promuovere, anziché la libertà, una propensione all’astrazione e all’allucinazione. Purtroppo, abbiamo trasformato l’educazione scolastica in una pratica ideologica, come se essa dovesse formare soprattutto ‘buoni cittadini’. Invece, l’educazione deve fornire alle generazioni più giovani gli strumenti per aprirsi una strada nella vita; per sentirsi sempre a casa nel mondo in cui vivranno; per riuscire a diventare la persona e il professionista che vorranno essere. Reclamando, in tutto questo, anche i loro doveri e la propria responsabilità. Cultura e libertà sono divenuti due amanti che, da lungo tempo, vivono un amore insospettabile e nascosto, sorprendendo e scandalizzando ogni morale precostituita. Ma ciò accade a causa di un ‘vuoto’, culturale e politico, che si è preoccupato assai poco sia della prima, sia della seconda. Tutti noi amiamo reclamare la nostra libertà, specialmente quella più materialista ed edonista. Al contrario, il tema della responsabilità individuale e della fatica che essa comporta, proprio non incontra alcun entusiasmo. Ma la verità storica ci sta dettando esattamente questo: la società odierna è divenuta odiosa proprio perché un sempre maggior numero di eventi dipende dalle nostre scelte individuali, dalla nostra libertà. Ma c’è un’enorme differenza tra chi, nei mesi scorsi, è deceduto per Covid perché non esisteva alcun rimedio rispetto a chi, oggi, decide di non farsi vaccinare: nel primo caso, si può imprecare contro Dio o contro il fato avverso; nel secondo, possiamo solamente imputarlo a noi stessi. Alla nostra stoltezza e alla nostra viltà.

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(editoriale tratto dal n. 60 della rivista 'Periodico italiano magazine', gennaio/febbraio 2021)

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