Michela DiamantiIl Governo Draghi nascerà. E si spera nasca con un obiettivo chiaro, sin dall’inizio: abbassare di molto il tasso di litigiosità della nostra classe politica, dei Partiti e dei loro militanti. Non si può andare avanti con un livello di tensione sempre così elevato. L’impressione antropologica, in certe fasi, è quella del trasferimento dello stadio calcistico in parlamento. La nostra generazione è cresciuta convivendo con la piaga della violenza negli stadi. Sono arrivati i social e quella violenza, quell’aggressività ignorante, si è diffusa presto anche lì. Infine, ce la siamo ritrovata in televisione e nei 'talk'. Sarebbe ora di finirla: si faccia questo esecutivo di unità nazionale e ci si avvii verso quel piano di vaccinazioni che attende di essere completato con celerità. Superata la fase di emergenza sanitaria, si vedrà il da farsi e con quali tempi. “Non siamo noi a esser scesi all’inferno: è l’inferno che sta cercando di salire verso di noi”, dichiarò una volta Pier Paolo Pasolini in un’intervista a Furio Colombo. Diagnosticando perfettamente un Paese incapace di affrontare una discussione normale, allergico alla verità e alle critiche. Proprio quest’incapacità di ascoltarsi tra persone civili ha generato una situazione socialmente invivibile, persino in ambienti che dovrebbero essere considerati di alta cultura. Perché tale forma di ‘autismo sociale’ non può essere accollata unicamente ai ‘buzzurri’ che bivaccano nei nostri stadi, bensì si è diffusa – lo ribadiamo – anche in altre realtà. Come quella del teatro, per esempio, in cui molti attori emergenti non vogliono indicazioni e respingono le critiche. Non le vogliono. Desiderano essere intervistati per il loro lavoro, ma concepiscono l’intervista come una ‘vetrina’ e non come un’esposizione di contenuti in favore dei lettori. Noi non siamo dei moralisti ‘bacchettoni’ e cerchiamo delle sintesi di compromesso. Eppure, anche essere aperti a un’informazione più ‘glamour’, per evitare di appiattirsi nelle cervellotiche contorsioni dei nostri politici, non va bene. Stando così le cose, è chiaro che la critica, quella ‘vera’ e non certo quella rappresentata da attori che parlano di altri attori, a teatro non si reca più. Anche in un ambiente di alta, spesso altissima cultura, si è creato uno ‘scollamento’, una divaricazione, una divisione. Noi non possiamo, per ovvii motivi deontologici, scrivere sempre bene di tutti. Ma se proviamo a esprimere una mezza riga di critica, veniamo investiti dalle polemiche. E’ capitato, nella nostra redazione. E veniamo a testimoniarlo con una certa franchezza: volete un motivo che certifichi i vostri 'forni', o lo ‘svuotamento’ dei teatri in generale? Volete sapere perché sempre più raramente facciamo partire un ‘passaparola’ su un’opera degna di nota? Eccolo servito, signori cari. A teatro, molti colleghi non ci vengono più, perché troppo spesso si pretende quell’applauso che si rivolge alla nipotina che recita una poesia, ‘imbeccata’ dalla madre, durante il pranzo di Natale. Ed ecco un chiaro esempio del vostro ‘infantilismo’ sociale. Questo Paese deve comprendere se vuole tornare a crescere. Ma tale concetto non può essere inteso solamente in termini ‘quantitativi’, puramente macroeconomici. La nostra crescita dev’essere anche qualitativa, di maturazione sociale e democratica. Vogliamo il ritorno di forze politiche mature, anche se non più ‘agganciate’ alle antiche culture o a ‘sacri testi’. E’ vero: la nostalgia è un errore. E allora rinnoviamoci e rielaboriamole, queste antiche dottrine. Ma facciamolo nel modo giusto, cari politici italiani, “nelle forme e nei limiti della Costituzione”, come chiosa l’articolo 1 della nostra Carta costituzionale nel suo comma conclusivo. Non ci vogliono anni di litigi televisivi per capire che una norma dev’essere letta e interpretata interamente, senza fermarsi a ciò che più ci piace o ci torna comodo. Basta confusione e discussioni da ‘squilibrati’. Per un anno almeno, cari politici, consideratevi ‘in castigo’. Chi vorrà sostenere un provvedimento in aula, lo voterà; e chi sarà contrario, si asterrà. Almeno, fino alla sconfitta del Covid. Quando sarà il momento della propaganda e delle elezioni, allora potremo tornare a divertirci. Senza ‘sguaiatezze’, però, aprendosi alle critiche degli altri. Perché non si tratta di una questione esclusivamente di forma, di buona educazione e di comportamenti “politicamente corretti”. Ci sono anche dei contenuti di democrazia sostanziale, che debbono essere salvaguardati e rispettati. E il genere ‘western’, a parte alcune eccezioni, non ci piace affatto. E ciò vale anche per lei, caro senatore Matteo Renzi. Stop ai duelli da saloon, per cortesia. Anche se lei è il più bravo di tutti, nel praticare questo 'sport'.





Lascia il tuo commento

Nessun commento presente in archivio