Il
Governo Draghi nascerà. E si spera nasca con un obiettivo chiaro, sin dall’inizio: abbassare di molto il
tasso di litigiosità della nostra classe politica, dei Partiti e dei loro militanti. Non si può andare avanti con un livello di
tensione sempre così elevato. L’impressione antropologica, in certe fasi, è quella del trasferimento dello
stadio calcistico in
parlamento. La nostra generazione è cresciuta convivendo con la piaga della
violenza negli stadi. Sono arrivati i
social e quella violenza, quell’aggressività ignorante, si è diffusa presto anche lì. Infine, ce la siamo ritrovata in
televisione e nei
'talk'. Sarebbe ora di finirla: si faccia questo
esecutivo di unità nazionale e ci si avvii verso quel
piano di vaccinazioni che attende di essere completato con celerità. Superata la fase di
emergenza sanitaria, si vedrà il da farsi e con quali tempi.
“Non siamo noi a esser scesi all’inferno: è l’inferno che sta cercando di salire verso di noi”, dichiarò una volta
Pier Paolo Pasolini in un’intervista a
Furio Colombo. Diagnosticando perfettamente un Paese incapace di affrontare una
discussione normale, allergico alla
verità e alle
critiche. Proprio quest’incapacità di
ascoltarsi tra
persone civili ha generato una situazione
socialmente invivibile, persino in ambienti che dovrebbero essere considerati di
alta cultura. Perché tale forma di
‘autismo sociale’ non può essere accollata unicamente ai
‘buzzurri’ che bivaccano nei nostri
stadi, bensì si è diffusa – lo ribadiamo – anche in altre realtà. Come quella del
teatro, per esempio, in cui molti
attori emergenti non vogliono indicazioni e respingono le
critiche. Non le vogliono. Desiderano essere intervistati per il loro lavoro, ma concepiscono l’intervista come una
‘vetrina’ e non come un’esposizione di contenuti in favore dei lettori. Noi non siamo dei
moralisti ‘bacchettoni’ e cerchiamo delle
sintesi di
compromesso. Eppure, anche essere aperti a un’informazione più
‘glamour’, per evitare di appiattirsi nelle
cervellotiche contorsioni dei nostri
politici, non va bene. Stando così le cose, è chiaro che la critica, quella
‘vera’ e non certo quella rappresentata da
attori che parlano di
altri attori, a
teatro non si reca più. Anche in un ambiente di
alta, spesso
altissima cultura, si è creato uno
‘scollamento’, una
divaricazione, una
divisione. Noi non possiamo, per ovvii
motivi deontologici, scrivere sempre
bene di tutti. Ma se proviamo a esprimere una
mezza riga di critica, veniamo investiti dalle
polemiche. E’ capitato, nella nostra redazione. E veniamo a testimoniarlo con una certa
franchezza: volete un motivo che certifichi i vostri
'forni', o lo
‘svuotamento’ dei teatri in generale? Volete sapere perché sempre più raramente facciamo partire un
‘passaparola’ su
un’opera degna di nota? Eccolo servito, signori cari. A
teatro, molti colleghi non ci vengono più, perché troppo spesso si pretende quell’applauso che si rivolge alla
nipotina che recita una poesia,
‘imbeccata’ dalla madre, durante il
pranzo di Natale. Ed ecco un chiaro esempio del vostro
‘infantilismo’ sociale. Questo Paese deve comprendere se vuole tornare a
crescere. Ma tale concetto non può essere inteso solamente in termini
‘quantitativi’, puramente
macroeconomici. La nostra crescita dev’essere anche
qualitativa, di
maturazione sociale e
democratica. Vogliamo il ritorno di
forze politiche mature, anche se non più
‘agganciate’ alle
antiche culture o a
‘sacri testi’. E’ vero: la
nostalgia è un
errore. E allora rinnoviamoci e rielaboriamole, queste
antiche dottrine. Ma facciamolo nel
modo giusto, cari politici italiani,
“nelle forme e nei limiti della Costituzione”, come chiosa
l’articolo 1 della nostra
Carta costituzionale nel suo
comma conclusivo. Non ci vogliono anni di
litigi televisivi per capire che una norma dev’essere letta e interpretata
interamente, senza fermarsi a ciò che più ci
piace o ci
torna comodo. Basta confusione e discussioni da
‘squilibrati’. Per un anno almeno, cari politici,
consideratevi ‘in castigo’. Chi vorrà sostenere un provvedimento in aula,
lo voterà; e chi sarà contrario,
si asterrà. Almeno, fino alla
sconfitta del Covid. Quando sarà il momento della
propaganda e delle
elezioni, allora potremo tornare a
divertirci. Senza
‘sguaiatezze’, però,
aprendosi alle critiche degli altri. Perché non si tratta di una questione esclusivamente di
forma, di
buona educazione e di comportamenti
“politicamente corretti”. Ci sono anche dei contenuti di
democrazia sostanziale, che debbono essere salvaguardati e rispettati. E il genere
‘western’, a parte alcune eccezioni,
non ci piace affatto. E ciò vale anche per lei, caro senatore
Matteo Renzi. Stop ai
duelli da saloon, per cortesia. Anche se lei è il
più bravo di tutti, nel praticare questo
'sport'.